
Strappare lungo i bordi: Zerocalcare si racconta su Netflix4 minuti di lettura
Michele Rech, in arte Zerocalcare, è il nome più noto del fumetto italiano moderno, per la prima volta si mostra sul grande schermo con “Strappare lungo i bordi“, una serie che poi tanto serie non è.
Strappare lungo i bordi è un viaggio volto a capire se stessi, nel quale chi guarda può facilmente immedesimarsi, Zero racconta le sue esperienze di vita con un occhio malinconico, ma allo stesso tempo dotato di grande sensibilità. Più film che serie tv, per quanto segmentato ha una durata che lo rende un ibrido, un formato nuovo nel mondo cinematografico o quanto meno su Netflix.

Nel corso di sei micro-episodi si raccontano le vicende di Zero e del suo modo di guardare la vita, distaccato dalle emozioni, ma allo stesso tempo immerso in un mondo di pensieri che lo fagocita e lo fa ragionare a 120 battiti al minuto.
Il ritmo soprattutto nei primi episodi è serrato e lo si avverte principalmente dalla voce dello stesso Calcare che doppia se stesso e gli altri personaggi, ad eccezione della sua coscienza “l’Armadillo” doppiato da un eccezionale Valerio Mastrandrea.
Zerocalcare e le origini di Strappare lungo i bordi
La romanità fa da padrona in tutto il mondo di Zerocalcare, nelle voci, nei personaggi e nelle ambientazione della Capitale, diventando leitmotiv della narrazione.
Partendo dai 17 anni, si sviluppa la storia di Zero avvinghiata alla conoscenza di Alice, amore a prima vista che con il passare del tempo si trasforma in un’amicizia che cammina sul filo del rasoio di un amore platonico.
È legata ad Alice non solo la storia e il suo finale, ma tutto il senso che questi episodi portano con sé. La paura di vivere la vita frena anche i più tenaci e se non permetti al mondo di guardarti dentro, non potrai guardare dentro di lui; rimanendo così in una zona di confort, che con il passare del tempo diventerà l’unica cosa che conosci.
Alla realizzazione della serie hanno collaborato più di 200 persone, principalmente per la trasformazione dei disegni in cartone animato, e per la colorazione di tutte le scene. Un lavoro enorme per garantire che il fumetto non perdesse la sua identità, come spiegato molto bene in questo video nella vita di Zerocalcare.
Strappare lungo i bordi però, è anche umorismo e ironia, il rapporto con l’amico Secco e l’amica Sara, le ripetizioni, l’incapacità di scegliere un film su Netflix, e altri grandi cliché su com’ è diventata la vita, per un ragazzo che vuole capire cosa accade intorno a lui. Anche il lagnarsi è fatto con la giusta protervia romana, garantendo una risata anche quando ridere non è la priorità del discorso.
Il ritratto di una generazione frustata che deve fare i conti con la costante inadeguatezza di un mondo agrodolce, ormai incapace di godersi anche le piccole felicità della vita, come andarsi a prendere un gelato con Secco.
Le conclusioni di Zero
Il titolo segue esattamente il sentimento di inconsapevolezza sul futuro, quasi un inno al lasciarsi trasportare come da una leggera brezza, lungo la linea tratteggiate della vita, rimanendo consapevoli che qualche volta si strapperà fuori dai bordi.

La storia si evolve all’interno di una giornata sola, con qualche flashback nella vita dei protagonisti, dalle elementari fino al giorno in cui con un treno si va a Biella a casa dei genitori di un’amica.
Ovvero da quando si è piccoli, e si realizza che in questo mondo si è soltanto uno dei tanti fili d’erba e non si ha la responsabilità di tutti i mali, anche se i mali non vedono l’ora di venirti a cercare. E quando arrivano è necessario ricordarselo, essere un filo d’erba non è una giustificazione per non sentirsi responsabili, ma l’unico modo per capire il vuoto che si ha dentro, senza il bisogno di cercare una spiegazione fuori.

