
Short-circuits: i cortocircuiti di Chen Zhen in mostra all’Hangar Bicocca10 minuti di lettura
Pirelli Hangar Bicocca ospita ancora per pochi giorni (fino al 6 giugno) la mostra “Short-Circuits” dell’artista cinese Chen Zhen (Shanghai 1955 – Parigi 2000), curata da Vicente Todolì insieme a Xu Min, moglie e collaboratrice dell’artista.
La mostra, una retrospettiva che riunisce per la prima volta 24 grandi installazioni realizzate dal 1991 al 2000, è concepita come un’esplorazione e immersione nella ricerca artistica di Chen Zhen.
Il titolo fa riferimento al metodo creativo sviluppato dall’artista cinese e definito appunto come “fenomeno del cortocircuito”: come spiega Todolì, il cortocircuito è «il big bang, l’esplosione della creatività», avviene quando due esperienze contrapposte si incontrano e scontrano.
Chen Zhen
Nato a Shanghai nel 1955 da una famiglia di medici, Chen Zhen cresce in Cina nel pieno della Rivoluzione Culturale lanciata da Mao Zedond. Si laurea alla Shanghai School of Fine Arts and Crafts e si specializza in scenografia. All’età di 25 anni riceve la diagnosi di una malattia incurabile (una forma autoimmune di anemia emolitica) con una aspettativa di vita di soli 5 anni. La notizia scuote completamente l’artista, il quale decide di trascorrere tre mesi con i monaci in Tibet, dedicandosi alla meditazione, alle pratiche ascetiche e al mondo spirituale.
Successivamente si trasferisce a Parigi; decisione che avrà un grande impatto sia sulla sua vita sia sulla sua arte. Nella capitale francese, infatti si scontra con una cultura assai diversa da quella cinese e affronta diversi problemi anche di natura economica.
Continua a studiare belle arti ma, in questi anni, abbandona la pittura e inizia a realizzare opere multidimensionali e immersive: installazioni in cui unisce e accosta oggetti di uso quotidiano – letti, sedie, tavoli, elettrodomestici ecc. – dando loro una nuova vita e privandoli allo stesso tempo del loro significato originario.
Cortocircuito, quindi, non è solo quello culturale, dovuto al trasferirsi in nuovi luoghi e all’incontro di nuove culture, ma anche quello causato dallo spostamento di oggetti di uso quotidiano fuori dal loro contesto di utilizzo abituale, che crea spaesamento in chi osserva.

Cortocircuiti e transesperienze
La definizione di “cortocircuito” acquista maggiore forza e significato alla luce delle vicende personali di Chen Zhen: le sue opere incorporano il suo vissuto, combinano le varie esperienze, ciò che egli è e ciò che ha imparato, il prima e il dopo, Oriente e Occidente, la tradizione estetica cinese e quella dei paesi in cui ha vissuto (l’artista è una delle principali figure a superare il divario estetico tra Oriente e Occidente negli anni ’80).
Così come nella sua vita, anche nelle sue opere l’artista riesce a far convivere mondi diversi, unendoli e passando da un polo all’altro in modo fluido.
I vari opposti, infatti, non sono mai contrapposti, non si scontrano; al contrario si tratta di intrecci, contatti, scambi e influenze reciproche. È il bilancio di elementi in apparenza antitetici (quasi come fossero yin e yang) che ispira la creazione artistica.
Si arriva così a un ulteriore concetto chiave nell’arte di Chen Zhen, ossia quello di “transesperienza” che «sintetizza in modo efficace e profondo le diverse esperienze vissute quando si lascia la terra in cui si è natie ci si sposta da un luogo all’altro».
Short-circuits: un viaggio tra i temi dell’arte di Chen Zhen
Nelle sue opere Chen Zhen tratta una varietà di temi davvero impressionante: dalle questioni di politica internazionale alle emozioni e stati d’animo intimi, dalla globalizzazione al consumismo, dalla spiritualità alla posizione dell’uomo nella società, dal rapporto con la natura alla fragilità dell’esistenza.
Malattia, medicina, cura e fragilità
La sua intera produzione, come già detto, è segnata dalla vicenda personale: la malattia e il periodo trascorso in Tibet fanno nascere nell’artista l’interesse per la medicina, sia orientale che occidentale, e per i diversi approcci proposti.
Questo tema si ritrova fin dalla prima opera che il visitatore incontra durante la mostra: “Jue Chang, Dancing Body – Drumming Mind (The Last Song)”. Si tratta di una grande installazione costituita da sedie, sgabelli e letti – che rimandano all’adolescenza dell’artista quando era spesso costretto a letto malato – ricoperti di pelle. Grazie a questo elemento l’opera ricorda gli strumenti a percussione ed è anche concepita per essere attivata e suonata attraverso movimenti che rimandano al massaggio tradizionale cinese

La malattia, unita al tema della fragilità umana, torna in altre tre opere presenti all’Hangar: “Crystal Landscape of Inner Body”, “Lumière Innocente” e “Crystal Gazing”.
La prima opera fa parte di una serie di 12 lavori (corrispondenti agli altrettanti segni zodiacali cinese), in cui Chen Zhen mostra anche il suo interesse per il corpo umano: riproduzioni in cristallo dei principali organi interni sono poste su tavoli di metallo, con un rimando sia agli studi scientifici sia alle nature morte. La fragilità e la purezza del materiale richiamano alla precarietà dell’esistenza; tuttavia, l’artista vuole dare un’immagine del corpo umano come un complesso armonico, in cui tutti gli elementi sono importanti e indispensabili per il corretto funzionamento.

