
Memorie di una Geisha: recensione del film di Rob Marshall4 minuti di lettura
Memorie di una Geisha (2005) si apre in Giappone, nel 1929. in un piccolo villaggio di pescatori conosciamo le sorelle Chiyo ‒ Zhang Ziyi ‒ e Satsu. Tutto sembra procedere in modo tranquillo, ma quando la madre muore per una grave malattia, il padre è costretto a vendere le sue figlie. Satsu, la più grande, viene portata in un bordello; Chiyo, una bellissima bambina di nove anni con gli occhi azzurri, è destinata a entrare in un’okiya, una casa di geishe.
Chiyo, però, non è felice lì: l’amministratrice della casa la tratta male e la geisha che abita con loro, Hatsumomo ‒ Gong Li ‒ è viziata e spregevole. Al punto da sfruttare la piccola Chiyo, spaventata e appena arrivata, costringendola a farle da schiava, promettendole di farle rivedere la sorella più grande in cambio di obbedienza.
I giorni passano e Chiyo non sopporta più la cattiveria di Hatsumomo, provando più volte a scappare, senza successo. Quest’ultima fa di tutto per metterla in cattiva luce, dal momento che non può accettare che una rivale così temibile, soprattutto per la rarità dei suoi occhi azzurri, possa un giorno rubarle pretendenti.
Per fortuna, le sventure di Chiyo non sono destinate a durare a lungo. La protagonista viene notata da Mameha (Michelle Yeoh), una geisha estremamente rispettata e influente nella provincia. Una donna intelligente, elegante e dalle buone intenzioni, che prende la piccola sotto la sua ala.

La figura della geisha nella storia
Le prime attestazioni che riguardano le geishe comparvero nel 1600. La tradizione prevedeva che il percorso di formazione iniziasse da bambine: le candidate imparavano attività domestiche e di intrattenimento. Un processo lungo e complesso, che nel film viene descritto in modo approfondito. Chiyo non fa la stessa fine della sorella proprio perché, essendo più piccola, è ancora in tempo per apprendere tutto ciò che le serve per diventare una geisha.
Nel corso del film, diviso in tre parti, la protagonista subisce un cambiamento estremamente significativo. Nella prima parte, Chiyo è una bambina ribelle che non ha nessun interesse per il nuovo mondo in cui è entrata. Ciò che le importa è solo ritrovare la sorella. Nella seconda parte, Chiyo cambia casa e va a vivere con un’altra donna che si rivelerà per lei un mentore da cui apprenderà come diventare una geisha formidabile, la più desiderata dell’hanamachi (quartiere di geishe). Nella terza e ultima parte, la sua vita cambierà di nuovo a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale. La vita di Chiyo, ormai da tempo detta Sayuri, da lussuosa passa a essere di stenti, ma con una particolarità: la ricongiunzione di un amore.
Un amore a destinazione
Chiyo è molto piccola quando incontra per la prima volta il direttore generale ‒ Ken Watanabe. Un uomo che le resterà nel cuore per tanti anni, grazie ai modi gentili e il carattere affabile, fino a quando non lo rincontrerà da adulta, ormai nei panni di geisha, scoprendo che non l’ha mai dimenticato e che non riesce a concedersi ad altri uomini, perché il suo cuore è solo per lui.

Memorie di una geisha è la trasposizione del romanzo di Arthur Golden, in cui si percorrono vari temi: la cultura giapponese, la figura della donna, l’amore che riesce a superare agli ostacoli e che si rafforza con lo scoppio della guerra. Si parla di sogni: diventare una bravissima geisha, ma che perde importanza nel momento in cui Sayuri incontra il direttore generale. O meglio, nutre il desiderio di essere la sua geisha.
Un viaggio in Oriente
Il film di Rob Marshall ci trasporta verso un mondo diverso dal nostro, e per questo interessante. Tutto ciò che non ci appartiene è una lezione in più, un insegnamento da capire. Lo spettatore può immedesimarsi in una cultura diversa da quella occidentale e porsi mille domande. La più importante tra tutte: se fossi uomo o donna, e fossi nato o nata in Oriente, mi piacerebbe ciò a cui sarei destinato/a?
Ci si sveste per qualche ora dai panni in cui si è quotidianamente immersi e si vive un’esperienza nuova, fuori dai confini di ciò a cui si è abituati.

