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Cinema

Ridley Scott: visioni e atmosfere del maestro del cinema5 minuti di lettura

Quando si parla delle più importanti produzioni cinematografiche dello scorso secolo, non si può fare a meno di citare titoli come Blade Runner, Alien, Il Gladiatore, G.I. Jane, e altri titoli che hanno di certo segnato la storia del cinema degli ultimi 30, o addirittura 40 anni. 

I titoli sopracitati, che potrebbero sembrare a primo impatto eterogenei, sono legati da una direzione magistrale, tutti facenti parte della lista delle più grandi opere del genio del cinema Ridley Scott. Il regista britannico, infatti, vanta una carriera dipinta di grandi produzioni dai toni, dalle tematiche, e dagli schemi narrativi profondamente diversi, produzioni che siamo però in grado di riconoscere provenienti dalla stessa fonte grazie alla mirabile cura dell’immagine e della regia di ogni pellicola. 

“Alien” disegnato da H.R. Giger, 1979 – 2017, dir. Ridley Scott

Ridley Scott: dalla fantascienza al racconto epico

Dalla produzione di Ridley Scott potrebbe non trasparire una volontà di concentrarsi su di un preciso stilema narrativo, ma al contrario la voglia di sperimentazione e la sete di novità che ha portato l’autore al racconto e alla trasposizione cinematografica di storie sempre nuove, mai temendo la scoperta di territori inesplorati, muovendosi facilmente da una pellicola di fantascienza ad un racconto storico, da una commedia ad un dramma.

In questo riconosciamo la passione per il racconto, elemento chiave del mezzo cinema, che ha spinto Ridley Scott a dar vita a storie quali Blade Runner, nel 1982 — una sceneggiatura scritta da Hampton Fancher e David Webb Peoples, liberamente ispirata al romanzo del 1968 “Il Cacciatore Di Androidi” (Do Androids Dream of Electric Sheep?) di Philip K. Dick — fino a produzioni di genere del tutto differente, quali ad esempio Il Gladiatore,  sceneggiatura ispirata al romanzo “Those About To Die” di Daniel Mannix del 1958, narrante storie dal carattere epico e storico. 

Blade Runner, 1982, dir. Ridley Scott

Scott imprime il suo personale canone stilistico non nella scelta dei racconti narrati, ma nell’estrema cura al dettaglio e nella costruzione di un’estetica capace di regalare delle atmosfere profonde ed intense, nella quale lo spettatore non fa fatica ad immergersi in maniera profonda. Il disegno preciso e premeditato di ogni inquadratura studiata dal regista nella fase progettuale è un’opera compositiva che non lascia alcun dettaglio al di fuori della sua visione, costruendo immagini che ci permettono di illuderci della veridicità degli ambienti descritti e riportati. 

«Sono sempre del parere di non esagerare con gli effetti: less is more. È come Lo squalo, il primo è il migliore, perché lo squalo lo vediamo pochissimo, il mostro non è lui, ma l’acqua»

Ha così dichiarato Scott ha Rolling Stone nel 2017, in occasione dell’ai tempi prossimo all’uscita “Alien: Covenant”. È un errore credere che questa affermazione faccia riferimento esclusivamente alla tendenza del regista al preferire il non-abuso degli effetti speciali visivi: ciò che di più importante traspare, infatti, è la capacità di percepire e a sua volta rendere l’ambientazione non solo dotata di un passivo ruolo di contorno agli eventi.

Il luogo, che sia esso luogo fisico o contesto storico, nei film di Scott è ricco di potere rappresentativo e regala allo spettatore memorie di ogni pellicola che trascendono la mera funzione di accoglienza, ma al contrario divengono veri e propri protagonisti delle vicende mostrate: così i campi di grano in Val D’Orcia nelle scene de Il Gladiatore o le ambientazioni retro-futuristiche di Blade Runner sono rimasti impressi nell’immaginario comune degli amanti del cinema regalando alla nostra cultura delle immagini ormai iconiche, parte della nostra memoria collettiva. 

Il Gladiatore, 2000, dir. Ridley Scott

Molto più di sole immagini maestose

Le grandiose messe in scena di Ridley Scott sono state spesso erroneamente scambiate per un troppo impegnato tentativo di dar importanza all’aspetto decorativo, a sfavore di una — da alcuni più ricercata — profondità nella narrazione, ma l’opera del regista è appositamente direzionata verso una volontà di creare trasporto nello spettatore tramite suggestivi climi costruiti sulla struttura di una regia che propone immagini maestose. 

Il filo conduttore che collega le diverse direzioni di Scott non passa soltanto per una messa in scena puramente ed esclusivamente estetica: l’autore, muovendosi attraverso diversi contesti spazio-temporali, ama rappresentare personaggi in balia del loro destino, spesso messi alla prova dal mondo circostante, tornando ancora una volta a parlare di quanto il contesto nel quale siamo inseriti dica di noi stessi come individui.

A questa dinamica appartiene spesso una tendenza nel mettere lo spettatore a dura prova, rendendo necessarie molteplici visioni di una stessa pellicola al fine di una sua completa digestione e comprensione: processo non immediato e a volte pericoloso, che ha portato però alcuni dei film di Scott a divenire nel corso della storia dei veri e propri cult. 

“Come puoi pensare all’Universo e non sentirti insignificante?”

É una delle affermazioni di Ridley Scott che meglio descrive l’inclinazione visionaria e sperimentale del regista, emblema di una sua filosofia alla base della dedizione alla ricerca del nuovo e dell’individualismo, del suo percorso che nel tempo ha fatto tappa su di una varietà di diversi fronti, dalla commedia al noir, allontanandolo sempre da ciò che meno ha desiderato per la sua intera opera cinematografica: un’etichetta. Così nel giorno del suo ottantacinquesimo compleanno amiamo ricordarlo, tracciando sempre nuovi personali percorsi, alla scoperta di nuove possibilità. 

Laureata in Direzione Artistica, prosegue il suo percorso formativo frequentando un Master in Curatela di Arte Contemporanea all’Università Delle Arti di Zurigo. Lavora principalmente nel mondo dell’arte e dell’editoria, scrivendo di temi quali fotografia, design, architettura, moda e cinema, le tematiche che di più la appassionano.