
Tania Bruguera al PAC di Milano con una mostra che scuote corpo ed emozioni6 minuti di lettura
PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ospita fino al 13 febbraio la mostra “La verità anche a scapito del mondo”, dell’artista cubana Tania Bruguera.
Il percorso espositivo, curato da Diego Sileo, riunisce alcune delle più importanti opere dell’artista, riunite per la prima volta in una grande mostra in Italia. All’interno del museo milanese sono presenti anche alcuni lavori inediti e altri ri-attivati per questa occasione.
Tania Bruguera e l’Artivismo
Nata a L’Avana, Cuba, nel 1968, Tania Bruguera è oggi considerata una delle artiste contemporanee più influenti. La sua carriera si intreccia fin da subito con l’attivismo e l’impegno sociale.
Nelle sue opere e performance tratta di temi quali diritti umani, condizioni delle minoranze, libertà d’espressione, dittature, conflitti e migrazioni.
Artivismo è il termine utilizzato dall’artista per definire il proprio progetto: né solo arte, né solo attivismo, bensì l’unione di entrambi che però va oltre i singoli elementi.
Attraverso il linguaggio creativo, Bruguera vuole denunciare tutte quelle situazioni di ingiustizia e compiere un cambiamento sociale.
A partire dagli anni Duemila introduce una componente partecipativa nei suoi lavori. Essi, infatti, funzionano e vengono attivati solo se c’è la presenza di una comunità scelta e la partecipazione degli spettatori.

Tabla de salvación, 1994
La mostra al PAC, tra riflessione storica e pensiero critico
La mostra possiede uno spiccato intento politico, chiaro fin dal titolo. Esso, infatti, rimanda a un’intervista della filosofa Hannah Arendt (1906-1975), conosciuta soprattutto per le sue riflessioni sui totalitarismi del ‘900.
Il richiamo alla verità (anche a scapito del mondo) vuole essere un invito rivolto ai visitatori affinché imparino a esercitare il proprio pensiero critico, avendo maggior consapevolezza della realtà che li circonda. Ma anche a sviluppare empatia e sensibilizzarsi nei confronti delle difficoltà che provano gli altri essere umani.
La figura della Arendt torna anche nella prima opera che il visitatore incontra: Where your ideas become civic actions. Una sedia di legno, un microfono e una copia de “Le origini del totalitarismo”, scritto appunto dalla filosofa.
Si tratta di un’opera che richiede la partecipazione attiva del visitatore, invitato a sedersi e leggere un brano del testo. Un monito per tutti: comprendere le crudeltà e le minacce dei totalitarismi è un dovere civico, così come prendere una posizione e attivarsi in modo concreto.
Gli altri lavori esposti portano l’attenzione su questioni urgenti del nostro tempo, dalle migrazioni alla questione palestinese.

Arte come mezzo di denuncia
Una riflessione particolarmente interessante è quella fatta da Bruguera su identità nazionale e il rapporto tra cittadini e Stato a partire dall’elemento della bandiera.
Due sono le opere al PAC in cui compaiono altrettante bandiere. La prima è quella dell’Unione Europea in The poor treatment of migrant today will be our dishonor tomorrow. Insieme alle stelle sullo sfondo blu compare anche del filo spinato. Bruguera vuole criticare la gestione dei flussi migratoti da parte dei Paesi europei che, invece di soccorrere e ospitare, costruiscono muri e barriere alle frontiere.
Il fatto che questo trattamento sarà considerato in futuro un grande disonore è ribadito e reso ancor più potente dal parallelismo che l’artista traccia con l’Olocausto. Il filo spinato, infatti, è stato cucito da tre sopravvissuti ad Auschwitz e Mauthausen oltre che da figli di deportati durante la Seconda Guerra Mondiale.

La seconda bandiera è quella di Estadìstica/Statistics, esposta qui di nuovo dopo 30 anni di irreperibilità. Creata su modello di quella cubana, la bandiera è stata realizzata a partire da ciocche di capelli donate da cittadini e cittadine dell’isola.
Tradizionalmente simbolo dell’unità e dell’identità nazionale (con tutti i valori che ne conseguono), in questi due casi esse diventano mezzo per denunciare le ingiustizie a danno dei migranti e stendardo funebre per Cuba con tutte le sue contraddizioni e questioni irrisolte.

Mettere in gioco il corpo e le emozioni
“La verità anche a scapito del mondo” è una mostra che davvero fa riflettere. Davanti alle opere di Bruguera è impossibile non pensare a ciò che altri stanno subendo, non interrogarsi sul proprio posto nel mondo, sulla propria condizione e su cosa si può fare concretamente per essere cittadini e persone migliori.
La mostra, però, richiede anche una partecipazione attiva proprio per quanto riguarda il corpo e la presenza fisica dello spettatore. Alcune opere e performance, infatti, si attivano e hanno senso solo se il visitatore decide di mettersi in gioco. Sono lavori che agiscono sui sensi e sull’emotività.
Così accade, ad esempio, in Stanza del pianto. Una camera completamente bianca e vuota in cui, attraverso delle fessure, è rilasciato un composto al mentolo che induce la lacrimazione.

All’ingresso un numero viene impresso sulla mano del visitatore: è il numero di persone che hanno attraversato il mediterraneo nel corso dell’anno (più di 5000 a fine gennaio).
La lacrimazione e “l’empatia forzata” – come Bruguera stessa l’ha definita – possono trasformarsi in qualcosa di autentico e la permanenza nella stanza può diventare l’occasione per condividere con sconosciuti emozioni e sentimenti.
Quella al PAC è una mostra che scuote. Bruguera chiede ed esige che il visitatore prenda parte all’atto artistico. Questa non è una novità per l’artista cubana, la quale già nel 1999 aveva coniato l’espressione Arte de Conducta (Arte del Comportamento).
Con il termine si intende un’arte che utilizza i comportamenti e gli atteggiamenti sociali. Al pubblico viene richiesta un’azione per completare il significato dell’opera.
Quest’ultima, infine, non consiste tanto in oggetti materiali ma nell’esperienza scaturita dalla sua fruizione, nel cambio di comportamenti e nella messa in discussione di se stessi.

