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Colors Vol. I
Interviste,  Musica

The colors of independent music: la storia di Jess11 minuti di lettura

La musica indipendente rappresenta una rivendicazione alla libertà espressiva e culturale. Liberi da ogni genere e stile, gli artisti sono alla ricerca continua, attraverso la sperimentazione di originalità e innovazione, di composizioni inedite. Per scoprire suoni nuovi che in qualche modo spezzino il cordone ombelicale che li mantiene legati alle generazioni precedenti. 

Jessica De Pascale, in arte: Jess. È una giovane cantautrice genovese che attraverso gli strumenti musicali e le sue melodie, vuole trasmettere emozioni.

Empatia: una parola che spesso viene abusata nella società odierna, ma che credo rappresenti al meglio questa artista.

Colors vol. I

Oggi, per i lettori di Art Shapes, abbiamo avuto l’opportunità di intervistarla in occasione della pubblicazione del suo ultimo album: Colors vol. I. Una raccolta che prevede quattro volumi, ma di cui il primo racconta nell’intimo la storia, le emozioni e la vita dell’artista.                                                                                                                                         

A volte le parole non bastano.
E allora servono i colori.
E le forme.
E le note.
E le emozioni .                                                

Alessandro Baricco
Blue-Jess
Jess – scatto durante le riprese del video del singolo “Blue”

Quando nasce Jess? Perché?

Jess nasce a ventuno anni, circa. Suonavo già da molti anni la batteria, in alcune band, le quali facevano differenti generi musicali. Per quanto una struttura di una canzone ci accomuna tutti, come tipo di riferimento per mettere su delle canzoni e suonarle, comunque ero molto rapita dall’armonia che creavano gli altri con chitarre, pianoforti, basso e anche dall’interpretazione del cantante. Quindi cercavo alle volte di eseguire il mio però intanto cercavo di rubare qualche accordo per poi tornare a casa, avevo una vecchissima chitarra classica tutta scassata e cercavo di imitare le loro posizioni per quanto fosse difficile.

Da autodidatta cercare di ottenere un buon risultato è stato impegnativo. Jess nasce dall’esigenza di dover esternare delle emozioni. Mi ricordo di essermi svegliata, dopo un sogno che avevo fatto su una ragazza per la quale avevo un’infatuazione e ricordo di aver preso un foglio e una penna e di aver iniziato a scrivere quello che avevo visto e quello che le avevo detto. Da lì si è trasformato nel testo della mia prima vera canzone.

Nasce dall’istinto, è un processo naturale. Probabilmente non potendo esprimere le emozioni, i sentimenti così forti dentro di me, con qualcuno. I sentimenti hanno trovato questa via, come tipo di linguaggio, che mi ha dato soddisfazione e da lì mi sono proprio avviata.

Il bello e il brutto della vita da artista. Dagli esordi ad oggi, cosa è cambiato?

Il bello e il brutto della vita da artista è come se avessimo un linguaggio in più. Una comunicazione che arriva dalla pancia e questo mi riconduce un po’ al pensiero che abbiamo a volte della natura. La natura è bella, ma è anche spietata. Però più che spietata è bella e giusta. È bella e brutta allo stesso tempo, come la vita. Quindi è come anche quello che viviamo noi artisti con la musica.

Pensiamo h 24 alla musica, ma non perché ce lo imponiamo, ma perché è una cosa che proviene dall’istinto profondo. Magari sento un suono o sento una frase ed io me la appunto. Spesso mi succede la notte, mentre sono nel dormiveglia, di svegliarmi improvvisamente e prendere il cellulare per marcare una melodia o una frase. I giorni successivi lavorarci su e farla diventare una canzone. È a tutti gli effetti un linguaggio in più che noi comprendiamo ed usiamo, nel bello e nel brutto.

A volte ci porta in un mondo quasi immortale. Io mi rendo conto che spesso nella vita di un artista si passano delle intere giornate da soli in cameretta, alienandoci completamente dal mondo. Perdi identità, perdi corpo. Io non sono più Jess. Questo a volte è bello e a volte è brutto perché non è una vita facile. Non lo è nemmeno per gli altri, vivere con una persona così. Però siamo fatti in questo modo, per poter stare bene abbiamo la necessità di poterci esprimere in questo senso.

