
Capolavori della fotografia moderna: la collezione Thomas Walther al LAC di Lugano4 minuti di lettura
Finalmente, dopo una nuova lunga chiusura (dopo quella del primo lockdown) i musei tornano a riaprire, spalancando le porte ai visitatori e accogliendo nuove mostre!
Il LAC di Lugano ha inaugurato la riapertura con la mostra dal titolo Capolavori della Fotografia Moderna (1900-1940), collezione proveniente dal MoMa di New York. Visitabile fino al 1° agosto 2021, presenta alcuni meravigliosi scatti fotografici acquistati da Thomas Walther, collezionista tedesco che, nel 2001, decise di donare l’intera serie al MoMa.
Un viaggio negli anni delle prime fotografie e sperimentazioni
Più di 200 fotografie in bianco e nero ripercorrono i primi quarant’anni del XX secolo: attraverso gli scatti di personaggi chiave del mondo della fotografia di quegli anni, la mostra mette in luce il rapporto tra fotografo e macchina fotografica, tra uomo e strumento, e ripercorre le prime sperimentazioni di prospettiva, luce e studio dei soggetti.
L’allestimento della mostra rende giustizia alla bellezza degli scatti: un’alternanza di pannelli bianchi e verde acqua crea un contrasto cromatico suggestivo, che rende le sale eleganti e mette in risalto il bianco e nero delle immagini.
La fotografia degli anni ‘40 fu un periodo di grande sperimentazione: molti fotografi iniziarono a concentrarsi sui dettagli e a giocare con i primi piani, le luci e le ombre, dimostrando che la fotografia è creazione ed arte a tutti gli effetti.
La mostra è la conferma che anche prima dell’avvento del colore, la fotografia riusciva a comunicare molto bene certi sentimenti e stati d’animo, anzi, ancora oggi il bianco e nero è quasi più suggestivo del colore.
Alcune foto di grande bellezza
Tutte le foto esposte sono meravigliose, ma tra quelle che più attirano l’attenzione vi è sicuramente la foto di Max Burchartz del 1928, scelta come simbolo della mostra, intitolata Lotte–Occhio. Il fotografo ha compreso la potenza dei primi piani e la suggestione di un viso ripreso a metà: si tratta di un primissimo piano su metà viso di una bambina, che ha qualche lentiggine sul naso, occhio vispo e capelli biondi i cui riflessi si intravedono sullo sfondo nero di quello che sembrerebbe un cappello nero.
Oltre ai ritratti, molti artisti si sono concentrati sulla potenza dei paesaggi e della vita quotidiana della città. Anche da una semplice via o strada, si può realizzare una composizione complessa e surreale. Un esempio è Il mistero della strada, sempre del ‘28, di Otto Umbehr, detto Umbo.

In questo scorcio cittadino, ripreso dall’alto, il gioco di ombre delle persone riprese crea un meraviglioso gioco di riflessi e il risultato è una complessa e studiata composizione che fa comprendere perfettamente la scelta del titolo: il mistero della strada, ossia un continuo gioco di luci ed ombre che solo la fotografia riesce a mostrare, solo la macchina fotografica coglie a fondo l’anima e l’essenza della vita urbana.
Così come la radio e il cinematografo, anche la fotografia fu strumento di regime e di propaganda delle dittature, e coloro che non si attenevano alle regole erano sottoposti a censura. Tutti ricorderanno la foto di Mussolini che si inchina davanti al re, e che fu ovviamente censurata. La mostra propone al pubblico alcune foto di artisti russi a servizio dello stalinismo, principalmente foto di atleti che, al massimo della forma, rappresentano la forza e l’energia del regime.
È una mostra da non perdere per chi ama la fotografia, ma non solo.

