
Janis Joplin: 10 canzoni per ricordare la regina del blues13 minuti di lettura
“Ma tu te ne sei andata, non è vero, ragazza mia, hai voltato le spalle alla folla, te ne sei andata, non ti ho mai sentito dire: ho bisogno di te, non ho bisogno di te...” Con questi versi della canzone Chelsea Hotel #2 Leonard Cohen ricorda Janis Joplin, la regina dalla voce roca che ha dato il cuore e l’anima per la musica, morendo a soli 27 anni il 4 ottobre 1970.
In tantissimi purtroppo conoscono Janis Joplin solo come un volto sorridente in una fotografia, con i lunghi capelli crespi, gli occhiali da sole tondi e le mille collane di perline tipiche della fine degli anni Sessanta, un’epoca che ha segnato in modo indelebile la storia della musica, attraverso nomi che sono entrati nella leggenda, ma di cui si sta perdendo il lascito artistico in favore di un’immagine “pop”.
Per questo motivo vogliamo, attraverso 10 canzoni, ricordare Janis Joplin come la grandissima artista che fu: cantante dal timbro unico, autrice di testi meravigliosi e frontwoman trascinante.
Summertime (1968)
Partiamo con una canzone non originale, una cover dell’omonimo brano scritto nel 1935 da George Gershwin ispirandosi a una ninna nanna ucraina. Il testo è una dolce preghiera per il futuro di un bambino, per il quale chi canta si augura il meglio, cullandolo durante una bellissima giornata d’estate.
One of these mornings
You’re going to rise, rise up singing
You’re going to spread your wings
Child, and take, take to the sky
Lord, the sky
La canzone è contenuta nell’album Cheap Thrills, realizzato con la band di Janis, la Big Brother & The Holding Company nel 1968. Appena uscito, il secondo disco della band scalò le classifiche, rimanendo per otto settimane in prima posizione.
Maybe (1969)
Questo singolo fa parte del primo album da solista di Janis Joplin, I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama!, uscito nel settembre del 1969, poco dopo la fondamentale esperienza del Festival di Woodstock.
Maybe è la seconda traccia del lato A del disco ed è una struggente supplica di una donna al proprio uomo di tornare da lei dopo un litigio, di cui però lei non si sente colpevole, mantenendo alto l’orgoglio in una canzone permeata dal dolore della voce incredibilmente espressiva di Janis, libera di muoversi nell’universo del blues a lei tanto congeniale.
Maybe, maybe, maybe, maybe, maybe dear
I guess I might have done something wrong
Honey, I’d be glad to admit it
Call on me (1967)
Questo brano fa parte del primo lavoro in studio di Janis Joplin come vocalist della Big Brother & The Holding Company, per l’omonimo disco della band. All’epoca Janis era già all’interno di una band che faceva musica country, ma il produttore discografico Chet Helms la contattò per proporle di volare a San Francisco e unirsi alla formazione composta all’epoca da James Gurley e Sam Andrew alle chitarre, Pete Albin al basso e David Getz alla batteria.
Qui la voce di Janis è meno graffiante e ancora un po’ incerta, ma nella malinconia del testo riesce ad esprimersi perfettamente, dicendo al proprio uomo di lasciarsi andare, che troverà in lei e nel suo amore un luogo sicuro.
Baby, when you are down and feel so blue
Well, no, you will not drown, darling, I will be there too
You are not alone, I am there too
Whatever your troubles, honey, I do not care
To love somebody (1969)
Forse una delle canzoni più blues di Janis Joplin, in cui la sua voce potentissima attraversa tutti i registri dell’emozione, dalla supplica alla rabbia alla seduzione, muovendosi con maestria su un accompagnamento semplicissimo che si scatena grazie ai fiati nel ritornello, seguendo l’accusa che il testo fa all’amante: “tu non sai la dolcezza cosa significa, tu non sai cosa vuol dire amare qualcuno“.
You don’t know, you don’t know what it’s like
No you don’t, honey no you don’t know
You don’t know what it’s like
To love anybody
Oh honey, I want to talk about love
And trying to hold somebody
The way I love you babe
And I’ve been loving you babe
Questo brano venne eseguito durante il festival di Woodstock, tenutosi nelle campagne di Bethel, nello stato di New York tra il 15 e il 18 agosto 1969. Il festival dell’amore libero ascoltò To Love Somebody da una Janis Joplin, scatenatissima e completamente ubriaca, il pomeriggio del 16 agosto.
