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Arte

Opere d’arte inzuppate e Senato imbrattato: altoparlante efficace o controproducente?3 minuti di lettura

Che cosa conta di più? Che i nostri figli possano vedere i girasoli in un campo fiorito, oppure dipinti nella teca di un museo?

Questa è la domanda retorica che si pongono, e ci pongono, i giovani attivisti ambientali (questa volta quelli di Ultima Generazione) che, dopo Monet, Vermeer e Van Gogh – artisti incolpevoli che nella propria tomba si sono forse rivoltati – lo scorso 2 gennaio si sono indirizzati direttamente verso il Senato, imbrattandolo con vernice lavabile rossa.

Secondo i giovani attivisti, è controverso che a preoccupare maggiormente le istituzioni sia il vetro sporco di un quadro piuttosto che il futuro dell’umanità, anch’esso sporcato dalle conseguenze del collasso ambientale: quando il cambiamento climatico sarà giunto a un punto di non ritorno, anche il patrimonio culturale che sta tanto a cuore alle istituzioni sparirà con l’umanità, insieme a tutto il resto. Quindi perché non intervenire al nocciolo del problema, adesso? È questo, insomma, il succo del loro messaggio, gridato attraverso una ribellione non violenta, ma dalla risonanza mediatica indubbiamente molto potente.

Girasoli veri o dipinti?

Per tornare alla domanda iniziale, essa è volutamente provocatoria, ma non si dimentichi che in questo caso non deve trattarsi di un aut aut. Perché una cosa dovrebbe escludere l’altra? È assodato che nulla di tutto ciò che produce l’uomo sarà mai paragonabile alla natura, e che l’idea che l’arte valga più dell’acqua o dell’aria sia frutto della smisurata supponenza dell’essere umano. Come è vero che l’uomo si sente padrone di un mondo che in realtà non gli appartiene, ma a cui è lui stesso ad appartenere senza avere l’umiltà di riconoscerlo.

E per la diffusione di questa sacrosanta verità dobbiamo ringraziare anche Ultima Generazione, che quantomeno ha posto filosoficamente la questione “girasoli veri o dipinti?”. A chi accusa i giovani ambientalisti di essere dei vandali, si potrebbe facilmente controbattere che nessuna opera d’arte è stata veramente danneggiata, e che probabilmente gli artefici erano consapevoli che esse fossero protette da teche di vetro prima di compiere l’atto.

A chi invece domanda “A che cosa servono questi gesti?”, si potrebbe semplicemente rispondere “ad aprire il sipario sulla rabbia delle nuove generazioni, che dimostrano con i denti di non stare ferme mentre le istituzioni strappano loro il futuro”. Eppure, nonostante il nobile fine, la risonanza mediatica che il movimento ambientalista ha inevitabilmente ottenuto fino ad ora non avrà vita lunga, o quantomeno non otterrà l’effetto sperato.

Da che parte stare?

Lanciare zuppa sulle opere d’arte non incentiverà l’uso di energia solare ed eolica, come imbrattare i muri di Palazzo Madama non gioverà all’ambiente. Sicuramente garantisce immediata visibilità, è vero, ma rischia di determinare un allontanamento dell’opinione pubblica da tematiche che sono invece davvero urgentissime.

È inutile schierarsi sia dalla parte di chi in questi giorni, dopo l’imbrattamento al Senato, discute su quale e quanto debba essere severa la pena per quelli che il Governo, con un po’ di faciloneria, ama soprannominare “vandali”, sia da chi invece li dipinge come eroi di una ribellione contro coloro che nel Senato ci lavorano. Dimenticando, però, che è stata la voce del popolo a permettere che si sedessero su quelle poltrone.

In che modo uscirne, allora? Il nocciolo della questione è che azioni così prepotenti portano sì a una grande visibilità, ma poi? Nessun esito concreto, e anzi la deriva opposta: un’avversione verso coloro che si battono per queste tematiche, che rischia di diventare un’avversione nei confronti delle tematiche stesse. E così facendo, alla fine, a giovarne sarà proprio quella componente delle istituzioni che del cambiamento climatico se ne infischia.

Sono laureata in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. Collaboro con alcune testate giornalistiche online e cartacee, dove scrivo soprattutto di diritti, salute mentale e valorizzazione di cultura e istruzione, che ritengo fondamenta essenziali per la costituzione di una società salda e dotata di capacità critica.