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Storia, letteratura, arte: e chi se ne frega?2 minuti di lettura

Spedizione di Serse in Grecia. 480 a.C.
Un milione di opliti e ottantamila cavalieri persiani attraversano lo stretto dei Dardanelli e marciano verso la Grecia centrale. Milleduecentosette navi persiane seguono l’esercito costeggiando la penisola Calcidica.

Giro pagina.

Pentecontetia. I cinquant’anni che separano la disfatta persiana dalla Guerra del Peloponneso.
Atene fonda la Lega Delio-Attica. 477 a.C.

Giro pagina.

Alessandro Magno intima a 10.000 tra i suoi soldati di sposare altrettante donne persiane al fine di una fusione etnica forzata. 324 a.C.

Giro pagina.

L’Egitto entra nell’orbita romana dopo la battaglia di Azio e la morte di Cleopatra. 30 a.C. 

Se il mio cervello non fosse costretto nel cranio, prenderebbe fuoco come l’Acropoli di Atene dopo la disfatta subita alle Termopili. 480 a.C.

Mentre la mia memoria rifiuta di assorbire una data di più, mi chiedo quale sia il senso di questa agonia. Studiare fino a notte fonda le gesta di uomini vissuti più di duemila anni fa e che oggi sono tutti morti. Da due millenni.
Questo esame mi farà impazzire. 

Esco dall’aula.
È andato bene, benissimo.
Come mi sento? Con tante ore di sonno arretrato. E arricchita.
La settimana prossima mi ricorderò le tappe dell’egemonia di Tebe sulla Grecia? Ne dubito.
Eppure, sono abbastanza certa di sentirmi diversa.
Mi sento come se avessi sempre avuto fame senza accorgermene, e improvvisamente fossi sazia.
Mi sento come immagino che un puzzle si senta quando un pezzo mancante viene aggiunto, e il disegno finale si fa un po’ più nitido.

Io sono il puzzle, il quadro finale è la persona che sarò.
E oggi l’ho capito chiaramente.
Io sono il prodotto dei libri che ho letto, delle vite di sconosciuti a cui ho dato volti immaginari, dei generali e dei re che hanno combattuto sanguinosamente tra le righe dei manuali impilati sulla mia scrivania.
Ogni notte, prima degli esami, mi chiedo a che cosa serva, perché ogni notte mi scordo che cosa si prova dopo. Come quando non si ha voglia di uscire al freddo per andare a correre, e ci si dimentica della scarica di energia che si prova ad allenamento terminato.

A che cosa serve, mi chiedono gli amici guardandomi sfogliare capitoli che a loro smuovono ricordi lontani di scuole medie e superiori. Le guerre persiane, la guerra del Peloponneso, Atene, Sparta.
A niente, nell’immediato. Di certo non servono a pagare le bollette, questo lo so fin troppo bene. 
Ma servono a me. A modellare la persona che sono. A plasmare, tassello dopo tassello, la mia personalità. 
Esiste qualcosa di più utile della propria anima?

Sono laureata in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. Collaboro con alcune testate giornalistiche online e cartacee, dove scrivo soprattutto di diritti, salute mentale e valorizzazione di cultura e istruzione, che ritengo fondamenta essenziali per la costituzione di una società salda e dotata di capacità critica.