
Ritratto della giovane in fiamme: l’arte tra solitudine e passione6 minuti di lettura
Ritratto della giovane in fiamme (titolo originale: Portrait de la jeune fille en feu) è un film francese del 2019, per la regia di Céline Sciamma, uscito nelle sale cinematografiche italiane nel dicembre dello stesso anno; si è aggiudicato numerosi premi artistici e tecnici internazionali tra i quali il Prix du scénario a Cannes nel 2019, il Premio Cèsar per la migliore fotografia nel 2020 e ha ricevuto una candidatura per il miglior film straniero ai Golden Globe nel 2020.
Si tratta di una produzione drammatica con ambientazione storica; infatti luogo e tempo precisi non sono rivelati allo spettatore, il quale però è chiamato a seguire le vicende di una giovane pittrice (Noémie Merlant), forse sulla fine del Diciottesimo secolo, che da Parigi giunge su un’isola, parrebbe, al largo della Bretagna, nel nord della Francia. Qui è presente la residenza diroccata di una contessa (Valeria Golino) che vuole dare in moglie ad un nobile possidente di Milano la sua giovane secondogenita (Adèle Haenel), da poco uscita dal convento; la giovane pittrice riceve il compito di realizzare il ritratto della figlia della contessa, da offrire come pegno, come ‘vetrina’ all’aspirante marito.

Non mancano però alcuni risvolti sorprendenti riguardanti il destino della sorella maggiore di Héloïse e le intenzioni della contessa madre; lo spettatore dunque acquisisce pian piano consapevolezza dell’impietosa condizione di Héloïse, che dalla clausura del convento si ritrova catapultata in quella del volere materno.

L’incontro tra Héloïse e la pittrice Marianne è continuamente ritardato sullo schermo, ma annunciato dall’intercessione della contessa madre e della governante. La contessa infatti definisce i confini entro i quali il rapporto tra la figlia e Marianne dovrà progredire, mentre la governante informa la pittrice sul passato della famiglia per cui è al servizio.

La storia si presenta come un lungo flashback di Marianne che in un atelier parigino, circondata da alcune studentesse, ricorda gli eventi isolani nella residenza e il suo rapporto con Héloïse, che evidentemente appartengono ad un passato ormai lontano; la voce off, fuori campo e intradiegetica, di Marianne, che comunica la tecnica e lo stile pittorico necessari per la realizzazione del ritratto, accompagna lo spettatore dall’inizio alla fine del film.
La realizzazione del ritratto così come la relazione tra le due giovani donne inizia in ‘differita’, travolta da opache verità che nel corso del film vengono rese chiare ed evidenti. La presentazione del personaggio di Héloïse segna l’inizio del legame tra il linguaggio cinematografico e quello pittorico: un suggestivo fuori campo interno offre allo spettatore un’inquadratura del primo piano di Héloïse, il quale diventa il primo punto di riferimento pittorico di Marianne.
Héloïse e Marianne: solitudini a confronto

La giovane pittrice intraprende la conoscenza della figlia della contessa mentre svolge l’attività di pittrice; le due donne sembrano molto diverse: Marianne appare indipendente, libera dal vincolo del matrimonio poiché in procinto di ereditare l’attività commerciale del padre, Héloïse invece sembra non possa sottrarsi al destino di un matrimonio senza amore. Le scene di dialogo tra le due giovani donne però si trasformano in momenti sospesi di interrogazione reciproca che sembrano appianare le iniziali divergenze. Dopo aver mostrato alla pittrice la sua ritrosia nei confronti del matrimonio imminente, Marianne si rivolge ad Héloïse:
«Parla di questo destino come se fosse terribile».
«Che sa lei del mio prossimo matrimonio?».
«So che deve sposare un milanese, tutto qui».
«E lei? Quando si sposerà?».
«Non so se mi sposerò».
«Non è costretta?».
«No, succedo a mio padre. È nel commercio».
«È perché può scegliere che non mi capisce».
«Io la capisco».
La conclusione del dialogo da parte di Marianne segna l’inizio della condivisione tra le due donne di una comune, seppur diversa, esistenza solitaria segnata dai doveri familiari, cui le donne della società europea di epoca illuminista erano sottoposte.
Ritratto: da ‘vetrina’ a strumento di ribellione e di passione

La realizzazione del ritratto diventa nel corso del film la principale discriminante dell’evoluzione della relazione tra le due giovani donne; il ritratto funge da prisma attraverso il quale tutti i colori della ‘ribellione’ silenziosa di Héloïse, che lo spettatore scopre non senza inquietudine, passano e rimbalzano all’interno di ogni inquadratura, di ogni scena. Tra se stessa e un matrimonio privo di amore, Héloïse oppone il ritratto attraverso il quale scopre e sceglie di provare dei profondi sentimenti di Marianne, la quale, rappresentandola, li vive a sua volta.
Lo spettatore si ritrova immerso in una storia il cui racconto, seppur privo di adrenalinici picchi narrativi, agisce come ‘calamita’ emotiva che lo attira tra i sottili ed eleganti risvolti delle vicende.
La regia di Sciamma si muove sicura e, sebbene restituisca inquadrature e scene di lunga durata, risulta valorizzata per contrasto da un montaggio repentino, che procede per ‘scatti’, quasi imitando il gesto di una rapida pennellata sulla tela.

Si potrebbe rilevare un accenno di inerzia con cui il racconto procede nel dipanare la vicenda, ma qui il tempo è quello dell’arte, è quello scandito dalle fasi di realizzazione del ritratto e dalla lettura del mito ovidiano di Orfeo ed Euridice.
Arte e ricordo
Un film che insiste sul motivo dell’arte che invita a non rimpiangere il tempo perso ma a ricordarlo; i momenti di vita vissuti sulla scia della proibizione, del pudore, delle idee e convinzioni di rappresentazione pittorica, entrano nel dominio del ricordo, il quale coincide con quello dell’arte, capace di innescarlo e vivificarlo.
Ritratto della giovane in fiamme si lascia vedere non solo come opera impeccabile sul piano estetico, ma anche come momento di riflessione sulle capacità della ‘fictio’ narrativa dell’arte, del mito e del ricordo di rendere imperitura la gamma di emozioni umane.