Dagli esordi ad oggi è cambiato che sono cresciuta e ho tagliato un sacco di persone. Figure inutili che mi hanno fatto perdere del tempo. Per dieci anni sono rimasta in un loop di persone che non condividevano il mio pensiero, però io ero giovane e molto insicura. Loro erano molto bravi a farmici sentire. È così questo mondo, non per cattiveria, ma c’è tanta ignoranza e c’è quella mentalità di chi desidera scegliere la cosa più semplice del mondo sperando di ottenere risultati oltre al prevedibile. Invece la mia filosofia non è mai stata così.

Come vedi il mondo della musica dopo l’emergenza Covid-19?

Io lo vedo per quello che è sempre stato. Finalmente è emersa la verità. Non ci sono soldi in Italia, non c’è valore, non c’è rispetto e non c’è meritocrazia per la cultura, figurati per la musica. Quindi è successo che molti locali hanno chiuso. Locali magari già in difficoltà e che non riuscivano a pagare bene determinati artisti, quindi è successo quello che doveva succedere. Per quanto riguarda il mondo della musica, non indipendente, ho scoperto che tanti big si sono rivolti al settore cinematografico durante il lockdown non potendo vendere merchandising, si sono messi a scrivere canzoni originali da utilizzare come colonne sonore per i film.

Cosa è cambiato? Non è cambiato nulla. Gli indipendenti sono quella categoria, i veri indipendenti non parliamo di musica indie perché quella è un’altra storia, si sono ritrovati nel macello. Se prima guadagnava la serata per il suo panino, birra, 50€ e felicità, pacca sulla spalla, adesso non prende nemmeno più quelli perché è rimasto a casa.

Quindi questo per far capire ai lettori che o c’è l’hobbista, una persona a cui piace la musica e non si interessa di nulla, va nei localini a suonare per qualche euro e non ha notato differenza alcuna dopo il lockdown. C’è chi ormai ha contratti con le major, ha partecipato a programmi tv come “X-Factor” e quindi queste persone in qualche modo se la cavano sempre nonostante la chiusura dovuta alla pandemia globale. Mentre chi rimane in mezzo è come se non esistesse. I cantautori indipendenti non esistono.

Noi non esistiamo. Non importa a nessuno di noi. Sembra assurdo, ma è così. Anche se uno ha passato dieci anni a suonare per locali in tutta Italia, alla fine se stai a casa non importa a nessuno. È una situazione da tragedia. Anche a livello di sostegno economico, noi non abbiamo ricevuto nessun tipo di aiuto perché si sa, anche benissimo, che la maggior parte dei musicisti in questo paese, non viene pagata. Non c’è un sistema di tutela, si può considerare lavoro nero, quindi non avremmo nemmeno potuto chiedere supporto.

Sicuramente il tuo nuovo singolo è decisamente diverso da “Mr. Bumblebee”. Cosa è cambiato?

Mr. Bumblebee” è uscito l’anno scorso dopo il lockdown perché proprio durante quel periodo mi è venuta voglia di ballare. Cosa che non ho mai fatto, mi sono sempre vergognata di ballare. Questa canzone fa parte di un album che uscirà più avanti. Una racconta che chiamo “Gang”, perché lo reputo più da strada. Fino ad ora ho scritto circa cinque o sei album, sono quasi tutti ancora in corso d’opera però il primo con cui desideravo uscire è un album intimo, volume I dei Colors, ma in realtà i colors prevedono quattro volumi.

Quello che vorrei dire è che non è cambiato nulla, quello che è cambiato è semplicemente stato il fatto che sono riuscita a fregarmene delle regole, del mercato, le regole che ogni persona cerca di imporsi per avere più sicurezza. Ho preso coraggio e ho iniziato a scrivere, durante il lockdown, come mi sentivo. Quindi ci sono album più ritmici, altri più intimi, altri ancora più grezzi.

A me piace molto mischiare i generi musicali, quindi in questo senso ho semplicemente creato dei contenitori, ma tutto quello che sentiranno le persone fa parte di me. Come il fatto che io caratterialmente possa essere una persona molto seria come quanto ilare, ironica. Tutte le varie sfumature che possono far parte di una persona, secondo me, sono belle da scoprire. E trovo brutto, limitare e limitarsi nel dover scegliere una categoria. Perché non è vero che noi siamo fatti soltanto in una determinata maniera. È un po’ come quando capisci di avere un certo numeri di amici cari e con ognuno di loro viene fuori un lato di te. Alcune volte anche differente. È bello vivere questo tipo di libertà a 360 gradi. Ho voluto rappresentare ciò che sono, nella realtà dei fatti.

