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Cinema

Stranizza d’amuri: l’esordio di Giuseppe Fiorello con il botto7 minuti di lettura

In una caldissima Sicilia del 1982, Nino e Gianni trascorrono le loro giornate lavorando e andando a nuotare al fiume vicino alla cava, in un posto segreto che conoscono solo loro. Un pugno di uomini di tutte le età abita un bar anonimo in una strada anonima fatta di pietra della Val di Noto, e con loro bazzica Giuseppina che non sa proprio farsi i fatti suoi.

La storia che Giuseppe Fiorello decide di raccontare in Stranizza d’Amuri è liberamente ispirata a fatti reali accaduti nella provincia di Catania nel 1980, conosciuti come “Delitto di Giarre”: un omicidio cruento e mai condannato a danno di una coppia di giovani ragazzi innamorati. A loro il film è dedicato, a loro al loro ricordo e a tutti noi, così che possiamo imparare a farci davvero i fatti nostri.

L’esordio alla regia è musica

Siamo stati abituati a vedere Fiorello in tv, improvvisandosi attore ci ha regalato alcune tra le performance più riuscite della fiction italiana. Il suo esordio alla regia avviene in punta di piedi, in modo molto delicato e rispettoso nei confronti della storia che sceglie di raccontare e del pubblico in sala. Sceglie di rivedere la storia di Giorgio e Toni, i due giovani uccisi in Sicilia nel 1980 e la cui morte portò alla fondazione del primo circolo Arcigay di tutta la regione a Palermo. Lunghi carrelli e movimenti di macchina molto ma molto lenti seguono le vicende dei personaggi senza entrare troppo nella loro intimità o rompere l’illusione di una vita tranquilla e monotona.

Quello che fa la regia di Fiorello è restituire una Sicilia vera e reale, secca e arida nei personaggi e nelle campagne che fanno da sfondo ai giri in motorino e simboleggiano la libertà dell’adolescenza e dell’amore dei due protagonisti. Per Stranizza d’Amuri le scelte musicali si rivelano estremamente felici, sia per il maestro Franco Battiato che fa quasi da padrino a tutto il film, che per i Pooh e la musica che rimanda immediatamente al 1982 e all’estate della vittoria del Mundial di Spagna che ha unito tutti gli italiani per la seconda volta nella storia dei Mondiali.

Sicilia Bedda

Mi è stato detto spesso che quando si incontra qualcuno che viene dalla Sicilia si capisce subito. C’è come un alone particolare di arsura e salsedine, di abiti neri e pizzi uniti a vantagli di tutti i colori e teste di moro. La Sicilia è un’isola particolare: sdraiata sul Mediterraneo accoglie tutti i pellegrini che passano di là e si lascia conquistare, fingendo di piegare la testa al nuovo re ma rimanendo sé stessa sempre, sempre libera di fare come le pare. Un luogo magico, diverso, un clima diverso, un paesaggio diverso, un tempo diverso. Sempre indietro.

In Sicilia ci sono molti stereotipi ma solo pochi sono veri e ci sono tutti in Stranizza d’Amuri:

La famiglia

La famiglia in Sicilia è una cosa seria. Non sono solo chiacchiere quelle delle tavolate e del cibo sempre in grandi quantità, non sono chiacchiere quelle del trovarsi tutti insieme a guardare la TV e andare al mare e trovare sempre posti in più a tavola, e anche gli amici sono di famiglia a un certo punto, una volta entrati a far parte del cerchio non si esce più tanto facilmente. La famiglia è sacra e bisogna averne una e certe volte lo spazio è così poco che non si respira e c’è bisogno che qualcuno vada via, come Gianni. La sua unica colpa è quella di essersi innamorato della persona sbagliata e di essersi fatto beccare. Il padre non ce l’ha e sua madre quasi neanche, entrambi vivono con il nuovo marito di lei che sopporta poco la presenza del figliastro e le voci che girano su di lui e la sua sessualità.

Ma la famiglia è anche questo: accettare in silenzio le stranezze di ognuno. Come quella di Nino composta da genitori due figli, Nino e Isabella, il figlio di Isabella presumibilmente di nuovo incinta, uno zio fenomeno che vive in un camper parcheggiato davanti la porta di casa, e lo zio Pietro che insegna ai ragazzi a cacciare e da lavoro ai poveri padri di famiglia, si fa rispettare e fa riempire di botte gli altri senza pensarci due volte e senza mai sporcarsi le mani. Quella di Nino è una famiglia presente, a volte anche troppo, con la sola colpa di volere un Nino diverso a qualunque costo.

Pare infatti che nella figura del nipotino Totò si celi quella del cugino diciassettenne di Toni, presunto autore del delitto di Giarre.