Ball and Chain (1968)
Parte fondamentale dell’album Cheap Thrills del 1968, la cui copertina è stata disegnata dal fumettista Robert Crumb, con tavole che illustrano ogni canzone. Proprio al centro del disco vediamo la stessa Janis che trascina la palla di ferro, quella Ball and Chain che rappresenta la seconda cover di Cheap Thrills e della nostra lista.
La canzone infatti è un inedito della cantante Big Mama Thornton, registrata negli anni Sessanta con la casa discografica Bay-Tone Records e mai pubblicata, ma solo eseguita live nei concerti. Janis Joplin la cantò dal vivo moltissime volte prima di pubblicarla, compreso il Festival di Woodstock.
La mancata pubblicazione del brano originale fece decadere i diritti sulla canzone per Big Mama Thornton, che furono sempre e comunque riconosciuti dalla Joplin, che versò regolarmente le royalties del brano alla sua autrice.
Il brano è una richiesta d’aiuto per un amore che pesa e trascina verso il basso come una palla al piede. Durante la sua esibizione al Monterey Festival del 1967 (quella che potete sentire qui sopra) Janis eseguì questo brano con un trasporto inaudito, mostrando tutto il dramma e la frustrazione per un amore così pesante da portare con sé. La canzone è arricchita dalle sonorità psichedeliche delle chitarre, unite all’accompagnamento prettamente blues alla voce.
Love’s got a hold on me, baby
Feels just like a ball and chain
Now, love’s just dragging me down, baby, yeah
Feels like a ball and chain
I hope there’s someone out there who could tell me
Why the man I love wants to leave me in so much pain
Yeah, maybe, maybe you could help me, come on, help me!
Cry Baby (1971)
La data del brano può già far suonare un campanello: si tratta del secondo album da solista di Janis Joplin, Pearl, che uscì postumo un anno dopo la sua morte. Il disco fu accolto all’unanimità come il migliore della carriera solista di Janis, pronta a spiccare il volo se non ci si fossero messi di mezzo l’alcol le droghe e la solitudine.
Il disco era pronto alla pubblicazione quando Janis morì per un’overdose da eroina nella sua camera d’albergo il 4 ottobre di 51 anni fa. In copertina la sua foto, vestita con l’estro tipico dell’epoca e con tra le mani l’immancabile bottiglia. Il suo viso è sereno e sorridente, sembra sinceramente divertita da quella sessione fotografica.
Cry Baby è il secondo brano dell’album e si apre con la vocalità impressionante di Janis, che inchioda l’ascoltatore alla sedia e sembra imporre al suo amore di piangere, di sfogarsi. Lei ci sarà sempre per lui, anche se sta soffrendo per essere stato lasciato da un’altra.
Il dolore dell’eterna amica è espresso con quelle urla disperate, come se a piangere non fosse lui, ma lei, imprigionata in un ruolo che odia, cercando di fargli capire che lei è lì, ad amarlo mentre lui piange per un’altra persona.
Don’t you know, honey
Ain’t nobody ever going to love you
The way I try to do?
Who’ll take all your pain
Honey, your heartache, too?
And if you need me, you know
That I’ll always be around if you ever want me
Kozmic Blues (1968)
Dopo l’incredibile successo di Cheap Thrills, Janis Joplin si lancia nella carriera solista, anche a causa della sua indole libera, che nella migliore tradizione blues la porta a improvvisare spesso sul palco e durante le sessioni di registrazione, mettendo in enorme difficoltà i musicisti.
Questo problema non si placherà nemmeno dopo il primo album solista, facendole scegliere una nuova formazione, la Full-Tilt Boogie Band, per il secondo lavoro in studio.
Questo brano è la seconda traccia di I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama!, e in parte dà il suo nome all’album e alla stessa band che vi lavorò, “spin-off” della Big Brother & The Holding Company . Si tratta di uno dei pochi brani scritti da Janis, qui in collaborazione con Gabriel Mekler, il suo produttore. Durante un’intervista rilasciata al magazine Rolling Stones aveva raccontato che l’esigenza di scrivere il pezzo le era arrivata da una forte tristezza interiore, dichiarando “Nessuno ti amerà mai meglio e nessuno ti amerà nel modo giusto“.
