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Interviste

Paradiso Amaro: quando il podcast diventa digestivo.11 minuti di lettura

Letteralmente podcast sta per “Personal Option Digital Casting” e deriva dall’unione “iPod” con “Broadcast”, vale a dire la trasmissione di informazioni a un insieme di riceventi non prestabilito. Un podcast è una trasmissione radio o video, da intendere come un programma o contenuto, registrata digitalmente, resa disponibile su Internet.

Perché ci piacciono tanto i podcast? Forse perché hanno un fascino retrò. C’è qualcosa di romantico nei programmi in cui si sentono solo le voci. Ci ricordano i tempi in cui le produzioni radio e le audiocassette dominavano la scena musicale. Ci permettono di immaginare un volto in base alla sola voce. Ci permettono di apprezzare il contenuto senza distrazioni. La voce è lo strumento principale che l’evoluzione ci ha fornito per comunicare con gli altri.

Oggi, cari amici di Art Shapes abbiamo a colloquio per voi un intervistatore d’eccellenza: “Paradiso Amaro”.

Questo è il progetto di un ragazzo che crede in ciò che fa e desidera portare all’attenzione del suo pubblico argomenti, a volte anche spinosi, trattandoli nel modo più semplice possibile. Ogni puntata è incentrata su un ospite differente. L’intervista si svolge in modo familiare, conviviale, come un dopocena con amici.

Saper intervistare qualcuno, saper usare l’arte della retorica e saper creare contenuti interessanti, accattivanti, contemporanei e non cadere nelle solite banalità è a tutti gli effetti una forma d’arte.

Come vorresti fosse il paradiso?

Un dopocena a base di amari, parlando con amici.

Daniele Gaccioli
Daniele Gaccioli immortalato durante una registrazione di “Paradiso Amaro”

Nome, Cognome ed età

Daniele Gaccioli, classe 1988.

Partiamo dalla prima domanda: come ci si sente ad essere intervistato e per questa volta non condurre l’intervista?

Diciamo che provo un po’ di sentimenti discordanti: sono emozionato e anche un po’ imbarazzato, ma molto divertito!

Cominciamo dall’origine: come nasce Paradiso Amaro? Da chi?

Ci sono due momenti, e faccio un po’ come Quentin Tarantino: il primo è più recente. Circa un anno fa sono stato ospite di un amico: “Podcast clamoroso” di Gabriele Minetti. Dopo la registrazione siamo stati a parlare a lungo e mi chiese: “Scusa ma perché non fai un programma tuo?” e mi ha messo un po’ la pulce nell’orecchio.

Finché a Settembre non ho deciso di partire con questo progetto. L’idea però nasce qualche anno prima. Circa tre anni fa, dopo una cena con amici, cominciammo a farci domande a bruciapelo su diversi argomenti. Per noi è una consuetudine, un rito. Spesso dopo aver mangiato, ci sediamo intorno al tavolo, sorseggiando un buon amaro e divaghiamo facendoci domande anche strane.

Mi ricordo che io chiesi cosa fosse per loro il Paradiso e dopo svariate definizioni, anche stupide. Finché un mio amico: Maxi, che ho intervistato nella Punta #25, rispose: “Vorrei che il Paradiso fosse come adesso. Un dopocena con amici a base di amari, infinito. Un bel tavolo all’aperto, possibilmente su una terrazza genovese in estate, con quella brezza serale che quasi quasi ti metti una felpa, tanti amari fatti in casa e si parla, si beve e si scherza amabilmente.”

Cosa rappresenta questo ossimoro per te?

Nasce dalla domanda e dalla risposta. Quando andavo a scuola ho sempre trovato l’ossimoro una delle figure retoriche che preferivo. Consistente nell’accostare parole che esprimono concetti contrari. Mi piace il gioco di parole e il contrapporsi del paradiso all’amaro.

Hai sempre avuto questo interesse per le audio interviste?

Si, sono sempre state una cosa interessante per me. Ricordo l’intervista famosissima a Pier Paolo Pasolini o anche un’ intervista che mi aveva colpito tantissimo è stata quella a Fabri Fibra. Da ragazzino avevo una pessima opinione di lui in quanto persona e invece attraverso un’intervista ho scoperto un uomo molto intelligente e profondo, ma che semplicemente si esprimeva in un certo modo. Quindi mi piace molto il fatto di poter sentire persone che normalmente non avrei occasione di conoscere. Però posso anche dire che passare da una passione, un interesse, a doverle fare in prima persona, se me lo avessi chiesto un anno fa probabilmente avrei detto no, assolutamente no.

La tua voce è molto bella, hai studiato canto o teatro?

