
Letizia Battaglia, la sua carriera in 8 fotografie7 minuti di lettura
È morta questa notte a 87 anni Letizia Battaglia, una delle più grandi fotoreporter del Novecento. I suoi scatti sui delitti di mafia che insanguinavano la Palermo degli anni Settanta e Ottanta sono stati marchi a fuoco nella memoria collettiva italiana.
Il suo lavoro non era riconosciuto solamente in Italia, ma girò le più grandi gallerie del mondo, raccontando un lato buio del Belpaese con cruda grazia e determinazione. Fu la prima donna europea a vincere il prestigioso premio Eugene Smith nel 1985, istituito dalla rivista Life.
Il suo lavoro si è concentrato soprattutto a Palermo, la città dalla quale non si allontanò praticamente mai. Documentò i terribili anni degli omicidi di mafia degli anni Ottanta, tra cui quello di Piersanti Mattarella, fratello di Sergio, attuale Presidente della Repubblica. Scelse di smettere di scattare foto legate alla mafia dopo l’assassinio del giudice Giovanni Falcone nel 1992.
Non solo mafia. Letizia Battaglia fotografò tantissimo anche donne e bambini, i suoi soggetti preferiti tra le strade di Palermo e di Napoli, nei quartieri più poveri e degradati della periferia urbana. Ripercorriamo la carriera della grande fotografa con 8 scatti che più rappresentano il suo enorme lavoro.
Omicidio di Piersanti Mattarella (1980)

Era il 6 gennaio 1980 quando il Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, venne colpito da svariati colpi di pistola davanti alla sua casa di via della Libertà a Palermo. Era appena salito in macchina con tutta la famiglia per andare alla messa dell’Epifania.
Tra le persone accorse sul posto per prime c’erano Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, che tirò il corpo del fratello fuori dall’auto per tentare invano di soccorrerlo. Letizia Battaglia era sul posto per caso e vide Piersanti morire tra le braccia del fratello. D’istinto scattò la tragica immagine dell’uomo per metà fuori dall’auto, tra le braccia di un giovane e sconvolto Sergio Mattarella. Intorno a lui, la disperazione della famiglia e dei figli, intrappolati sui sedili posteriori della macchina. La carrozzeria dell’auto sembra incorniciare la scena e dirigere l’occhio dell’osservatore verso il viso sgomento dell’uomo. Non c’è sangue, c’è a malapena un corpo, suggerito solo da quelle gambe abbandonate sul sedile dell’auto, calzate delle scarpe eleganti per la messa.
Giovanni Falcone al funerale di Carlo Alberto dalla Chiesa (1982)

Il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa fu una delle tante vittime della guerra che Cosa Nostra aveva intrapreso contro magistrati, politici e forze dell’ordine. Venne ucciso da un commando armato che affiancò la sua auto e sparò con un mitra a lui e alla moglie Emanuela Setti Carraro. In quel tragico periodo persero la vita tantissimi uomini e donne, incluso il protagonista di questo scatto, il magistrato Giovanni Falcone.
Come racconta la stessa Letizia Battaglia “Falcone non ci permetteva mai di fotografarlo in posa, dovevamo approfittare delle occasioni pubbliche. Era una persona molto gentile ma, poiché veniva accusato di protagonismo, e non era vero, non si concedeva ai fotografi. Lo fotografai diverse volte ma mai bene come avrei voluto. Quando ammazzarono il Generale Dalla Chiesa, lui era lì davanti ai militari, gli feci quattro o cinque scatti. A piazza San Domenico, prima che entrasse in chiesa.”
Il Tempio di Segesta (1986)

Non solo scatti di morte, ma anche tanta, tantissima vita nelle foto di Letizia Battaglia. In questo scatto una giovane coppia è buttata sui prati davanti al tempio greco di Segesta, a pochi chilometri da Trapani. Nonostante il bianco e nero (da cui Battaglia si separerà molto raramente), la foto trasmette i colori abbaglianti delle estati siciliane, con il frinire incessante delle cicale e la terra arida e bruciata dal sole.
Una foto che vuole scollare via di dosso alla Sicilia e a sé stessa il dramma di ciò che ogni giorno accadeva a Palermo, dove negli anni Ottanta il sangue scorreva a fiumi e i Corleonesi di Totò Riina prendevano il potere sulla città.
Bambina con il pallone (1980)

