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L’iconica Venere nel nostro tempo6 minuti di lettura

Ancora una volta il MART di Rovereto propone un dialogo tra antico e contemporaneo: uno dei più grandi maestri del Rinascimento italiano si confronta con il vastissimo panorama creativo che comprende il secondo Novecento e le espressioni artistiche dei nostri giorni.

Botticelli, il suo tempo. E il nostro tempo è un percorso immaginato da Vittorio Sgarbi e Eike Schmidt, a cura di Alessandro Cecchi e Denis Isaia: le prime sale della galleria ospitano i capolavori del pittore fiorentino, del suo maestro Filippo Lippi e della sua bottega, per poi condurre il visitatore, inaspettatamente, nell’era contemporanea. Pop Art, Dalì, cinema, moda, la fotografia odierna: tutti esempi che testimoniano come l’ideale di bellezza proposto da Botticelli con la sua Venere che esce dall’acqua sia senza tempo.

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S. Botticelli, Venere, 1495- 97 Dettaglio

Il canone estetico: l’arte e l’affermazione sociale

La prima sezione della mostra racconta in modo molto esaustivo la parabola dell’artista, l’evoluzione che lo ha portato ad essere il pittore prediletto di Lorenzo il Magnifico, per poi cadere in una crisi mistico- religiosa. Sono presenti capolavori come Pallade e il Centauro, Venere, il Giudizio di Paride e la Madonna col Bambino, San Giovannino e gli Arcangeli Michele e Gabriele.

Queste opere mostrano i tratti iconici della pittura di Botticelli: la venus pudica che copre il seno con una mano e il pube con l’altra accompagnata dalla chioma bionda, i volti candidi delle donne incorniciati da folte chiome ramate, il capo leggermente reclinato, un sorriso lievemente abbozzato, lo sguardo dolce degli occhio grigio- azzurri. Il disegno del fiorentino è armonioso, i dettagli sofisticati, la materia seppur consistente si fa leggera, nei tessuti e nei fiori di primavera.

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S. Botticelli, Pallade e il Centauro, 1482-83

È l’opera Rebirth of Venus di David LaChapelle (2009) a stagliarsi come primo confronto impattante con l’opera del Botticelli. L’artista americano ripropone il tema classico in chiave provocatoriamente kitsch; non è però il solo fotografo ad aver riutilizzato l’iconografia della dea per riformulare canoni sociali ed estetici. Oliviero Toscani, Joel- Peter Witkin, Timothy Walker, Awol Erizku in periodi differenti, utilizzano pose, sguardi, ambientazioni che rievocano le più grandi tele dell’autore rinascimentale, per proporre, in modo ritenuto anche scandaloso, il problema del concetto di razza, genere o sessualità.

In Nuova bellezza svedese del 2005, stampa fotografica di Oliviero Toscani, il ragazzo nudo dalla figura sottile, che sembra sospeso a mezz’aria, rappresenta con la sua bellezza efebica l’espressione di una sessualità fluida e slegata dagli stereotipi di genere del passato. Allo stesso modo Witkin nel 1982 aveva fatto posare un transgender con l’intenzione di delineare una variante della Venere botticelliana e proporre così una nuova immagine della sessualità.

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J. P. Witkin, Botticelli’s Venus, 1982

La Teen Venus di Erikzu riproduce invece la nascita della dea facendo posare una ragazza afroamericana su uno scoglio; l’artista solleva così il problema razziale nel contesto della storia dell’arte.

La persistenza dei classici

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A. Cappuccio, Il commiato, 2007

La Venere di Botticelli si è imposta nella storia e nella storia dell’arte come assoluta icona. Ricompare nella Pop art, in Botero, nella tela di Patrizia Comand Ma da dove viene?, dove la dea sulla sua conchiglia è circondata da sei donne robuste e corpulente che la guardano come fosse un essere non umano; e ancora Giuseppe Veneziano fa spuntare una Venere botticelliana in una vasca moderna pronta per fare una toilette. Mario Ceroli, con Goldfinger/Miss omaggia il disegno del pittore fiorentino con una sagoma tagliata nel legno e riprodotta in serie; la Venere così appiattita e semplificata diventa un prodotto seriale della cultura di massa.

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G. Fioroni, Particolare della nascita di Venere, 1965

Renato Guttuso nel 1985 riformula la Primavera, mentre l’artista brasiliano Vik Muniz nel 2008 assemblando materiale spazzatura e scattando dall’alto, riproduce la Nascita di Venere (immagine in copertina). L’esposizione accoglie inoltre la famosa Venere degli stracci di Pistoletto.

Propone poi un percorso fotografico che mostra come anche il cinema e la moda siano stati profondamente influenzati e ispirati dal maestro fiorentino. Ne è esempio assoluto la Pre-Fall Collection 2015-2016 della Maison Valentino, che presenta abiti disegnati partendo dal dipinto della Primavera: l’abito di Flora è infatti il modello di spicco della sfilata.

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Abiti della Pre- Fall Collection 2015- 2016, Maison Valentino
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M. Pistoletto, Venere degli stracci, 1967

Il Padiglione di Dalì

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S. Dalì, Dream of Venus, 1939

Questo percorso espositivo variegato e sognante si conclude necessariamente con la figura del grande Dalì. L’artista spagnolo nel 1939 allestì in occasione dell’Esposizione Universale un padiglione denominato Dream of Venus in cui la figura della dea botticelliana si stagliava sulla facciata della casa surrealista insieme al viso della Gioconda.

Delle ragazze nell’edificio si esibivano continuamente in uno spettacolo con acqua, una mucca bendata e una macchina da scrivere. Una serie di fotografie dell’epoca conducono il visitatore in una dimensione spazio- temporale senza precedenti; lasciano trasparire lo scandalo dell’epoca di fronte ad una concettualizzazione senza precedenti.

Diplomata in conservatorio, laureata in lettere, amo le pagine consumate, le gallerie d'arte e le poltroncine dei teatri. Posso però garantire di essere anche una persona simpatica.