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Cinema

Le otto montagne, Marinelli e Borghi tra amicizia e riscoperta di se stessi3 minuti di lettura

A volte ritornano, si riabbracciano, magari non parlano (o lo fanno poco) uniti da una solida e vera amicizia. Questa è la storia di due bambini, poi uomini, che si rincontrano dopo anni, esperienze, vite vissute diversamente l’uno dall’altro. Questa è la storia de Le otto montagne, film nelle sale dal 22 dicembre, scritto e diretto dalla coppia belga Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch e tratto dall’omonimo romanzo Premio Strega 2017 di Paolo Cognetti.

Un’amicizia indissolubile

Pietro (Lupo Barbiero) e Bruno (Cristiano Sassella) da bambini

È la storia di Pietro e Bruno (rispettivamente Luca Marinelli e Alessandro Borghi da adulti), due coetanei che si conoscono da bambini nell’estate del 1984 in un paese alpino della Valle d’Aosta. Pietro vive a Torino, suo padre (interpretato da Filippo Timi) è un ingegnere appassionato di montagna che spinge entusiasta il figlio verso lunghe passeggiate in mezzo alla natura. Bruno, invece, è l’unico bambino presente in paese, vive solo con la madre perché il padre è in Germania per lavoro.

I due stringono un forte legame, vivono la montagna e la sua magnificenza. Spesso fanno lunghe camminate col padre di Pietro tra i ghiacciai e i sentieri. Un rapporto che sembra indissolubile. Ma l’imprevedibilità della vita porta i due a separarsi, a fare scelte diverse e qualche volta vivere situazioni imposte da altri.

Dopo tanti anni, ormai giovani adulti, Pietro e Bruno si ritroveranno proprio tra quelle le montagne valdostane. Poche parole, tanti sguardi, così come “si conviene” in un rapporto d’amicizia tra uomini. Sono pochi, se non assenti, i sentimenti espressi in pieno. Il ritorno tra i due farà da viatico a un nuovo cammino interiore. Pietro andrà in Nepal, Bruno rimarrà saldo al suo territorio formando una famiglia. Di nuovo le scelte, a volte il destino, portano su percorsi diversi. Ma il legame tra Pietro e Bruno resta forte. Come le montagne, dalle Alpi alla catena dell’Himalaya.

Una scrittura terapeutica per gli autori

I registi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch

Il romanzo di Cognetti sembrava scritto apposta per i due autori e registi fiamminghi. In crisi sentimentale, infatti, la coppia si è trasferita per diversi mesi proprio in Valle d’Aosta, precisamente a Brusson. Lì i due hanno scritto il film, goduto della bellezza della natura circostante per poi ritrovare l’amore. In pratica una sceneggiatura terapeutica. In questo film tutti gli elementi sono protagonisti.

Non solo i sempre ottimi Marinelli e Borghi, che ritornano insieme dopo quel capolavoro di Non essere cattivo, splendido lascito artistico del compianto Claudio Caligari, ma anche la montagna. Le vette alpine non fanno solo da sfondo ma riempiono lo schermo e parlano, dicono tanto con i loro silenzi e ghiacciai, custodi del passato delle montagne per noi comuni mortali.

Un film fatto di amore, amicizia, campi larghissimi, una vasta gamma di sentimenti forti e senza tempo né spazio. Premiato quest’anno dalla giuria a Cannes, Le otto montagne è un film da vedere e da respirare a pieni polmoni.