
Marianna de Leyva: chi era davvero la Monaca di Monza?6 minuti di lettura
“La sventurata rispose”, conosciamo tutti i versi con cui Alessandro Manzoni riassume la figura più affascinante e misteriosa dei Promessi Sposi. Si tratta di Gertrude, detta la Signora, suora del monastero di Santa Margherita a Monza.
Il Manzoni ritrae Gertrude come una donna nobile, acuta e potente, ma segnata nel fisico e nella mente da un terribile segreto, che serba con orgoglio e ferocia: da anni infatti la donna ha intessuto una relazione clandestina con Egidio, un uomo spregiudicato che non esita anche a uccidere per mantenere segreta la tresca con l’affascinante monaca di Monza.

Il personaggio della Signora di Monza non è frutto della fantasia di Manzoni, ma si tratta di un personaggio realmente esistito, la cui turbolenta storia ha scandalizzato il Seicento lombardo. Marianna de Leyva, questo il vero nome della donna, nasce a Milano nel 1575, in un luogo molto particolare: Palazzo Marino, oggi sede del Municipio della città.
La ragazza rimane orfana di madre in tenera età, venendo destinata dal padre e dalla zia alla carriera ecclesiastica. L’educazione della piccola Marianna volgerà esclusivamente alla religione e alla fede, persino negli abiti delle sue bambole, tutte vestite da monache.
Nel 1589, a soli sedici anni, Marianna prende i voti e diventa suor Virginia, adottando il nome della madre. Nonostante non fosse mai stata ordinata badessa, la donna divenne ben presto la figura più eminente del monastero urbano di Santa Margherita, tanto da essere soprannominata “la Signora”.
La potente monaca di Monza nulla poteva però contro il fascino dell’uomo che viveva accanto al monastero, Gian Paolo Osio. L’amore tra i due iniziò tramite uno scambio di lettere durato mesi, fino ad arrivare agli incontri clandestini nella cella della suora. Nel 1604 nacque una bambina, Alma Francesca Margherita, cresciuta dal padre e accompagnata spesso a fare visita alla madre in convento.
Nel corso degli anni la tresca venne ovviamente scoperta, ma ben poco potevano le ingenue converse contro la spietata determinazione di Marianna e Gian Paolo. Furono almeno cinque le consorelle della Signora a essere uccise da Osio per evitare lo scoppio dello scandalo, nascondendo i corpi nell’orto del monastero o gettandoli nel fiume.
Nel 1607 la notizia arrivò comunque alle orecchie delle autorità, che arrestarono suor Virginia. La donna, nonostante avesse cercato di difendersi con una spada, venne prelevata dal convento e condannata a essere murata viva in una cella del convento di Santa Valeria, con il solo accesso di uno sportello per cibo e acqua. Marianna rimase reclusa quattordici anni, fino al 25 settembre 1622, quando ricevette la grazia da parte del Cardinale Federico Borromeo.
Gian Paolo invece morì poco dopo il processo, ucciso dagli amici a cui aveva chiesto asilo a Milano, probabilmente per riscuotere la taglia che pendeva sulla sua testa.

La figura di Marianna de Leyva ha attraversato i secoli, colpendo la fantasia dello scrittore Alessandro Manzoni, che restituì alla storia la figura della Monaca di Monza nel romanzo più celebre dell’Ottocento italiano: I Promessi Sposi.
La Signora di Monza di Giuseppe Molteni: un ritratto fedele a tre secoli di distanza
Dalla figura di Gertrude, così misteriosa e affascinante, il pittore romantico Giuseppe Molteni ha tratto il suo dipinto del 1847, La Signora di Monza, un magnifico olio su tela conservato nei Musei Civici di Pavia. Il dipinto venne commissionato all’artista dal collezionista Giuseppe Marozzi, affascinato dalle storie di donne tormentate, come la protagonista de L’Accusa segreta di Hayez, altro prezioso pezzo della collezione del ricco pavese.

Le storie di amori clandestini e vietati erano molto in voga nel Romanticismo, sia pittorico che letterario. I Promessi Sposi era stato pubblicato nel 1842, con un enorme successo di pubblico e critica. I protagonisti del romanzo non potevano che diventare quindi i soggetti preferiti da artisti e intellettuali lombardi. Sono molte le rappresentazioni di Renzo, Lucia, Don Rodrigo, Fra’ Cristoforo e L’Innominato. Anche della scandalosa figura della Monaca di Monza non mancarono le rappresentazioni pittoriche, ma tra tutte è quella di Molteni ad aver impresso nell’immaginario collettivo la figura di una donna che fin dall’infanzia è stata costretta a piegarsi ai voleri di un’epoca che non le apparteneva e di una vocazione che non sentiva.
Nell’opera la suora è ritratta nella sua cella, decorata con oggetti preziosi per sottolinearne l’alto lignaggio. In primo piano si trova un crocifisso in avorio, conservato ora presso il Museo Poldi Pezzoli di Milano e probabilmente di proprietà del committente.
La Signora di Monza allontana lo sguardo dall’oggetto sacro, con un’espressione di delusione e rabbia magistralmente riportata da Molteni. In quello sguardo, come nella brevissima descrizione di Alessandro Manzoni leggiamo tutto il tormento della donna, costretta a prendere i voti contro la sua volontà e segretamente innamorata di un uomo con cui non potrà mai vivere alla luce del sole.
La resa perfetta del duro scapolare che la costringe e del rigido velo che le cade sulle spalle enfatizzano ancora di più quel riccio di capelli che sfugge dalla cuffia, come un atto di ribellione.
Il dipinto vuole anche trasmettere un messaggio di moralità, così come Manzoni si serve del personaggio per affrontare due temi a lui cari all’interno del romanzo: l’oppressione della figura della donna e la forza del pentimento e del perdono.
Gertrude ha commesso un peccato mortale, avviando una relazione carnale con un uomo; ma sia il pittore che l’artista intendono sottolineare il senso di colpa della monaca nei confronti di Dio, che la porteranno a redimersi. Non sappiamo se Marianna De Leyva fu realmente pentita di quell’amore che le costò 14 anni di reclusione, sappiamo però che la sua forza e il suo spirito di ribellione le hanno permesso di sopravvivere nei secoli; onore concesso a pochissime donne.

