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Interviste

Streetwear di lusso: entriamo nella vita di uno stilista8 minuti di lettura

L’arte è l’espressione estetica dell’animo umano. Rispecchia il vissuto dell’artista e le sue emozioni. Un’ opera d’arte deve essere esclusiva, unica e impossibile da imitare. Di conseguenza anche i capi d’abbigliamento di lusso devono rispecchiare queste caratteristiche.  

Tommaso Motti, classe 2001 è un giovane fenomeno nel mondo dell’abbigliamento di lusso da strada. Diviso tra Genova, sua terra natia, e Milano. Ha intrapreso questo percorso fondando il suo brand: “TMMT” nel 2019.

Questo ragazzo si occupa di ogni aspetto del processo produttivo: dal modello alla sartoria. Guardarlo mentre lavora è di per sé un’ opera d’arte. L’amore e la passione che mette in quello che fa rendono il suo operato originale. I suoi capi sono pezzi unici, poiché confezionati a mano.

Una moda che non raggiunge le strade non è moda.

Coco Chanel

Quando hai compreso che era proprio questa la strada che volevi percorrere?

È partito tutto tra la quarta e la quinta liceo. All’inizio chiaramente il brand era solo un’ idea confusa e non avevo nessuna competenza, ma ero affascinato da quel mondo e volenteroso di farne parte.
Se prima qualche dubbio c’era, quando mi sono trasferito a Milano e ho cominciato a studiare, è diventata una cosa maniacale ed anche la riconferma di cui avevo bisogno. Dovevo seguire questa strada.

Qual è stato il primo capo che hai creato? Per chi?

Il primo capo che ho cucito io era un paio di pantaloni decisamente troppo lunghi, tanto che un professore mi disse che stavo sbagliando e che non avevano senso. La mia idea poi ebbe piena riuscita e fu il primo prototipo del modello “210”.

I primi capi che feci per qualcuno furono diversi tipi di pantaloni e un kimono per 24kGoldn. Ricordo che la cosa che più mi colpì di tutto ciò fu il fatto di mandarli a Golden, di cui ero fan da tempo. Ma in particolare fu spedire i vestiti a Los Angeles. Città fulcro di tutte le mie ispirazioni sia nell’ambito moda che nella musica.

Pantaloni in oro 1K

Nella tua prima collezione ti ispiri al Denim. Questo tessuto ti è caro perché originario di Genova come te?

Credo sia stata una casualità del destino. Il Jeans è il mio materiale preferito. Spesso uso tecniche come strappi o distressing e questo tessuto si presta molto bene. In realtà la storia di questa stoffa l’ho scoperta dopo, utilizzavo già questo materiale. Mi affascina molto la storia di questo tessuto e le sue origini. Infatti, dal due settembre ci sarà un progetto che si chiama “Genova Jeans“. Lo scopo di questo progetto è quello di dimostrare la paternità del tessuto da parte della città, poiché contesa con Denim, cittadina francese.

Influisce il tuo stato emozionale nel rendimento lavorativo?

Chiaramente si. Influisce e anche molto, però devo dire che nei momenti di estrema debolezza e fragilità, quindi nei momenti in cui soffro di più e sto male, vengono fuori delle belle idee. Soprattutto quando attraverso determinati stati d’animo, sono solito focalizzarmi sul mio lavoro e cerco di sfruttare questi attimi di debolezza per trasformarli in qualcosa di positivo in ambito lavorativo.

Però anche le emozioni positive mi fanno un effetto analogo. Attualmente sto attraversando un bel momento. Sto ricevendo molti feedback positivi sul mio operato e questo mi rende felice. Il lavoro è tanto da fare e sapere che devo confezionare qualcosa di specifico per questo personaggio, piuttosto che per quest’altro, mi stimola e mi spinge a dare sempre di più.

C’è uno stilista a cui ti ispiri?

Per quanto riguarda il design, non ho uno stilista o un brand di riferimento. Anzi, cerco spesso di non guardare le nuove uscite degli altri brand e cerco di non partecipare alle sfilate e non essere presente nemmeno in streaming alle fashion week. Proprio perché non voglio subire contaminazioni o influenze.

Desidero che il mio lavoro sia il più genuino possibile. C’è da dire che mi ispiro molto a Virgil Abloh per quanto riguarda il metodo di lavoro, la quantità di ore e la dedizione che ha impiegato per raggiungere i suoi obiettivi. Ho studiato tanto il personaggio, il suo percorso di vita, i sacrifici che ha fatto e mi rispecchio molto in lui.

– Senti l’influenza dell’esterno nel tuo lavoro?

Si, questo si lega un po’ alla domanda di prima. L’esterno influisce emotivamente e si rispecchia nei miei lavori. Tutte le possibili condizioni emotive, ma anche eventi come la pandemia globale. Chiaramente ha influito anche nelle idee. Due outfit della collezione sono nati in quel periodo e raccontano ciò che abbiamo attraversato: il fatto che siamo stati legati per un anno e mezzo. Infatti i capi in questione hanno delle fasce e delle bande che esprimono appunto questo concetto.

La pandemia globale come ha influenzato il tuo modo di lavorare e il tuo processo creativo?