Nel brano parla di sé come una donna arrivata e destinata alla solitudine e alla tristezza. Il testo e la voce sono pieni di rassegnazione per la vita che sembra scritta per lei.
Dawn has come at last
Twenty-five years, honey just in one night, oh yeah
Well, I’m twenty-five years older now
So I know we can’t be right
And I’m no better, baby
And I can’t help you no more
Than I did when just a girl
Me and Bobby McGee (1971)
Questa canzone, parte dell’album Pearl, pubblicato tre mesi dopo la morte di Janis Joplin, è stato scritto dal musicista Kris Kristofferson, amico e fidanzato per un periodo della donna.
Inizialmente la Bobby McGee della canzone era una donna, ma Kristofferson donò la canzone a Janis, che cambiò alcune parole e il genere del compagno di viaggio del cantante. Pur non essendo stata scritta direttamente per lei, Kris Kristofferson ha sempre associato la storia della canzone a Janis.
Il testo parla di un viaggio di solitudini, con protagonisti la cantante e un misterioso uomo incontrato per caso, Bobby McGee. Un uomo che ama la musica quanto lei e la fa sentire libera. Per la prima volta la narrazione romantica è volta in chiave positiva e non come eterna disillusione o supplica disperata.
Freedom’s just another word for nothin’ left to lose
Nothin’, it ain’t nothin’ honey, if it ain’t free
And feelin’ good was easy, Lord, when he sang the blues
You know feelin’ good was good enough for me
Good enough for me and my Bobby McGee
Piece of my heart (1968)
Pochi sanno che il brano più celebre di Janis Joplin è in realtà una cover. Si tratta di un brano scritto da Jerry Ragovoy e Bert Berns nel 1967 per Erma Franklin, sorella della grande Aretha.
Nel 1968 il brano esplose nelle classifiche, cantato però dalla voce sofferente e graffiante di Janis. Piece of my heart era il cavallo di battaglia della band, che la portò nella propria scaletta del 16 agosto 1969 a Woodstock, dove il pubblico in delirio chiese il bis.
L’arrangiamento della Big Brother and the Holding Company fu così autentico e personale da risultare completamente diverso dal più lento e melodico originale, tanto che la stessa Erma Franklin non riconobbe la sua canzone quando ascoltò il brano alla radio.
Il testo è un grido di dolore verso un uomo senza scrupoli, che va e viene portando via ogni volta un pezzo di cuore della protagonista, che però non può fare a meno di attenderlo ogni volta. Nell’interpretazione di Janis l’invito più che disperato si fa sarcastico e feroce. La donna ferita e tradita sfida l’uomo a tornare un’altra volta a strapparle un nuovo brandello di cuore.
I want you to come on, come on, come on, come on and take it
Take another little piece of my heart now, baby
Oh, oh, break it
Break another little bit of my heart now, darling, yeah, yeah, yeah, yeah
Oh, oh, have a
Have another little piece of my heart now, baby
Well you know you got it, if it makes you feel good
Mercedes Benz (1971)
Chiudiamo la lista con un brano che ci regala gli ultimi istanti di felicità di Janis. La demo è stata registrata il 1° ottobre 1970, tre giorni prima della morte della cantante.
In questo pezzo troviamo tutto di Janis Joplin, la sua intensità e la sua ironia quando aprendo il brano dice “vorrei cantare una canzone di grande spessore politico e sociale che fa così…” per iniziare un’intensa preghiera al Signore per farsi comprare una Mercedes Benz. Tutti i suoi amici hanno la Porsche, dovrà pur rimediare!
La canzone fa il verso alla società dei consumi, fortemente osteggiata dal movimento Hippy a cui Janis era vicina, pur con una nota divertente. La sua voce roca e intensa riesce a dare colore al brano anche a cappella, senza alcun accompagnamento musicale.
Al termine della canzone la sentiamo ridere e non possiamo fare a meno di pensare a quanto sia stata immeritata la sua fine, in totale solitudine in una stanza d’albergo a Los Angeles, proprio come usava dire al termine dei suoi concerti “ogni sera qui faccio l’amore con ognuno di voi, per poi tornare a casa, sola“.

