
Rush! dei Måneskin, un album piatto e prevedibile fatto apposta per i loro fan4 minuti di lettura
Italia, Francia, Olanda, Belgio, Lituania, Svizzera e Giappone. No, non è un girone eliminatorio dell’ultimo torneo di un qualsiasi sport (con gli asiatici fuori quota, vai a capire…) ma la lista dei Paesi in cui Rush! dei Måneskin è arrivato al primo posto una settimana dopo la sua uscita. Un risultato che ha confermato le aspettative dimostrando, qualora ve ne fosse ancora bisogno, la popolarità globale raggiunta dall’ensemble romano. E non è finita: Rush! è nella top five degli album più venduti in Gran Bretagna e negli Usa è tra i più ascoltati su Spotify. Mica male.
Parlare dei Måneskin non è cosa semplice. Di questi tempi scindere la componente mediatica da quella musicale è quanto di più arduo si possa fare. La prima supera di gran lunga la seconda, i loro volti sbeffeggianti e provocanti sono ovunque, dal web alla televisione (e tra qualche giorno saranno superospiti a Sanremo). Sulle bacheche social è una battaglia tra chi li odia e chi li esalta, da “chi si credono di essere, i Rolling Stones?” a “non capite niente, boomer“. Una delle tante guerre tra poveri che imperversano in rete.

Di sicuro i ragazzi romani si sono trovati in pochissimi anni dalle esibizioni in strada alle luci della ribalta di X Factor, dalle vittorie di Sanremo e, soprattutto, l’Eurovision del 2021 al successo planetario. Poche band al mondo sono riuscite in questo triplo salto carpiato, nessuna in Italia. Sull’ottovolante del successo hanno influito, senza alcun dubbio, un’attenta e formidabile strategia di marketing (il “matrimonio” di Roma è solo l’ultima delle trovate) compresa la viralità di molti brani (su TikTok sono dei semidei).
L’analisi del disco
Sì, ma la musica? Nel loro ultimo album Rush!, il terzo in carriera, ce n’è fin troppa. E il troppo, come spesso accade, stroppia. Un lavoro contenente ben 17 canzoni (14 delle quali in inglese) dalla durata complessiva di 53 minuti, più del doppio rispetto al precedente Teatro d’ira. Quasi un’ora di musica che, a onor del vero, sembra non finire mai. La maggior parte dei pezzi tende ad assomigliarsi tra loro, la formula del riff catchy è scontata e ritrita. Sembra quasi la maledizione di Zitti e buoni: scrivere la parte II, III, IV etc., manco fosse Rocky.
Una prova di ciò è l’iniziale Own my Mind. Non si può non battere il piede al tempo del buon Ethan Torchio, ma una volta finita non rimane più nulla. Neanche la tanto chiacchierata Gossip alza il tiro nonostante la presenza del leggendario Tom Morello (un mini assolo e nulla più).
Stesso discorso per le tre canzoni in italiano in cui, forse, si salva solo Mark Chapman, brano sui pericoli dei fan-stalker. La fine è un clone del brano sanremese mentre Il dono della vita è debole e prevedibile. Qua e là non mancano le ballatone. Timezone, If Not for You, la già citata Il dono della vita e The Loneliest, però, sono episodi banali, utili solo a spezzare l’andamento energico del disco.
Sono pochi i brani che si salvano. Kool Kids, infatti, è trascinante, da pogo, con il basso di Victoria De Angelis protagonista dall’inizio alla fine. Tra Viagra Boys e Idles la canzone convince molto, così come il vigore di Gasoline, brano antimilitarista scritto (e proposto live) poco dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Due piccole oasi in mezzo a un deserto di originalità.
Un prodotto fin troppo patinato
Per la produzione i Måneskin si sono affidati alle esperte mani di Max Martin (già collaboratore di Lady Gaga, Britney Spears, Katy Perry ecc.) e il risultato si vede. La patina pop dei brani è notevole, zuccherina e adatta per le radio internazionali. Supermodel, per esempio, brano che ha indispettito molti per un presunto riff in stile Nirvana (discorso campato in aria) sembra fatta apposta per Adam Levine e i suoi Maroon 5.
In conclusione Rush! è un disco a uso e consumo dei tantissimi fan dei Måneskin. È poco più di un onesto lavoro che sfrutta la formula musicale con cui il gruppo è arrivato al successo. Sono ancora giovanissimi e avranno il tempo per provare altre strade. Magari scontentando qualche appassionato di Mammamia et similia, ma guadagnandone altri. Staremo a vedere.