Trasparenza e fragilità si riscontrano anche in “Lumière Innocente”: un lettino da bambino sospeso e avvolto da tubi luminosi impiegati in ambito medico.
“Crystal Gazing” appare come un’enorme goccia formata da file di perline di legno, al cui interno è appesa una boccia di cristallo contenente una soluzione fisiologica. Di nuovo tornano i temi di fragilità, cura e diagnosi.
Inoltre, le perline di legno sono un riferimento sia all’abaco, strumento usato in Cina per contare fin dall’antichità, sia i rosari buddhisti: in questo modo emergono i due aspetti della vita umana – materialità e spiritualità.
Arte come medicina e cura
L’ultima opera presente che si ricollega a questi temi è “Obsession de longevité”. Si tratta di un duplice ambiente, da una parte un materasso da agopuntura, dall’altra un laboratorio pieno di strumenti ed elementi legati alla medicina tradizionale cinese, collegati da uno stretto passaggio. I due ambienti simboleggiano il paradosso insito nella vita umana: la consapevolezza che l’esistenza è piena di sofferenze, ma, allo stesso tempo, il desiderio di prolungarla.
Davanti a questa installazione, forse più che ad altre, si comprende il desiderio di Chen Zhen di assimilare arte e medicina, di fare della creazione artistica un processo di guarigione.

Consumismo, capitalismo e spiritualità
L’altro grande filone tematico coperto dalla mostra è legato, invece, all’indagine sulle trasformazioni del mondo moderno e ai cambiamenti che la Cina stava vivendo all’epoca.
Così in “Fu Dao / Fu Dao, Upside-down Buddha / Arrival at Good Fortune” l’artista riflette sulle contraddizioni della società cinese, sempre più caratterizzata da uno sfrenato consumismo, eppure ancora legata ai valori del Buddhismo, che predica il distacco dai beni materiali. Il titolo gioca sull’omofonia degli ideogrammi fu dao “fortuna sottosopra” e fu dao “arrivo della fortuna. Il duplice senso può essere tradotto anche come “Buddha capovolto”, espressione che è stata presa alla lettera inserendo statuine votive a testa in giù.

“Prayer Wheel – Money makes the Mare Go” si presenta come un igloo di grosse dimensioni, un guscio di carta, al cui interno numerosi abachi e calcolatrici formano una struttura simile alla ruota di preghiera tipica del buddhismo tibetano. È presente, quindi, una dimensione di spiritualità e trasformazione; tuttavia l’abaco allude anche al calcolo economico dimostrando come ormai il capitalismo sia diffuso come un vero e proprio credo religioso in cui il benessere materiale è il fine ultimo.

La riflessione sul mondo moderno continua anche in “Daily Incantations” in cui 101 vasi da notte – posti in semicerchio a formare una struttura simile a uno strumento musicale tradizionale cinese – simboleggiano gli scarti prodotti dalla società; e in “Perseverance of Regeneration” che evidenzia sia i comportamenti consumistici, sia le preoccupazioni dovute allo sviluppo accelerato della produzione di massa e allo sfruttamento delle risorse naturali.

Trasformazioni sociali, globalizzazione e politica
Nelle sue opere, come abbiamo visto, Chen Zhen non tratta solo della dimensione intima dell’uomo ma anche di questioni sociali e di portata internazionale.
La politica e i suoi giochi di potere sono presenti in “Round Table”, un grande tavolo rotondo in legno al cui centro sono incisi alcuni punti fondamentali della Dichiarazione universale dei Diritti degli Uomini. 29 sedie, di tipologia e provenienza diverse, sospese intorno al tavolo, simboleggiano gli altrettanti stati membri.

Vi è quindi un rimando ai tavoli di negoziazione internazionali, con le loro discussioni, trattative e scontri, ma anche alla tavola delle feste cinesi, luogo invece di gioia, scambio e condivisione.
In “The voice of Migrators” l’attenzione viene posta sulle trasformazioni sociali: un grande globo ricoperto di stoffa, da cui emergono alcuni altoparlanti che trasmettono le testimonianze di migranti che si trovano in Francia, intervistati dall’artista sulle loro esperienze di vita e condizioni in un paese straniero.

Purificazione
La mostra si chiude con “Jardin – Lavoir”, un “giardino meditativo” composto da 11 letti trasformati in vasche da bagno colme di oggetti di uso quotidiano. Attraverso un impianto idraulico l’acqua scende su questi oggetti, considerati emblema della nostra società contemporanea, diventando simbolo di purificazione.

La possibilità di purificazione e decontaminazione dell’uomo è presente anche in “Purification Room” (anch’essa presente nella mostra) realizzata l’anno della scomparsa dell’artista e ultima di una serie di lavori in cui l’argilla viene usata come sostanza in grado di purificare e preservare il presente.


