
Vincent Van Gogh: un campo di grano che brucia nel cuore5 minuti di lettura
29 luglio 1890. Una data che per molti può non avere significato, ma ogni appassionato d’arte e di bellezza sa che questo è il giorno in cui il mondo ha perso una mente meravigliosa, sensibile e tormentata. Un artista unico nel suo genere, un outsider, un visionario. Stiamo parlando di Vincent Van Gogh.
Oggi, durante l’anniversario della sua morte, lo ricordiamo come colui che ha definito un’intera corrente artistica, il post-impressionismo, scoprendo il perché del suo campo di grano che brucia nel cuore.
“Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni.”
Vincent Van Gogh
La giovinezza
Van Gogh nasce nel 1853 a Groot Zundert in Olanda. Molti direbbero che le circostanze della sua nascita non sono state felici: i suoi genitori infatti avevano avuto l’anno precedente un altro bambino, morto in fasce, al quale avevano dato proprio il nome Vincent. Il futuro artista dunque aveva ricevuto il suo nome in eredità dal fratello morto, con tutto il peso che ne consegue.
Già da bambino Van Gogh dimostra una spiccata passione per l’arte e il disegno, attività poco apprezzata dal padre Theodorus, un severo pastore protestante che lo incita a seguire le sue orme.
Vincent non era uno studente brillante: dopo aver passato qualche anno tra il collegio di Zevenbergen e la scuola secondaria di King Willem II, a Tilburg, si ritira definitivamente all’età di 15 anni.
Verrà successivamente assunto alla Goupil & Cie., una galleria di mercanti d’arte dell’Aia, dove lavorerà anche l’amato fratello Theo, l’unica persona in grado di comunicare veramente con lui.
Un impressionista-espressionista
Ma come e quando il mercante d’arte Vincent Van Gogh diviene pittore?
Dopo un’esperienza come insegnante e una collaborazione con un pastore metodista nella periferia di Londra, Vincent torna alla sua prima grande passione: l’arte. Negli anni ha infatti avuto modo di approfondire la sua cultura personale con alcune visite a Parigi, con la sua atmosfera stimolante, e a Bruxelles dove, respinto dall’Accademia di Belle Arti, continua il suo percorso di autodidatta.
Ora è pronto a sperimentare, a esprimersi e creare, concentrandosi all’inizio su ritratti di contadini e scene rurali, non potendo sostenere il costo di modelli veri e propri.
Il 1885 sarà però l’anno della svolta, con i primi capolavori, come il celebre I mangiatori di patate, espressione della sua filosofia di vita: gli studi formali saranno sempre un passo indietro rispetto all’esperienza.

Altro momento di grande importanza saranno poi i due anni trascorsi a Parigi, in compagnia di una cerchia di pittori impressionisti come Degas, Monet, Renoir, Pissarro e Seurat, dei quali ammirava molto le opere.
Van Gogh così inizia a usare le tecniche tipiche della pittura impressionista, con pennellate di colore veloci e approssimative, volte a catturare l’impressione di luce e colore che l’occhio umano percepisce per una breve frazione di tempo.
Perchè dunque questo artista non può essere definito come uno dei tanti pittori appartenenti alla corrente artistica ipotizzata da Manet e più tardi sviluppata da Monet?
Semplicemente perché Vincent, nella sua pittura, adotta l’impressionismo nello stile ma lo supera nell’ideologia. Egli utilizza il colore non solo per dare una visione neutrale di ciò che l’occhio umano vede ma per esprimere emozioni: è la sua visione del mondo.
Per questo motivo Vincent diventerà il collegamento tra impressionismo ed espressionismo.
“Non soffocare la tua ispirazione e la tua immaginazione, non diventare lo schiavo del tuo modello.”
Vincent van Gogh
Quello che resta
Nel corso degli anni, tra alti e bassi causati dalla depressione, tra momenti di esaltazione e profondo dolore, Vincent Van Gogh mette l’arte al primo posto, donandole tutto quello che di buono aveva da offrire, fin quasi a venirne prosciugato.
In una società che non lo accettava e lo derideva, lui era la stella più brillante, capace di vedere il mondo come un insieme di colori audaci e passioni travolgenti. Era fin troppo consapevole che la sua tristezza sarebbe durata per sempre.
“Vedo ovunque nella natura, ad esempio negli alberi, capacità d’espressione, per così dire, un’anima.”
Vincent Van Gogh

È in questo contesto che dipinge quadri come Notte stellata, Iris, I girasoli, Il caffè di notte e La casa gialla. In questo contesto dipinge anche Campo di grano con volo di corvi, il suo ultimo capolavoro. In questo dipinto Vincent mette tutto ciò che resta di una vita di sofferenza, dubbio e amore. Tramite una prospettiva capovolta l’osservatore vede due sentieri che si biforcano e che portano, apparentemente, da nessuna parte. Sullo sfondo, una tempesta minacciosa e imminente.
Il grano è rappresentato come sferzate di colore giallo sulla tela, che con rabbia parlano di un ultimo attimo di disperazione e paura, prima del suicidio.
Caro Vincent, come sarebbe bello, decenni dopo la tua scomparsa, poterti dire che quel mondo che ti ha emarginato, oggi ti definisce un maestro. Avrebbe fatto la differenza? Ti saresti sentito meno solo?
Caro Vincent, sarà una magra consolazione, ma oggi non sei più solo: oggi il modo ti vede, ti apprezza, ti ama.
E ti ricorda come colui che ha avuto il coraggio di essere sempre fedele a sé stesso e al cambiamento che aveva da offrire all’arte.

