
Madre 2019: il lungometraggio di Rodrigo Sorogoyen4 minuti di lettura
Il regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen dirige Marta Nieto nel film Madre. Una piccola perla cinematografica del 2019, presentata alla 76 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica La Biennale di Venezia nella sezione Orizzonti in concorso.
Dopo la prima mondiale a Venezia, il film esce nei cinema spagnoli nel novembre successivo e in numerose sale francesi nei primi mesi del 2020.
Realizzato in doppia lingua, franco-spagnola, Madre è il lungometraggio dell’omonimo cortometraggio che ha ottenuto una nomination come miglior corto agli Oscar del 2019.
Con Madre, Rodrigo Sorogoyen riparte dagli eventi narrati nel corto per raccontare cosa è accaduto in seguito.
Il suono dell’Oceano

Marta Nieto è Elena, la madre del piccolo Ivan in vacanza con il padre (Florent Hill) in camper. Arriva una chiamata sul cellulare di Elena: è Ivan, spaventato e solo su una spiaggia, che chiede aiuto alla madre. Il padre non si trova ed Elena non sa come agire. La spiaggia è sul confine tra la Spagna e la Francia, ma il bambino non riesce a fornire alla madre nessuna indicazione. La situazione precipita.
E qui finisce il cortometraggio e inizia il film proiettato a Venezia e vincitore del Premio Orizzonti per la migliore interpretazione femminile assegnato a Marta Nieto.
L’incipit del rombo fragoroso e angosciante dell’Atlantico anticipa metaforicamente lo strazio, la devastazione emotiva di una madre che perde il figlio.
Una nuova vita

Dieci anni dopo il giorno della telefonata di Ivan, Elena lavora come cameriera in un bar-ristorante per turisti, affacciato sulla stessa spiaggia su cui, presumibilmente, Ivan è scomparso.
La sua quotidianità è priva di colore e di momenti si svago e si divide fra il lavoro come cameriera e i pasti serali nel suo misero e tetro monolocale.
Elena vive come un guscio vuoto, come un fantasma e nei momenti di pausa dal lavoro si trascina sulla spiaggia quasi in attesa di vedere suo figlio apparire da un momento all’altro.
In uno di questi momenti, Elena pone i suoi disperati occhi su un giovane ragazzo, biondo e riccio di capelli, che arriva dal mare verso la spiaggia dopo aver fatto surf.
Elena scorge in lui qualcosa che nessun altro può notare. Insegue il ragazzo fino a casa sua per vedere dove vive e con chi vive, ma il ragazzo la scopre.
Il giorno seguente egli si reca al bar della spiaggia in cui Elena lavora e si presenta. Il ragazzo si chiama Jean (Jules Porier) e viene da Parigi con la sua famiglia.
Elena e Jean

Inizia cosi una conoscenza che incredibilmente riporta Elena in vita. La presenza di Jean restituisce colore e senso alla quotidianità di Elena; anche il suo monolocale, in compagnia del ragazzo, non sembra più cosi tetro e misero.
La relazione tra i due diventa sempre più profonda, ambigua, quasi morbosa e suscettibile di fraintendimenti. Elena non vede in Jean il figlio cresciuto che non ha avuto, ma vede in lui l’Amore e Jean si rapporta con la donna in un modo sorprendentemente maturo per la sua giovane età.
La famiglia di Jean non approva questa conoscenza, temendo che la donna possa traviare il figlio.
Sul finale lo spettatore vede Elena impegnata in una intensa telefonata che, simmetricamente, ricorda quella iniziale avuta con il figlio Ivan. Ma qualcosa è cambiato e occorre seguire il film dall’inizio alla fine per scoprire cosa sia successo.
Il tocco del regista Sorogoyen

Sorogoyen muove la camera in modo elegante ma deciso. Punta sui primi piani quando occorre mostrare e comunicare delle emozioni forti, e si serve di inquadrature in cui gli attori sono ripresi da una certa distanza per acuire il senso di malessere e vuoto.
L’ambiguità della relazione tra Elena e Jean è restituita sopratutto da tali movimenti di macchina e inquadrature.
Un’ambiguità da interpretare più come riscatto emotivo e recupero della capacità di aprirsi a nuovi amori da parte di Elena, che non come semplice tensione sensuale e sessuale.
Il regista spagnolo non teme il confronto con un tema difficilissimo da trattare sul grande schermo. Madre non offre nessuna forma di pietismo o banalità, ma nella variazione sul tema del rapporto genitori-figli dona qualcosa di nuovo, fresco e toccante.