Ancora oggi in molte zone d’Italia l’abbandono scolastico è una piaga che sembra non accennare a fermarsi. Situazioni di degrado, ignoranza e povertà estrema portano tante famiglie a non curarsi dei propri figli, ritirandoli da scuola ancora giovanissimi. Negli anni Ottanta era molto facile incontrare a Palermo bambini cresciuti per strada, che per accaparrare pochi spiccioli commettevano scippi o piccoli furti.
La bambina di questa foto sembra estremamente indispettita che Letizia Battaglia l’abbia fermata per una foto. I suoi occhi sono ribelli, quasi selvatici. La posa gioca con la fotografia di moda, trasformando la piccola in una modella per un giorno. La ragazzina però non sembra stare al gioco anzi, non vede l’ora di scappare di nuovo per tornare a giocare al pallone per strada con i suoi compagni.
Domenica di Pasqua (1984)

Un gruppo di ragazzi gioca in mezzo alla strada. È la domenica di Pasqua e siamo in un paesino dell’entroterra siciliano, si aspetta l’uscita dalla chiesa di San Michele, il patrono del paese. Il santo si attarda e i ragazzi iniziano a “fare voci” per dare il via alla processione. A quanto pare non basta, così ci si mette in cerchio e si gioca sotto il sole già forte della primavera.
I bambini sono tra i soggetti preferiti di Letizia Battaglia, perché del tutto sinceri davanti alla macchina fotografica. Giocano, si spintonano e fanno le smorfie per farsi immortalare, proprio come i ragazzini di Caltabellotta, sul sagrato di San Michele tanti anni fa.
Qui è stato assassinato dalla mafia Giuseppe Impastato (1978)

Giuseppe Impastato, detto Peppino, è stata una delle vittime più tristemente celebri di Cosa Nostra. Il giovane palermitano era a sua volta figlio di un mafioso, ma non accettò mai le logiche dietro quel mondo barbaro e crudele. Così formò la sua coscienza politica e sociale, denunciando la connivenza tra politica e mafia dalla sua piccola radio indipendente, Radio Aut.
Purtroppo però, la voce di Peppino arrivò alle orecchie di Tano Badalamenti, il boss di Cinisi. La sua vendetta fu atroce. Impastato venne pestato a morte e legato ancora vivo ai binari del treno, poi fatti saltare con la dinamite. La polizia corrotta insabbiò subito la morte del ragazzo come suicidio, ma l’intera Palermo si ribellò, portando in piazza il proprio dolore e la propria rabbia verso una morte così ingiusta.
Era il 9 maggio 1978 e nessuno parlò alla radio o in televisione di Peppino. Lo stesso giorno venne infatti trovato, in una Fiat parcheggiata in via Caetani a Roma, il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle brigate rosse dopo 90 giorni di prigionia. La memoria di Peppino è stata tenacemente portata avanti dalla volontà di sua madre e dei suoi amici, per non farla morire mai.
Pier Paolo Pasolini al Circolo Turati (1972)

Nel 1972 Pier Paolo Pasolini era a Milano, per partecipare a una conferenza dal titolo tanto impegnativo quanto interessante: “Libertà d’espressione tra repressione e pornografia”, dedicato alle censura e alla vicende processuali del film “I Racconti di Canterbury”.
La censura è sempre stato un tema caro al grande poeta e regista, che più e più volte dovette lottare perché i suoi fil non venissero sminuzzati dalla mano pesante della Buoncostume. Letizia Battaglia lo vide quasi per caso, ricordandolo come uno dei suoi scatti più emozionanti “L’ho conosciuto quel giorno ma ce l’avevo già dentro e non me lo sono fatto scappare più“, disse in un’intervista a Repubblica.