Mr.Bumblebee-Jess
“Mr. Bumblebee” – Jess

Il video di “Blue” è molto espressivo. Ti piacerebbe raccontarci la storia dietro a questa scenografia?

Il video di “Blue” nasce dopo svariati mesi di confronto con i miei collaboratori, ovvero: Mattia Ciafardo e Boris Iliev. Anche con l’intervento di Francesca Smith, che reputo un’artista incredibile. Abbiamo deciso di rappresentare l’emozione di “Blue” perché i Colors rappresentano determinati stati emotivi. Abbiamo deciso di svolgere tutto questo racconto, piccolo racconto, entrando nel pieno dell’espressività.

Per me è stato abbastanza difficile perché ho dovuto fare molto esercizio fisico, corporeo, per avere un contatto, un collegamento da legare all’emotività oltreché il playback. Più che playback, cercavo di andare in un mondo tutto mio, in una realtà tutta mia non facile da raggiungere, dove rientravo in quel momento in cui provavo i sentimenti che ho voluto raccontare in quella canzone. Questo album parte da un’emotività molto straziante, tra virgolette, per poi arrivare a “Green”, “Grey” e “Red”, che è la risoluzione.

Io tempo addietro, mi ero infatuata di una ragazza che non abita qui a Genova e quello che mi è successo è che non ho potuto esprimere, dirle tutto quello che pensavo. Quindi un modo per sopperire a queste mancanze è stato quello di creare questo rito, molto puro perché è stata una delle volte in cui scrivevo testi e registravo subito. Per cercare di salvare come una fotografia quel momento, quell’istante emotivo. Non ci sono stata molto sopra a rifare voci mille volte. Ho cercato di catturare subito, per quanto dolorosa, quell’emozione in quel momento. È stato un progetto abbastanza tosto, ma di cui sono soddisfatta perché non mi ero mai spinta così tanto in là.

Se potessi collaborare con un cantautore italiano chi sceglieresti e perché?

Se dovessi collaborare con un cantautore italiano beh, mi sarebbe piaciuto tanto collaborare con Lucio Battisti. Perché lui ha sempre cercato di portare una sonorizzazione americana, che non fosse un copia e incolla, ma più che altro un’influenza. Faccio un esempio: se io amo Stevie Wonder e ascolto la sua musica non è che devo prendere e copiare e incollare, cosa che succede molto in Italia dai tempi dei tempi. Armonie, canzoni, fare una sorta di caricatura, mettendoci però delle parole in italiano. Quello che ho sempre sentito, soprattutto dall’ album che amo: “Una donna per amico” di Battisti, il quale nel ’78 è andato in America ed è rimasto lì per qualche anno, ha potuto assimilare quel tipo di musica: funk. 

Collaborando con musicisti del luogo è riuscito a portare una situazione in italioamericana. Quindi i testi non sono forzati ed il sound non era di certo copiato ed incollato. Questo per me è quello che dovrebbe accadere a tutti noi. Ci sono persone che mi dicono: “Io la musica degli altri non la ascolto perché sennò non riesco a fare la mia”. A me fa un po’ sorridere perché è diventato difficile. Noi la musica la sentiamo pure mentre siamo alle poste, quindi diventa complicato isolarsi completamente in questo senso.

Per me la cosa più bella è la magia che accade alle volte tipo quando ascolto per tre mesi di fila John Mayer, mi succede che mi escono delle lievi sfumature di quel suo mondo, ma semplicemente perché io mi sono riconosciuta nel suo e quindi porto il messaggio, codificato ma molto generalizzato, del suo suono e del suo modo di scrivere. Questo mi piace tantissimo e Battisti secondo me è sempre stato un pioniere in Italia di determinate sfumature.

Divisa tra Genova e Milano Andrea, autrice di romanzi e racconti da brivido, vive con i suoi due gatti. Passa il suo tempo libero a scrivere di musica, arte e cucina. Per Art-shapes intervista volti nuovi.