
Kashmir: storia e genesi di un capolavoro dei Led Zeppelin4 minuti di lettura
Il 20 agosto è il compleanno di Robert Plant, l’ex frontman dei Led Zeppelin, la band britannica entrata a pieno titolo nell’olimpo del rock. Vogliamo festeggiare il suo 73° compleanno, raccontandovi il processo creativo di una delle canzoni più celebri del gruppo.
Ma qual è il miglior brano in assoluto dei Led Zeppelin? Il compito è davvero arduo, poiché l’imbarazzo della scelta ci assale di fronte a brani quali Stairway To Heaven, Whole Lotta Love, Black Dog, In My Time of Dying, Ramble On e tanti altri.
Dunque, per toglierci dall’impiccio, ci affidiamo al giudizio espresso dallo stesso Robert Plant. Il cantante dei Led Zeppelin infatti, non ha mai fatto mistero della sua preferenza per Kashmir, ritenuta la canzone più rappresentativa della band. Il brano è tratto dal doppio album Physical Graffiti, il sesto del gruppo, pubblicato nel 1975 e composto da 15 tracce.
“Stairway to Heaven è molto piacevole, positiva, molto inglese ma non è la canzone definitiva dei Led Zeppelin. Kashmir lo è. Rappresenta tutta la grandezza dei Led Zeppelin e quel senso di esplorazione di territori musicali nuovi, un viaggio fuori dalle rotte conosciute verso le colline più lontane che io e Page abbiamo sempre fatto. Quella è la vera essenza della band“.
Kashmir e il viaggio metaforico e mistico di Robert Plant

Percorrendo una strada rettilinea apparentemente senza fine, che attraversa il deserto del Sahara, nell’estate del 1973 Robert Plant e Jimmy Page si dirigono in auto al festival del folklore marocchino. Evento molto in voga tra gli hippie dell’epoca.
Plant trae ispirazione dal ricordo di quella esperienza per la scrittura di un testo onirico, intenso ed all’altezza della qualità musicale del pezzo.
L’immaginazione fa sì che quella strada lo conduca in un luogo mistico e metaforico, una terra desolata dove incontrerà gli uomini più anziani che il mondo abbia mai visto, in attesa che tutto venga rivelato. Un regno comparabile allo Shangri-La, espressamente citato in un verso del brano.
“Oh, let the sun beat down upon my face
With stars to fill my dreams
I am a traveler of both time and space
To be where I have been
Sit with elders of the gentle race
This world has seldom seen
Talk of days for which they sit and wait
All will be revealed”.
Sebbene nessuno dei componenti dei Led Zeppelin fosse mai stato nel Kashmir prima della composizione del brano, fu proprio questo il titolo definitivo dato alla canzone, originariamente intitolata Driving to Kashmir.
“All I see turns to brown
As the sun burns the ground
And my eyes fill with sand
As I scan this wasted land
Trying to find, trying to find, where I’ve been
Oh, pilot of the storm who leaves no trace
Like thoughts inside a dream
Here is the path that led me to that place
Yellow desert stream
My Shangri-La beneath the summer moon
I will return again”.
L’atmosfera maestosa di Kashmir
Dal punto di vista musicale, l’articolato brano Kashmir nasce da una prima demo che vede protagonisti Jimmy Page e l’indimenticabile batterista dei Led Zeppelin John Bonham, registrata presso gli studi di Headley Grange.
Il chitarrista infatti svilupperà il brano partendo dalla traccia di Swan Song, antecedente al viaggio in Marocco. La sobrietà e la compostezza della sessione ritmica di Bonzo, unite ad uno dei riff più efficaci ed ipnotici di Page funzionano alla grande.
Tuttavia, i Led Zeppelin decidono di avvalersi di musicisti esterni, inserendo un arrangiamento orchestrale di archi e fiati, creando un’amalgama perfetta dall’atmosfera maestosa.
“Siamo riusciti a creare un brano potente e drammatico dal punto di vista musicale e poi a trovare il testo giusto e un modo per suonarlo senza sembrare eccessivamente pomposi”.
Ritagliatevi 8 minuti e 37 secondi per un viaggio tra Occidente ed Oriente sulle note di questa canzone.

