
Janet Sobel, storia di un’artista dimenticata8 minuti di lettura
Janet Sobel è stata un’artista astratta attiva a partire dagli anni ‘40 del secolo scorso. La sua carriera, sebbene molto breve, è stata decisamente brillante.
Nelle sue opere ha saputo combinare una ricerca artistica personale, arrivando a creare una tecnica pittorica del tutto unica e anticipando Jason Pollock nell’uso del drip painting.
Dopo una breve parentesi di successo però, Sobel è stata completamente dimenticata. Al contrario Pollock è diventato un pittore di fama mondiale.
Sobel non è di certo la prima né l’ultima artista donna che non compare nei libri di arte nonostante il suo talento.
Donne dimenticate dalla storia dell’arte
Se si ripensa a quanto studiato negli anni di scuola sono tantissimi i pittori, scultori e artisti vari che verranno in mente. Quasi tutti saranno uomini.
L’arte, come ogni attività professionale o che comunque comportasse una vita al di fuori delle mura domestiche, è stata per lunghissimo tempo monopolio del sesso maschile.
Le eccezioni non mancano. In generale, però, il mondo dell’arte era alquanto ostile per le aspiranti artiste. Le ragioni sono anche economiche e sociali. Per diventare un artista rinomata una donna avrebbe avuto bisogno di disporre di soldi, di avere spazi propri e privati, di costruire liberamente reti di relazioni e contatti esterni al nucleo familiare. Tutte cose che le donne del passato difficilmente potevano fare.
La vicenda di Berthe Morisot ne è un esempio lampante. Unica donna nel gruppo degli impressionisti, rimase sempre ai margini della vita culturale e artistica. Una donna rispettabile della medio borghesia, infatti, non poteva frequentare il locali in cui erano soliti riunisci Monet e gli altri. O meglio, non poteva farlo senza rompere le norme sociali e le aspettative esistenti sul ruolo femminile.

Quando poi, finalmente, le donne riescono a intraprendere una carriera artistica e avere successo, sono spesso ricordate più per le loro relazioni amorose che per il loro talento. Dora Maar è stata una fotografa eccezionale, ma quasi tutti la conoscono come musa di Picasso. Camille Claudel era una scultrice talentuosa che ha fornito a Rodin numerosi consigli, ma è passata alla storia come sua amante.
Non sorprende, dunque, che Janet Sobel sia oggi praticamente sconosciuta mentre Pollock è celebrato in tutto il mondo come il genio che ha rivoluzionato la pittura con la sua tecnica.

Janet Sobel, un’ucraina a New York
La vita di Janet Sobel (1893 – 1968) non è stata delle più tranquille. Nata nel 1893 in una famiglia ebrea in Ucraina, ancora bambina perde il padre in un pogrom. Nel 1908 la madre insieme ai figli si trasferisce a New York in cerca di migliori condizioni di vita. A soli 16 anni Janet sposa Max Sobel, un orafo di origini ucraine, da cui avrà poi cinque figli.
Sembra proprio che sia grazie a suo figlio Sol che Sobel iniziò a dipingere. Il ragazzo vinse una borsa di studio per proseguire i suoi studi in ambito artistico ma decise di rifiutare, con grande dispiacere della madre. Frustrato da questi sentimenti Sol le avrebbe suggerito di provare ella stessa a fare arte, visto il suo grande interesse.
Ed è quello che Janet Sobel fece.

A partire dagli anni ‘30 inizia a sperimentare con l’arte, da completa autodidatta e senza alcuna educazione artistica.
I suoi primi lavori sono ancora figurativi, una combinazione tra una sorta di primitivismo e una certa fascinazione per il magico che ricorda Chagall. In questo periodo è ancora estremamente forte l’influenza del folklore e della cultura ucraina.
La svolta arriva sempre grazie al figlio Sol. È lui che la introduce a personalità di spicco dell’epoca tra cui Max Ernst e André Breton.
Una carriera fulminante
Inizia un’ascesa inaspettatamente rapida. Sobel in poco tempo viene riconosciuta dal mondo dell’arte, prende parte a mostre e ha contatti con personaggi importanti e altri artisti.
Il collezionista Sidney Janis diventa suo ammiratore ed esibisce alcune opere di Sobel in una collettiva a Chicago nel 1943. L’anno successivo è di nuovo in mostra in una collettiva surrealista alla Norlyst Art Gallery di New York.
Consce Peggy Guggenheim, che la include nella mostra “The Women” del ’44 e nel ‘46 le dedica una mostra personale. Sarà l’unica nella vita di Sobel.
In pochi anni Sobel ottiene grandissimo successo e riconoscimento. Così tanto che Janis afferma che “Janet Sobel sarà riconosciuta come la più importante pittrice surrealista di questo paese”.

