
Land Art: quando l’ambiente diviene opera d’arte4 minuti di lettura
La Land Art, letteralmente arte del territorio, è una forma artistica contemporanea che si sviluppa alla fine degli anni Sessanta. L’opera d’arte supera i limiti fisici delle gallerie, delle collezioni, dei musei e dei tradizionali circuiti espositivi, fino ad estendersi all’ambiente circostante.
Il paesaggio, urbano o naturale, perde il ruolo passivo della rappresentazione e si trasforma in materia da plasmare, con interventi che mescolano architettura, scultura e design ambientale. Spesso si tratta di opere, anche di dimensione importanti, collocate in posti remoti e non accessibili a chiunque, come deserti, scogliere, spiagge o isole sperdute. Pertanto la fruizione delle stesse da parte del grande pubblico avviene esclusivamente tramite documentazione cinematografica o fotografica. Sovente gli artisti, ispirati dal sito esplorato, al successo di massa delle loro creazioni, antepongono l’iter creativo e realizzativo delle stesse.

La Land Art è l’estremo tentativo di recuperare la connessione profonda tra uomo e ambiente, seppur attraverso gesti effimeri e consapevolmente reversibili, che si declinano in forme diverse. L’alterazione della natura, più o meno invasiva, avviene con il semplice camminare, con lo sbiancamento del terreno, oppure con la creazione di sculture temporanee realizzate con materiali recuperati in loco. Invece talvolta le azioni artistiche mirano a riprodurre la magnificenza di spettacoli naturali, come ad esempio la potenza degli eventi atmosferici.
Land Art opere: Spiral Jetty di Robert Smithson

Spiral Jetty, realizzato nel 1970 da Robert Smithson, è tra gli esempi più noti della Land Art. Si tratta di un imponente molo a spirale, situato sulla sponda nord-orientale del Great Salt Lake nello Utah. È stato realizzato con oltre seimila tonnellate di rocce di basalto nero di origine lavica e terra prelevata dal sito, movimentati con l’ausilio di mezzi meccanici. Il sentiero che si snoda in senso antiorario nel lago ha un diametro pari a 460 metri ed un’estensione di 1450 metri.
Costruito quando il livello dell’acqua era piuttosto basso, Spiral Jetty è stato dapprima sommerso nel 1972 e successivamente tornato visibile a causa della siccità. Proprio come immaginata dallo stesso artista, l’opera d’arte è in perpetuo mutamento ed assume forme diverse in base alle maree, alle condizioni di luce e alla colorazione rossastra dell’acqua, ricca di microbi. Una installazione da vivere, che consente di camminare fino al punto più interno della banchina e da lì osservare l’ambiente circostante, le montagne e il lago salino. Il sito è amministrato dalla Dia Art Foundation, divenuta proprietaria a seguito di donazione.
Christo e Jeanne-Claude: l’installazione Surrounded Islands

Una delle tante installazioni Land Art realizzate dalla coppia Christo e Jeanne-Claude è quella delle Surrounded Islands, situate nella baia di Biscayne a Miami. Undici isole artificiali incorniciate da anelli di tessuto di polipropilene di color rosa, che spiccano sull’azzurro delle acque e il verde della vegetazione naturale. Un progetto che vede lo strumento artificiale abbracciare e circondare l’elemento naturale, in un’inedita sintesi. Gli artisti, da sempre attenti all’impatto ambientale delle loro opere, in tale circostanza hanno rimosso oltre 40 tonnellate di rifiuti giacenti nell’area. Invece, sul fronte della tutela dell’ecosistema, si sono avvalsi della consulenza di decine di professionisti, tra cui biologi, ornitologi e ingegneri marini.
“Tutti i nostri progetti hanno una fortissima qualità nomade, che ricorda le tribù che si spostano con le loro tende; usando un materiale fragile si avverte una maggior urgenza di vedere quello che domani non ci sarà più. Nessuno può comprare questi progetti, nessun può diventarne proprietario, nessuno li può commercializzare, nessuno può far pagare biglietti di ingresso, nemmeno noi possediamo queste opere. Il nostro lavoro è sulla libertà. La libertà è nemica del possesso, e il possesso equivale alla permanenza. Ecco perché l’opera non può rimanere”.

