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Al Museo Diocesano di Milano gli scatti dei Sony World Photography Awards 20234 minuti di lettura

Da ieri 16 giugno, il Museo Diocesano di Milano ospita la mostra italiana dei Sony World Photography Awards, confermando così la volontà di mantenere l’attenzione espositiva sulla fotografia, dopo le sorprendenti personali di Elliott Erwitt e Robert Doisneau.

Un concorso inclusivo

Un concorso prestigioso e al tempo stesso inclusivo, promosso dalla World Photography Organisation, che affronta le tematiche più urgenti del mondo contemporaneo come la crisi climatica e l’ambiente, la geopolitica, le migrazioni, il lavoro, l’innovazione digitale. Composto da quattro diversi Awards, il concorso non coinvolge solo professionisti, ma si estende anche a studenti e under 18, attraverso le categorie Student e Youth. A questa sua sedicesima edizione, la competizione gratuita ha visto la partecipazione di oltre 200 paesi in aree geografiche differenti.

La curatrice del percorso al Museo Diocesano, Barbara Silbe, ha sottolineato la varietà di stili, di storie e di punti di vista che caratterizzano i progetti vincitori. Un’eterogeneità che testimonia quanto sia necessario intendere le differenze come una ricchezza, una forza che genera creatività, in grado di trasmettere un vasto spettro di emozioni.

Tra le 160 fotografie esposte, nelle quali si riconoscono culture, luoghi, tradizioni differenti con un’ampia scelta di tecniche fotografiche e tagli autoriali, bisogna tuttavia riconoscere una certa e insistente presenza: quella di un mondo che ci appare sempre più alla deriva.

Sono molti i progetti dedicati ai conflitti ancora in atto, alle conseguenze del cambiamento climatico o del sempre crescente aumento demografico, alla povertà e alla mancata tutela di minoranze etniche e di genere.

I progetti premiati

È infatti il tributo all’amico e fotoreporter Anton Hammerl, ucciso durante la guerra civile libica, a portare Edgar Martins a vincere il titolo assoluto di Photographer of The Year con Our War. Nell’impossibilità di rinvenire i resti di Hammerl e di onorarne così la morte, il fotografo portoghese ha deciso di narrare l’assenza e il lutto tramite altri corpi, prove, tracce di vita e di morte. Una morte che solamente generando memoria può essere vinta.

© Edgar Martins, Our War, Photographer of the Year,
Sony World Photography Awards 2023

Nella serie Afghanistan’s Girl Athletes, Ebrahim Noroozi ci racconta le imposizioni del regime talebano in Iran, per il quale le donne non possono più praticare sport, frequentare le università, i parchi e le palestre. Una riflessione sulla minaccia delle politiche totalitarie, più che mai presenti e forti.

Anche la recente pandemia, dato il suo impatto su scala mondiale, trova spazio al centro di uno scatto tra i più eloquenti del concorso. Vincitore nella sezione Youth, Hai Wang, 16 anni, ritrae una cerimonia di apertura di una scuola in Cina per la quale si prevedeva una partecipazione di oltre 2.000 persone. Invece vediamo solo file perfettamente ordinate di sedie dai colori vivaci, surreali, vuote e solitarie. Come tutti noi, chiusi nelle nostre case e costretti alla distanza dal mondo esterno.

© Hai Wang, China Mainland, Youth Photographer of the Year,
Sony World Photography Awards 2023

Non mancano comunque i progetti che trasmettono la speranza e la volontà di andare controcorrente, nello sforzo comune di tutelare i diritti imprescindibili dell’uomo e di questo Pianeta, su cui dovremmo sentirci ospiti anziché padroni.

Il lavoro di Alessandro Cinque è uno di questi, proclamato vincitore del Sustainability Prize. Il premio, ideato in collaborazione con la United Nations Foundation e l’iniziativa Picture This di Sony Pictures, premia le storie, le persone o le organizzazioni che, con le loro azioni, perseguono uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.

Al primo posto nella fotografia documentaria, gli scatti di Hugh Kinsella Cunningham ci mostrano il lavoro delle attiviste che, nella Repubblica del Congo, cercano di contrastare pacificamente i ripetuti soprusi e il caos generato dalle milizie. Il contributo delle donne alla pace è vitale e tuttavia invisibile.

© Lee-Ann Olwage, The Right to Play

Infine Lee-Ann Olwage lavora a stretto contatto con associazioni in Kenya per creare un ambiente favorevole alla crescita e all’educazione delle ragazze, riducendo la possibilità di matrimoni precoci e violenze. In The Right to Play vuole rappresentare proprio questo, un mondo giocoso e sicuro in cui ogni essere umano può sognare il futuro che merita.

Sony World Photography Award 2023
16/06/2023-3/09/2023
Museo Diocesano Carlo Maria Martini

Laureata magistrale in Storia dell'Arte, crede fortemente nella cultura come motore del quotidiano. Ama il cinema fin dai suoi albori, la musica in ogni sua forma, la fotografia, la conoscenza. Scrive soprattutto di Arte, quella cosa capace di parlare dell'essere umano nella sua complessità.