Le femmine sono brave a cucinare e curtiddiare

Questo fanno e questo sanno fare. Le donne che Fiorello descrive nel suo film sono mamme, amiche e sorelle che non sanno fare altro se non essere lì e fare quello che viene chiesto loro: Lina, la mamma di Gianni, si concede al suo nuovo marito e accetta (perché alla fine accetta sempre) che questo tratti male suo figlio. Carmela, la mamma di Nino, cucina benissimo, come fa lei la pasta con il sugo e le melanzane nessuno; la sorella di Nino non serve a niente e non fa niente. Giuseppina parla, cunta, è lì a disposizione che dice quello che volete sapere.

È un femminile molto realistico e molto siciliano, la scelta delle attrici è estremamente azzeccata per quanto riguarda la giovane Anita Pomario (Giuseppina), originaria dei luoghi in cui il film è stato girato, che ha esordito al cinema alla regia di Emma Dante in Le sorelle Macaluso a fianco di Simona Malato che ritroviamo nel ruolo di Lina. Seppur di poche parole, i loro personaggi in Stranizza d’Amuri sono imprescindibili per l’azione del film: la prima è quella che smaschera Gianni al paese, che racconta a tutti cosa ha visto, quella che mangiata dal senso di colpa prova sempre a rimediare e l’unica che si mette in mezzo quando Gianni viene pestato in mezzo alla strada. La seconda è quella che accusa il ragazzo, quella che alza la cornetta del telefono e parla con l’altra mamma per cercare di salvare Nino, quella che dà inizio alla fine.

Quello che dicono le persone è imprescindibile

In Sicilia è molto comune il curtiddiu: si tratta di quella pratica che viene spesso tradotta come gossip, pettegolezzo. In realtà si tratta di un vero e proprio spiare per poi parlare sulla vita degli altri, dare giudizi e talvolta anche costruire delle storie per giustificare alcuni comportamenti. Non sarà strano nei paesini siciliani vedere le vecchiette alla finestra o davanti alla porta che si guardano intorno alla ricerca di un segnale, alla ricerca di un indizio su qualcosa che qualcun altro sta facendo. In questo film il vociare, il raccontare qualcosa, il dire qualcosa è estremamente importante. Tutto si basa su quello che gli altri potrebbero dire, su quello che gli altri avrebbero da dire e su quello che gli altri dicono, o dicono di aver detto. È stata una voce a mettere Gianni in riformatorio, è stata una voce a dire alla famiglia di Nino che il nuovo amico del figlio fosse da allontanare, è stata una voce a confermare la pericolosa vicinanza dei due ragazzi.

È un film fatto di voci: dalle urla per la vittoria dei mondiali ai pettegolezzi, dai rimproveri alle scuse campate in aria.

Stranizza d’Amuri

Al di là dei fuochi d’artificio e della storia toccante, Stranizza d’Amuri è un bel film se si vuole conoscere la Sicilia. Una Sicilia ancora purtroppo attuale che sacrifica i propri figli in nome della gente, che insegna ai bambini a sparare con il fucile e che nasconde, nasconde sempre tutto.

Giuseppe Fiorello ha realizzato un ritratto molto fedele della sua terra d’origine legato al periodo degli anni 80, che si percepisce molto forte.

“una cosa fatta di nascosto di può fare per cent’anni”

Questo è il consiglio che viene dato a Nino, questa l’unica via di fuga per poter semplicemente amare qualcuno: di nascosto, in un posto che conoscono solo loro, lontano, in segreto. Che poi, anche se fosse rimasto un segreto, non li avrebbero mai lasciati in pace. Perché la Sicilia questa è, una mamma che non ti lascia mai e se con una mano ti culla con l’altra ti strozza.

Non lo diresti ma ho 26 anni. Sono siciliana e questo lo potresti dire dopo avermi sentita parlare! Vivo a Pavia dal 2016, qui ho fatto lettere e mi sono laureata e ora studio cinema, teatro e arte contemporanea alla magistrale. Ho scelto di scrivere quando ero piccola perché penso che a parlare sono bravi tutti e poi si sa: scripta manent. Sono la terza di quattro figli, ho due bellissimi cani e una piantina di aloe, mi piace leggere soprattutto in treno o nei cortili dell’università e ascoltare musica dalle mie cuffiette con il filo. Le tragedie greche a teatro sono un appuntamento fisso, come i thriller che guardo spesso coprendo gli occhi con le dita. Per le serie tv non c’è storia: bringe watching tutta la vita. Se dicessi che il mio quadro preferito è Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles, sarebbe troppo banale per questo scelgo Sogni di Vittorio Corcos.