
Jean-Luc Godard, addio a uno dei pilastri della Nouvelle Vague3 minuti di lettura
È morto all’età di 91 anni il regista francese Jean-Luc Godard, uno dei pilastri della Nouvelle Vague. “Un regista totale dai mille volti, con un’opera tanto prolifica” lo ha definito il quotidiano francese Libération, primo a dare la notizia della sua morte. Lo stesso giornale riporta che il regista è ricorso al suicidio assistito in svizzera: “non era malato, solo esausto” rivela una fonte vicina a Godard.
Nato il 3 dicembre 1930 a Parigi, Godard ha esordito alla regia nel 1961 con Fino all’ultimo respiro con protagonisti Jean-Paul Belmondo (scomparso un anno fa) e Jean Seberg aprendo la strada a un nuovo modo di fare cinema tra sperimentazioni, commistione di generi, lunghi attimi di silenzio. Una ricerca visiva e sonora che non si è mai interrotta, una coerenza che spesso gli ha messo contro colleghi, attori e tutta l’industria dello spettacolo francese (perfettamente raccontato in Il mio Godard di Michel Hazanavicius del 2017, con Louis Garrel nei panni del regista).
Figlio di una famiglia borghese, Jean-Luc Godard ha messo alla berlina quel mondo, criticandone i suoi aspetti in maniera sempre più feroce col passare del tempo. Questa è la mia vita (1962), Il disprezzo (1963) Band à part (1964), Agente Lemmy Caution: missione Alphavile (1965), Il bandito delle 11 (1965), Il maschio e la femmina (1966), Due o tre cose che so di lei (1966).

Con i venti della rivolta studentesca che cominciavano a soffiare, il cinema di Godard si fa sempre più militante, pronto a sperimentare nuove forme di racconto per immagini. Di questa nuova linea fanno parte La cinese (1967), Pravda (1969), British Sound (1969), Lotte in Italia (1979), Crepa padrone, tutto va bene (1972). In questo periodo non si può non ricordare la clamorosa protesta di un gruppo di registi e addetti allo spettacolo francesi, durante l’edizione 1968 del Festival di Cannes tenutasi a metà maggio. Gli “Stati Generali del cinema francese” con a capo lo stesso Godard e François Truffaut, interruppero la kermesse in segno di solidarietà nei confronti di studenti e operai impegnati a combattere dure battaglie con la polizia.
Tra la seconda metà degli anni ’70 e i primi anni ’90 lo sguardo del regista parigino si fa più ironico, quasi divertito, raccontando sempre storie di persone in crisi di identità e valori: Si salvi chi può (1979), Je vous salue Marie (1984), Détective (1985), Nouvelle Vague (1990), Germania nove zero (1992).
Verso la fine degli anni 90 ha concepito una personalissima opera storiografica del cinema con tre opere: Histoire(s) du cinéma (1998), L’origine du XXIème siècle (2000) e Pour une histoire du XXIème siècle (2001). Dagli anni 10 del 2000 il festival di Cannes ha fatto la pace con Godard tributandogli il premio della giuria nel 2013 per il suo Adieu au langage e premiandolo con la Palma d’oro speciale nel 2018 per il film Le livre d’image, suo ultimo lavoro.