Ho studiato teatro per quattro o cinque anni in una scuola sperimentale che si chiama: “Gruppo limpido” a Genova.

Non ho studiato canto, suonavamo con gli amici, ma cantare è un’altra cosa. Il teatro che ho fatto io era molto libero era una forma di recitazione sperimentale, con una bravissima insegnante che si chiama Raffaella Russo.

Il teatro mi ha aiutato a conoscere un po’ meglio me stesso e le mie capacità, compresa la mia voce.

Per fare un buon podcast serve una specifica preparazione?

Intanto grazie per il buon podcast. Io ho sempre ascoltato un podcast che si chiama: “La riserva”, sono tre ragazzi bravissimi che parlano di calcio e da li poi ne ho ascoltati altri. Mi piace molto il modo che hanno di affrontare gli argomenti, anche al di fuori del calcio. Parlano in modo costruttivo, soprattutto tra di loro hanno degli scambi molto interessanti e cercano sempre di vedere gli argomenti da un’altra prospettiva.

Io mi ispiro a loro, mi piace incuriosire le persone su argomenti che non conoscono o che hanno affrontato superficialmente. Penso che fare un buon podcast sia un po’ come scrivere, se hai letto tanto sei magari più portato a farlo. Poi come in ogni cosa se hai del talento sei avvantaggiato e magari non si ha bisogno di una grande preparazione.

Ad esempio Joe Rogan ha avuto una preparazione, mentre tanti altri no.

E’ sempre una forma d’arte, se una persona ha talento non ha bisogno di una preparazione. Io personalmente non penso di rientrare in uno di quei casi, non penso di essere un talento però sono sicuro che dipenda dalle situazioni. Ci sono casi in cui bisogna applicarsi di più e studiare e altri in cui bisognerebbe lasciare il fiume libero di scorrere e seguire l’istinto.

Illustrazione di Santo

Nella descrizione sul vostro blog, di te dicono: “Le sue passioni sono la musica, il cibo e gli amari, ma anche il calcio, l’arte, i sondaggi e soprattutto il taglio dei tonni al mercato del pesce di Tokyo.” Vorresti raccontarci perché questa singolare descrizione?

Nasce tutto dal gruppo di eventi di cui facevo parte, a Genova, che si chiama: “Caravan Society”. Quando abbiamo dovuto inserire e scrivere le nostre biografie per il sito internet, abbiamo deciso di renderle divertenti. Tutto quello che c’è scritto è vero. Mi piace tantissimo guardare i video dei tagli del tonno al mercato del sushi. Sono un ASMR (autonomous sensory meridian response N.d.R.) per me, mi rilassano.

Mi diverte dire cose non troppo banali, ma più divertenti di me. Cerco sempre di non prendermi troppo sul serio, pur dicendo cose giuste.

I temi trattati nei vostri podcast variano, ma lo scopo principale è quello di far conoscere al pubblico i personaggi intervistati. So che di te dicono: “Una volta è stato in casa per due mesi da solo con un tavolo: è riuscito a intervistare pure quello.” Ti reputi una persona egocentrica?

Si. Assolutamente si. Il teatro mi ha insegnato a gestire il mio egocentrismo, ma ho la consapevolezza di questo quindi so quando devo fermarmi. In generale, però, assolutamente si.

Cosa deve avere per te un colloquio per essere una buona intervista?

Innanzitutto l’ospite deve essere a suo agio. Per me è fondamentale che l’ospite si senta tranquillo e libero di esprimersi. Ci sono mille modi per condurre un’ intervista, ma io preferisco seguire questo metodo perché sento delle buone vibrazioni quando l’invitato si diverte. Non mi interessa eccessivamente il risultato, ma il rapporto che si instaura tra le persone. Mi piace che ci sia una buona discussione, non tanto per il podcast ma in generale.

Come si svolge una giornata podcast di Paradiso Amaro?

Lavorando non è una sola giornata, ma diverse ore sparse per la settimana. Io mi porto avanti contattando gli ospiti delle puntate e fornendo loro un range di date papabili. Dopodiché comincio a buttare giù la puntata, facendo una scaletta. Seguo sempre alcuni punti fissi che caratterizzano i miei podcast. Ovviamente in base all’ospite strutturo le varie domande.

In fine, l’intervista vera e propria. Cerco sempre di farle dopo cena, per riprodurre quella sensazione conviviale e così ricreare l’ambiente da cui nasce l’idea. Inizialmente si chiacchiera un pochino, si introduce l’ospite e poi si parte con l’intervista, che solitamente dura un’ora o qualche minuto in più.

Hai mai pensato, in un futuro, di scrivere per un giornale o condurre un programma radiofonico?

