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Cinema

The Lost Daughter: la maternità da un duro punto di vista4 minuti di lettura

In occasione della 79 Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia che avrà inizio oggi, mercoledì 31 agosto 2022, si vuole ricordare il film The Lost Daughter di Maggie Gyllenhaal, presentato a Venezia nella precedente edizione della Mostra, durante la quale la pellicola era in corsa per la vittoria del Leone d’oro e trionfò aggiudicandosi il premio per la Miglior sceneggiatura, assegnato alla stessa Gyllenhaal.

Dal romanzo al film: genesi e cast

La sorella del noto attore Jake Gyllenhaal, con l’adattamento cinematografico del romanzo La figlia oscura (2006) di Elena Ferrante, esordisce alla regia con una pellicola premiata e riconosciuta a livello internazionale. Un cast ristretto ma fitto di nomi importanti, Olivia Colman, Ed Harris, Dakota Johnson e Jessie Buckley, sono la materia, il corpo e il movimento di una storia che dall’inizio vede sfumati i propri contorni di realtà, fino a sfociare nella dimensione del ricordo e della cognizione psicologica.

Una vacanza tranquilla…

Gyllenhaal sceglie, come ambientazione, una località marittima della Grecia, discostandosi da quella del romanzo nel quale la scelta è ricaduta su una zona costiera dell’Italia del Sud. La protagonista è Leda Caruso (Olivia Colman), una professoressa universitaria di Letteratura comparata, specializzata in Letteratura italiana, che ha scelto di trascorrere, in solitudine, le sue vacanze estive, o di «lavoro» come le definisce lei stessa.

La sua unica compagnia è quella dei numerosi libri e carte che ha portato con sé per svolgere l’attività di ricerca. Al suo arrivo Leda è accolta in modo gentile e disponibile dal custode dell’appartamento (Ed Harris) che ha affittato e dal giovane ragazzo ‘tutto fare’ che gestisce il bar della vicina spiaggia.

… I nuovi arrivi

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Nina e la figlia Elena

Leda trascorre le sue giornate in spiaggia, alternando i momenti di lavoro con quelli di indolente svago. La quiete è presto interrotta dall’arrivo di una numerosa famiglia con la quale Leda dovrà dividersi la spiaggia. La sua attenzione è però subito rivolta ad una giovane donna e a sua figlia, le quali fanno parte dei nuovi arrivati. Lo spettatore potrebbe essere sorpreso dalla strana e inspiegabile curiosità della professoressa nei confronti della madre e della figlia: quale sarà la ragione di tale curiosità? Curiosità che sarebbe diventata una vera e propria ossessione. 

Il confronto con il passato

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Una giovane Leda con le figlie Martha e Bianca

Comincia qui ad apparire sullo schermo una serie di flashback di Leda, i quali mostrano una giovane Leda alle prese con la vita da studiosa e madre, intenta a crescere le sue figlie Martha e Bianca. Il nesso logico tra il passato di Leda e la giovane madre con la figlia è ancora confuso e fumoso; Leda si commuove ogni volta che la giovane madre Nina fatica a gestire i capricci della figlia Elena. Leda nota la crescente sofferenza di Nina; la giovane madre sembra infelice della propria vita.

Lo spettatore potrebbe pensare che la professoressa voglia aiutare Nina, dandole consigli su come affrontare le scelte difficili e lo stato d’animo contrastato che la maternità può comportare. Niente di più lontano dalla verità. Il passato di Leda si rivela turbolento e ricco di spiacevoli rivelazioni con cui lo spettatore farà i conti pian piano; tali scoperte porteranno allo svelamento delle ragioni dell’ossessione di Leda per Nina.

Conclusioni

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Leda e Nina

La maternità è uno dei temi portanti del film di Gyllenhaal; in The Lost Daughter tale tema viene esplorato in modo insolito e pungente. Le azioni inconsuete e morbose di Leda conciliano con la presa di coscienza di un senso di maternità «snaturato» e socialmente discutibile. A Nina Leda non offre conforto né rassicurazione, ma la sua devastante verità. The Lost Daughter è un film duro e faticoso da seguire ma è onesto; onesto non perché restituisce allo spettatore una morale giusta e condivisibile, ma perché, al contrario, ha il coraggio di mostrare cosa significhi assumere un’intima consapevolezza della pericolosità e della fragilità della natura umana e riuscire a conviverci. 

Laureata in Italianistica all'Università di Bologna. Tra il suo dire e il fare ci sono di mezzo il cinema e la letteratura. Scrive di cinema su Art Shapes.