
Il fiore estinto: Vincenzo Bellini e La Sonnambula4 minuti di lettura
Il Duomo di Sant’Agata, a Catania, custodisce la tomba di uno dei più grandi Maestri del belcanto italiano, Vincenzo Bellini. Avvicinandosi ad essa si può notare la particolare incisione che omaggia il monumento: un estratto da La Sonnambula che recita “Ah, non credea mirarti sì presto estinto, o fiore”.

La scelta di questa citazione non è assolutamente casuale: quest’opera viene nominata infatti tra le più celebri delle sue composizioni, nonché probabilmente la prima di così grande successo. Inoltre l’operista catanese morì giovanissimo, a nemmeno 34 anni, per cui la sua vita risulta, per la storia della musica, un fiore estinto troppo presto.
Genesi dell’opera La Sonnambula
La Sonnambula rappresenta, insieme a Norma e I puritani, i più alti slanci compositivi di Bellini. Scritta in soli due mesi, l’opera semiseria in due atti consolida lo stile delle melodie lunghe abbellite da colorature drammatiche, fatte da vocalizzi e virtuosismi vocali.
Il compositore si trovava sul lago di Como durante la stesura – dove per altro una targa a Moltrasio ne ricorda il passaggio – e non ebbe poche difficoltà o pressioni. Il progetto del nuovo lavoro, pensato per andare in scena a Milano nel marzo del 1831, si basava inizialmente sull’opera teatrale Hernani di Victor Hugo. La tragedia ambientata in Spagna, di spiccata vena romantica, non si confaceva però alle limitazioni poste dalla censura austriaca; Bellini fu costretto a cercare un soggetto meno compromettente, di carattere pastorale.

Rappresentazione dell’opera a Bergamo sotto la regia di R. Vazquez e direzione di L. Sini
In poche settimane il librettista Romani adattò La Somnambule del romanziere Scribe, il quale ne aveva già prodotto sia un balletto che una commedia teatrale, per cui richiedeva pochi adattamenti. Bellini da parte sua riutilizzò parecchie musiche scritte in precedenza per la mancata Hernani e insieme modificarono a più riprese il soggetto. Il risultato enfatizza il talento personale dei cantanti protagonisti; l’orchestrazione non eccessivamente elaborata accompagna le tipiche arie del belcanto di primo Ottocento che reggono l’intera opera.
L’equivoco e l’incomunicabilità

La prima rappresentazione de La Sonnambula di Bellini ebbe un grandissimo successo. Il teatro Carcano di Milano non risparmiò gli applausi soprattutto per la prodezza degli interpreti; Giuditta Pasta e Giovanni Battista Rubini, rispettivamente mezzosoprano e tenore, sono considerati leggende nella lirica del XIX secolo.
La trama dell’opera si articola attorno ad un equivoco insolito, ovvero quello del sonnambulismo della protagonista. Amina, orfana allevata da una mugnaia, è la novella sposa di Elvino; il ragazzo però è anche desiderato da Lisa, proprietaria della locanda del villaggio. All’arrivo del conte Rodolfo alla locanda, il gentiluomo rivolge dei complimenti ad Amina, e anche Lisa si lascia corteggiare. Durante la notte Amina in stato di sonnambulismo si dirige verso le camere del conte e la giovane oste ne approfitta per accusarla di tradimento nei confronti di Elvino e poter sposare lei il ragazzo.
Incisione di D. J. Sutherland, L. Pavarotti, N. Ghiaurov, National Philharmonic Orchestra, R. Bonynge
Amina non sa cosa sia accaduto, non capisce il perché della reazione del futuro sposo, né tanto meno può spiegare ciò che davvero è avvenuto durante la notte. La sua innocenza viene appurata dall’intero villaggio solamente durante il secondo atto, quando la ragazza ricompare sonnambula sopra il tetto di una casa. È proprio in questa occasione che prende voce la celebre aria “Ah, non credea mirarti” poiché la ragazza ancora addormentata contempla il fiore regalatole dal fidanzato creduto perso per sempre.
Aria interpretata da Maria Callas
La Sonnambula di Bellini si conclude con il lieto fine tipico della commedia rossiniana, nonostante non ne condivida altre caratteristiche – come il crescendo e la frenesia ritmica, l’orchestrazione elaborata e la comicità brillante.