No non ci ho mai pensato. Non credo arriverò a fare nessuna delle due cose, sicuramente sin da ragazzino ho avuto un debole per le persone che potevano parlare di musica in radio perché è una delle mie passioni più grandi, quindi anche i Dj di MTV, che ormai sono forme di vita inesistenti. Però si, parlare delle mie cose mi piacerebbe ma non credo di essere così bravo e neanche di avere la possibilità in futuro. Non ci ho mai pensato, adesso che mi ci fai pensare, mi piacerebbe la seconda, si molto però, speriamo. Non ho alcuna velleità in merito, ecco.

Se potessi intervistare un personaggio storico chi sceglieresti e perché?

Ti rispondo con il cuore, senza pensarci troppo e ti rispondo Paolo Villaggio.

Perché un’altra intervista che mi colpì molto fu proprio quella fatta a lui, in cui spiega la società.

Basti pensare ai film di “Fantozzi”. La mediocrità espressa al massimo, per rappresentare lo spaccato di un Italia anni ’70 popolata da impiegati. La genialità con cui ha portato sui libri e poi sul grande schermo, uno studio sociale approfondito. L’attenzione ai dettagli, anche i minimi, con cui caratterizza tutti i personaggi, non solo il ragionier Ugo Fantozzi. La qualità e la genuinità di una persona come Paolo Villaggio oggi mancano.

Forse perché siamo una generazione smart, abbiamo tutto a portata di mano che stiamo perdendo la curiosità. Ormai se non ci sbattono le cose in faccia, non ci interessiamo nemmeno più. Ecco perché Paradiso Amaro. Il mio scopo è quello di incuriosire i miei ascoltatori e stimolarli.

Paolo Villaggio è un personaggio con cui avrei avuto piacere di conversare davanti ad un bell’amaro, non è un personaggio molto storico, lo reputo più contemporaneo. Se invece mi chiedi di un personaggio più storico, allora direi un classico come Che Guevara che ha avuto una vita assurda e tremenda però con dei principi che ho sempre in qualche modo apprezzato.

Da cosa trai ispirazione quando conduci un’audio intervista?

L’ispirazione me la dà sempre l’ospite. Cerco sempre di fare qualche ricerca e di studiarlo prima.

Mi preparo nei giorni che precedono dell’intervista, ovviamente rispettando i limiti. E’ sempre l’ospite ad ispirarmi per creare la puntata. Sono una persona curiosa e mi piace scovare aneddoti sul protagonista del podcast, per aiutarli a raccontarsi al meglio. Mi piace immedesimarmi e quindi vorrei raccontare il percorso di vita che hanno affrontato per essere le persone che sono. Ovviamente identificandomi in loro, direi come avrei affrontato io la questione. Cerco un modo per scambiare punti di vista con l’interlocutore. O comunque cerco il modo di porre una domanda che gli permetta di esprimere la propria prospettiva su qualcosa che o si da per scontato oppure non conosciamo.

Cosa ti aspetti dal futuro?

A me piace cambiare argomento in ogni puntata. Naturalmente è impossibile fare un podcast diverso ogni volta, ma lo stesso argomento si può affrontare in modo differente. Ho fatto già alcune puntate in cui si sono toccati argomenti un po’ più pesanti, come: l’inclusività o la salute mentale. Mi sono reso conto che da parte di chi ne usufruisce, si fa più fatica a seguire l’argomento. Sicuramente, una delle ragioni è il fatto che io non sono ancora così bravo da poterne parlare bene, con i termini giusti, in libertà e in modo leggero. Quello che vorrei fare in futuro è migliorarmi al punto di parlarne in modo che sia fruibile molto facilmente e con molto piacere come tutti gli altri argomenti e puntate.

Quello che vorrei fare io, appunto è ogni tot di puntate, di affrontare argomenti un po’ più importanti. L’ho già fatto in parte e voglio farlo ancora. Spero di poterlo fare in un modo migliore di quanto ho fatto fino ad adesso.

Grazie del tuo tempo è stato un piacere.

Grazie a te e a tutti i lettori.

Saper intervistare qualcuno è arte. Senza lo studio approfondito, senza applicazione e senza curiosità, non conosceremmo tre quarti delle persone famose. Senza le nostre domande, i lettori o ascoltatori non avrebbero risposte.

“La maggior parte delle persone parla senza ascoltare. Ben pochi ascoltano senza parlare. È assai raro trovare qualcuno che sappia parlare e ascoltare.”

Bruce Lee

Divisa tra Genova e Milano Andrea, autrice di romanzi e racconti da brivido, vive con i suoi due gatti. Passa il suo tempo libero a scrivere di musica, arte e cucina. Per Art-shapes intervista volti nuovi.