Nel 1949 Ben Schnall fotografa Sobel nel suo studio mentre dipinge. La foto doveva servire per un articolo della rivista Life. Il pezzo non vede mai la luce ma la foto e la volontà di includere Sobel sono testimonianza dell’importanza che l’artista aveva raggiunto.
Sperimentazioni pittoriche e dripping
Mentre la sua fama cresce anche lo stile pittorico di Sobel si modifica. In soli 10 anni passa da un’arte ancora figurativa a un surrealismo amorfo, fino ad arrivare a un espressionismo totalmente astratto. La grandissima varietà di stili che quest’artista è riuscita a padroneggiare in così poco tempo è davvero incredibile.
Anche i metodi di pittura usati da Sobel sono piuttosto interessanti e assolutamente non convenzionali. Usa per dipingere tutto quello che trova in casa. Contagocce di vetro per versare la pittura e il tubo dell’aspirapolvere per spanderla sulla tela.
Nella sua gestualità c’è completa libertà, dipinge seguendo un gioco immaginativo che non conosce regole né costrizioni.

Tra i vari esperimenti c’è anche una sua personale versione del dripping, la tecnica che ha reso Jason Pollock famoso in tutto il mondo. L’artista ucraina, però, inizia a usare il drip painting alcuni anni prima.
Non ci sono dubbi sul fatto che Pollock abbia conosciuto i lavori di Sobel. Il collezionista Greenberg aveva infatti raccontato di essere insieme a Pollock durante la mostra del ’44, aggiungendo che l’artista vide “uno o due curiosi dipinti di una artista primitiva”. Il temine è usato in modo denigratorio, tuttavia egli confessa che queste opere avevano lasciato una certa impressione.
È anche certo che Pollock inizia a sperimentare con il dripping intorno al ‘47. Alcune opere di Sobel create con la tecnica del dripping, invece, risalgono agli anni precedenti. Ad esempio, “Milky Way” è del ‘45. Le somiglianze con certe opere di Pollock sono evidentissime.

La fine di tutto
Nonostante la rapida ascesa e una carriera promettente, prima di essere artista Janet Sobel era una moglie e una madre. Negli anni ’50 era ancora impensabile che una donna potesse essere totalmente indipendente dal marito e che potesse mettere il proprio lavoro prima dei doveri familiari.
Così, nel 1946, quando il marito inizia ad avere difficoltà lavorative tutta la famiglia si trasferisce nel New Jersey. Poco importa se questa decisione esclude completamente Sobel dalla scena artistica newyorkese.
Tagliata fuori dal mondo arte, Sobel viene dimenticata in fretta.
La critica, in realtà, prende al balzo l’occasione. Molti critici nutrivano una certa ostilità nei confronti dell’artista proprio a causa della versatilità dei suoi stili. Primitivismo, folklore, espressionismo e astrattismo. Janet Sobel rientrava in molte categorie e in nessuna in particolare. La sua arte non riusciva a essere ingabbiata e definita con precisione.
In più Sobel, una donna casalinga di origini ucraine, non si adattava all’immagine che si stava costruendo intorno ai pittori delle scuola di New York. Non rientrava nella narrazione del grande genio creativo, del pittore tormentato costantemente ubriaco. Quindi l’attenzione è andata oltre e si è subito concentrata nuovamente sugli uomini.

Riscoprire Janet Sobel
Di recente il lavoro di Janet Sobel sta vivendo una fase di riscoperta. Il Moma di New York ha esposto “Milky Way” in una mostra collettiva su artisti di origine ucraina. Nel 2021 il Centre Pompidou ha incluso alcune sue opere nella mostra “Women in Abstraction”. Lo stesso ha fatto la Royal Academy of London nel 2016 con l’esposizione “Abstract Expressionismus”.
Quest’anno all’ultima edizione della fiera Frieze London la Gallery of Everything ha dedicato un intero booth a Sobel.
Forse è arrivato il momento di rivedere la storia dell’arte e dare il giusto riconoscimento alle persone di talento escluse da un sistema che fino ad ora ha favorito soprattutto una certa categoria.

