
Miart 2023: uno sguardo agli artisti6 minuti di lettura
Milano è in fermento: Art week prima, Design week dopo.
Gli appuntamenti sono così tanti che bisogna cominciare a essere sinceri. Se è vero che le giornate durano 24 ore, risulta impossibile vedere tutto ed essere dappertutto, consapevolmente.
Per il momento ci limiteremo a parlare della fiera contemporanea diretta da Nicola Ricciardi e ormai tappa fissa tra gli eventi di aprile. Dopo averla visitata, c’è chi stila la classifica dei migliori stand, chi critica o celebra l’edizione con le sue diverse sezioni e partecipazioni; noi abbiamo voluto scovare tra i corridoi di miart 2023 alcuni artisti, nuovi e non, per approfondirli.
Perchè è insindacabile che sono le Gallerie a partecipare, allestire e vendere, ed è vero che quest’ultimo è lo scopo principale di ogni fiera, ma è anche vero che non si potrebbe fare nulla di tutto ciò senza la materia prima offerta dalle opere dei creativi.
Shafei Xia
Nasce a ShaoXing, in Cina nel 1989. Dopo la laurea si trasferisce a Shangai e poi a Bologna, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Negli anni sviluppa uno stile assolutamente personale e allo stesso tempo carico di un riconoscibile orientalismo. Le sue opere sono impertinenti, piene di personaggi sensuali e piccoli oggetti da scoprire; un mondo irriverente tra porcellane e acquarelli.
L’erotismo non è celato, ma è sempre mediato dall’ironia e da elementi inaspettati. La delicatezza è ovunque, nelle tigri in cui l’artista stessa si riconosce, nelle curiose ambientazioni, nel trattamento dei volti, nei corpi umani e animali. La trovate da P420.

Giulia Cenci
Tra i suoi artisti, SpazioA propone Giulia Cenci (Cortona, 1988), giovane nota per le opere scultoree e installative. Tanti i suoi traguardi, tra cui il Premio Cairo e la partecipazione alla 59a Biennale di Venezia.
È davvero difficile descrivere a parole il suo lavoro, ma dal confronto con le sue creazioni ne usciamo sempre in qualche modo vinti.
Perchè la concretezza dei materiali si impone nello spazio e ci pervade, nonostante l’assenza di figurazione e di intenti didascalici, il lavoro di Giulia Cenci riflette su un tempo in continuo divenire, sulla transitorietà, sulla decadenza, che si innesta sulla radici della vita.
Ciò che percepiamo come inquietante, disturbante, non è altro che la commistione tra naturale e artificiale, tra identità e ostilità, un perfetto specchio della realtà che abbiamo costruito e in cui devono convivere la nostra umanità e il continuo processo tecnologico.

bolgia – guardiano #2, metallo, resina acrilica, fibra di vetro, pittura al quarzo, 2022
Pae White
La posizione un po’ defilata della sua opera low winter moon (2023), non impedisce di rimanerne incantati. Pae White (Pasadena,1963), proposta fedelmente da Kaufmann Repetto, vive e lavora a Los Angeles. La sua sperimentazione con i materiali è innegabile. Le installazioni che crea sembrano prodotti artigianali che sapientemente sfruttano neon, poliestere, lurex, tessuti, ma anche software di ultima generazione, come accadeva per alcune creazioni esposte nella personale Demimondaine (2017). White costruisce un caos perfettamente equilibrato, sospeso nello spazio, tutto da guardare come un coloratissimo mobile di Calder.

Jody Paulsen
Corpi coloratissimi e stravaganti le cui parti, irregolari e contrastanti, sono state cucite insieme. Questa la serie dell’artista Jody Paulsen (Cape Town, 1987), presentata dalla Galleria Smac di Cape Town. Un collage di tessuti diversissimi che prendono ispirazione da celebrity e conoscenze personali dell’artista, creando nuovi ritratti, sguardi e pose audaci. Conosciuto soprattutto per l’abile utilizzo del feltro, Paulsen rimane vicino alla cultura gay e queer, affrontando tematiche come l’inclusione, il consumismo e la globalizzazione.

Dee Ferris
Perfettamente inserite nel dialogo tra pittura e scultura, creato dalla Galleria Corvi-Mora, le tele di Dee Ferris (Paulton, 1973) ipnotizzano. Sospese tra astratto e figurativo, le opere dell’artista britannica, costruiscono un tempo sospeso in cui rimaniamo a galleggiare. Il colore è immersivo eppure cola sul fondo della tela, quasi a ribadirne la dimensione di sogno, di illusorietà.

Beatrice Meoni
Anche questa volta esposta da Cardelli e Fontana, Beatrice Meoni (Firenze, 1960) conferma il legame della sua pittura con la scrittura e la poesia, con le tradizioni e il teatro, fonti di ispirazione per le sue opere. Le parole però, nella sua produzione artistica, si trasformano e diventano oggetti sospesi nel tenue colore di fondo.
Piccole scarpe, vestiti, fogli, piedi, occhi si predispongono alle più svariate letture, perchè parziali e non ancora risolti, “sono l’incipit di una raccolta di pensieri” in cui all’artista piace soggiornare.

olio su tavola e creta, 2023
Peter Ojingiri
Ancora agli inizi ma promettente, questo artista nigeriano classe 1997 si distingue per la pittura dai colori sgargianti, affiancata ad elementi tradizionali ed etnici. Il suo ultimo lavoro, rappresentato dalla Galleria 1957, utilizza l’immaginario del folklore africano ed è incentrato sul destino intrecciato delle persone di colore, prima e dopo il contatto con l’Occidente. Ojingiri indaga la figura, con l’utilizzo di volti-maschere lontani dall’iperrealismo a cui siamo abituati. Con i personaggi delle sue tele riflette direttamente sul senso di identità, spesso distrutta da pregiudizi sociali e razziali, con la speranza che in futuro possa essere possibile ricostruirla e recuperarla in modo autentico.

Buon weekend di Art week a tutti i lettori di Art Shapes!
Nell’immagine di copertina:
Pieter Jennes, The earth is a fresh planet, olio e collage su tela, 2022. Courtesy Gallery Sofie Van de Verde.