In totale sincerità posso dire che il periodo della pandemia è stato un gran momento per me. Ho concluso gli studi quando l’epidemia di Covid19 era iniziata già da tre mesi. Quindi non ho avuto l’opportunità di perdere tempo. Mi sono subito immerso nel mondo del lavoro cercando di creare più capi possibili in modo da non sprecare neanche un secondo di quel tempo prezioso. Ho sempre visto la pandemia come un momento in cui c’era possibilità di fare qualcosa.

C’era una crisi ed è mia opinione credere che dai momenti di crisi giungono grandi opportunità. Lo vedevo come un periodo in cui molti lavoratori si sono dovuti sedere e si sono lasciati abbattere da questa condizione pandemica, mentre io ho cercato di fare l’opposto. Non perdere i giorni, stare sempre sul pezzo e concentrarmi sul mio obiettivo. Mi sono chiuso nella mia casa qua a Milano e ho lavorato senza sosta giorno e notte.

Tra i tuoi clienti ci sono diversi volti noti nel mondo della musica Trap a livello nazionale ed internazionale. Questo traguardo come ti fa sentire?

È un traguardo particolare, che richiede tempo per essere capito. In questo momento io credo di non aver ancora realizzato quello che è successo. Sono in una fase onirica in cui lavoro, mi impegno per il mio brand, senza sapere cosa succeda perché effettivamente poi non so cosa accada ai miei pezzi una volta raggiungo l’acquirente. Indubbiamente raggiungere artisti come DDG è un traguardo che fa sognare. Io ho sempre ascoltato e avuto una predilezione per il rap americano. Inoltre il fatto di aver raggiunto quel mercato, mi permette di ottenere maggiore visibilità oltre Oceano.

Però posso anche dire che i traguardi alle quali punto sono altri. Vestire un artista ha molto impatto sulle persone, però dal lato economico qualcosa cambia perché nuove persone scoprono il tuo brand, si informano su di te e hai l’occasione di crescere ulteriormente, ma non è tanto di impatto come vestire artisti come Travis Scott e aver magari fatto sold out di una collezione intera.

Capo studiato e creato da Tommaso Motti

Parlaci della collezione: come è nata? A cosa si ispira?

La mia collezione estiva, che sta per uscire, è un mix di influenze che ho sviluppato, appunto come dicevo prima, durante la pandemia. In generale si divide un po’ tra i tre continenti. C’è una parte di ispirazione più americana, una più europea e una parte che richiama l’Asia. Come tutte le mie collezioni è nata dalla necessità di indossare qualcosa di nuovo ed innovativo. Quindi partendo dal prototipo dei pantaloni, strutturo poi gli outfit.

C’è una persona che ti ha incoraggiato in questo progetto lavorativo?

Il supporto è sempre legato alla famiglia e gli amici. Considerando che sono partito da zero assoluto, poiché non avevo esperienza nell’ambito della moda e non avevo possibilità di intraprendere questo percorso restando nella mia città natale, è sempre stata un po’ utopico arrivare un giorno a creare qualcosa di ben definito e che abbia una forma, uno scopo ed un messaggio da trasmettere.

Di conseguenza inizialmente l’incoraggiamento giungeva da una cerchia ristretta di persone. Adesso l’incoraggiamento è diffuso. Mi fa molto piacere perché arriva da molte città italiane, soprattutto dall’America. Considerando che il mio obiettivo è riuscire ad entrare nel mercato USA. Nell’ultimo periodo sto collaborando con Sascha Burci, in arte Anima e stiamo creando qualcosa di molto interessante.

Quando non lavori, cosa fai?

Va bene lo stesso se dico lavoro? Se no posso dirti che dormo. Perché fondamentalmente io faccio questo. Mi sono trasferito a Milano per poter lavorare e raggiungere il mio obiettivo. Ci sono le giornate in cui sono nervoso e non riesco a mettere a frutto le mie capacità, allora esco per svagarmi un po’, ma prevalentemente passo il mio tempo facendo ciò che amo.

Potessi dire a te stesso di cinque anni fa qualcosa, cosa ti diresti? Che consiglio ti daresti?

Molto bella questa domanda. Potessi dire qualcosa al me di cinque anni fa gli direi con grande gioia e felicità, adesso lo posso dire visto quel che è successo, è: continua così, impegnati di più se possibile per potercela fare prima. Inoltre cercherei il modo di far scoprire al Tommaso di cinque anni fa, prima la passione per questo mondo. Però non ho nessun rimpianto, nessuna critica da fare al me passato.

Ho vissuto le mie esperienze, fondamentali per definire chi sia io oggi. Sono molto contento che la fase seria, matura, della mia vita sia arrivata. Vivere da solo, dipendere economicamente da me stesso e capire quali siano gli obblighi di un adulto, sono cose che ho capito abbastanza presto e sono felice di ciò.

Grazie per il tuo tempo è sempre un piacere parlare con te.

Grazie a te per questa opportunità di raccontarmi.

L’impegno e la dedizione sono fondamentali per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo, ma nel mondo dell’arte non si deve solo dare il massimo, bisogna mettere un pezzo di sé stessi dentro ogni opera per renderla unica ed eternamente parte di noi.

Divisa tra Genova e Milano Andrea, autrice di romanzi e racconti da brivido, vive con i suoi due gatti. Passa il suo tempo libero a scrivere di musica, arte e cucina. Per Art-shapes intervista volti nuovi.