
Penguin Bloom: storia di una disabilità e di una gazza5 minuti di lettura
Nel mese di gennaio dell’anno in corso esce su online su Netflix il film australiano Penguin Bloom con Naomi Watts. In Italia invece la pellicola diretta da Glendyn Ivin viene distribuita al cinema a partire dal 15 luglio. Il regista australiano, sempre più noto in patria come cineasta giovane e talentoso, adatta per il grande e piccolo schermo le vicende della sportiva Sam Bloom, raccontate nel libro dal titolo Penguin Bloom scritto da Bradley Trevor Greive e Cameron Bloom, il marito di Sam.
La famiglia Bloom
Siamo in Australia, in una località non nota ma vicina al mare. La casa della famiglia Bloom è ampia e illuminata dalla luce del sole che rimbalza sull’acqua del vicino oceano e passa dalle ampie vetrate.

Questa casa rappresenta l’ambientazione principale per quasi tutto il film. La propria abitazione solitamente dovrebbe essere il punto di riferimento di ogni famiglia: per la famiglia Bloom non è diverso ma la quotidianità è diventata estremamente dolorosa.
I Bloom sono una famiglia di sportivi: il padre Cameron è atletico e apprezza l’aria aperta e la fotografia, sua moglie Sam è infermiera ed è appassionata di surf e i tre figli sono vivaci e instancabili.
Quando tutto cambia…
Durante una vacanza in Thailandia però il caso vuole che qualcosa di traumatico accada: Sam cade da una balaustra vecchia e malconcia spezzandosi alcune vertebre dorsali. Dopo alcuni mesi trascorsi in ospedale la donna ritorna a casa condannata ad una vita che, da quel momento in poi, la vuole paralizzata dal seno in giù.

Cameron le offre tutto l’aiuto che può darle dividendosi fra il lavoro e la cura dei figli, ma non c’è nulla di semplice. I figli più piccoli Rueben (Felix Cameron) e Oli (Abe Clifford-Barr) sono scatenati, ancora un po’ ingenui e immaturi per capire che cosa sia accaduto alla madre. Noah invece, il figlio maggiore, è più sensibile e teme per il futuro della madre. Sembra anche nascondere dentro di sé un’altra paura che verrà espressa nel corso del film.
Sam non accetta la sua nuova vita. Non è possibile farlo.
Penguin Bloom non si sofferma in modo riflessivo e sofferto sul tema della disabilità sopraggiunta ad un incidente, ma lo tratta in modo diretto e leggero, ma non superficiale, mostrando le difficoltà dei piccoli gesti quotidiani: andare in bagno, sollevare un vassoio con dei sandwich e spostare una sedia, sono per Sam delle azioni quasi impraticabili.
La donna non riesce a reagire. L’affetto del marito e i bisogni dei figli non le sono d’aiuto. Lo stato di nuova disabilità in cui si ritrova riguarda solo lei e solo lei potrebbe ritrovare dentro se stessa un nuova spinta per ripartire.
… e arriva Penguin

Ma Penguin Bloom racconta anche la storia curiosa e grottesca di Penguin, un cucciolo di gazza ferito. Noah decide di prendersene cura e di aiutarlo a guarire prima di rimetterlo in libertà. Ma il cucciolo di gazza, una volta guarito, non vuole andarsene: ormai ha ‘scelto’ i Bloom e la loro casa come nuova famiglia e nido.

Noah decide di chiamarlo Penguin, pinguino, per i colori bianco e nero delle piume che lo rendono simile all’animale polare. Sam non accoglie positivamente Penguin. Lo reputa fastidioso e pensa sia un peso, ma sarà proprio il rapporto con l’esemplare di gazza a cambiarle la vita.
Penguin, Sam e la disabilità
In modo inaspettato Penguin sviluppa un’estrema sensibilità e premura nei confronti di Sam, la quale inizia ad uscire nuovamente di casa inseguendo le ‘capriole’ della gazza, dopo mesi di clausura che si era imposta. La cura di Penguin restituisce a Sam un nuovo, seppur frivolo, obiettivo di lavoro quotidiano. Il contatto con la gazza diventa una nuova occasione di rinascita per Sam, la quale ricomincia ad affacciarsi alla vita iniziando a svolgere uno sport alternativo al surf.

Penguin Bloom racconta non solo il destino crudele che quella balaustra malconcia ha riservato a Sam Bloom, ma anche la storia di una gazza che da animale selvatico viene allevato come fosse un animale domestico.

In questo il cinema si presenta come la tipologia di narrazione ideale: capace di procedere su più livelli di racconto, intrecciando le vicende e i destini. Che lo si guardi su Netflix o al cinema, il film con Naomi Watts, sempre intensa e in parte, offre 90 minuti di commozione, riflessione e disincanto di cui ogni tanto abbiamo bisogno.

