
Io Capitano: il viaggio di Seydou verso l’Oscar3 minuti di lettura
Il film Io Capitano, diretto da Matteo Garrone e attualmente in sala (dal 7 settembre ndr), è stato designato per la corsa italiana agli Oscar 2024. La recente notizia non sorprende: a Venezia Seydou Sar ha vinto il Premio Marcello Mastroianni come miglior attore emergente e il regista romano ha conquistato il Leone d’argento. “Per aver incarnato con grande potenza e maestria cinematografica il desiderio universale di ricerca della libertà e della felicità.
Creando un’epica del sogno che mette in scena il coraggio e il dolore che segnano da sempre le migrazioni, in una dimensione di profonda umanità”, così è stata ufficialmente motivata la scelta della pellicola che sarà valutata dall’Academy per rientrare nella shortlist dei finalissimi.
Un nuovo sguardo

Per quanto il tema delle migrazioni sia fortemente attuale, l’opera di Garrone ci travolge senza l’intervento di ideologie politiche o intenti didascalici, forte della sua portata universale, ricollocando lo sguardo. Nello scorrere del racconto, l’essenza stessa dell’essere umani basta a spiegare la crescente voglia di partecipare alle gioie e ai dolori dei protagonisti, di riparare alle ingiustizie, di sapere dove li porterà la vita. Basta aver avuto una meta da raggiungere, durante quegli audaci sedici anni, il desiderio di viaggiare, esplorare, diventare qualcuno.
Perchè è proprio per il sogno di fare musica che Seydou e Moussa lasciano di nascosto la loro famiglia per raggiungere l’Europa ed è proprio a partire da quel sogno che si fanno spazio dentro di noi, mentre li inseguiamo immersi nella loro ingenua tenacia. Spinti dallo slancio giovanile e dalla voglia di conquista i due, partiti da Dakar, arrivano al deserto. Da quel momento comprenderanno la paura e la perdita, scopriranno la realtà di una traversata che non dà tregua e la forza che si conosce solo davanti ai limiti. Lo faranno insieme a molti altri, saldi nelle loro speranze.

Affronteranno gli orrori dei centri di detenzione in Libia e la crudeltà di quegli uomini che abitano il nostro stesso mondo, ma che hanno abbandonato la loro umanità, rimpiazzandola con il denaro, il potere, la corruzione. E dopo tutto questo, Seydou si troverà di fronte all’ultima e più grande sfida, attraverso la quale diventerà Capitano. Uno di quelli veri, che sanno solcare anche i mari in tempesta, con entrambe le mani sul timone, con lo sguardo per metà rivolto all’orizzonte e per metà a chi sta portando con sé, sulla terra ferma, al sicuro, tra le lacrime.
Il realismo magico di Matteo Garrone
Io Capitano, saggiamente distribuito in lingua originale, ci regala una fotografia nitida e tattile, nei paesaggi quanto nei primi piani, tanto da renderli difficili da dimenticare.
La colonna sonora composta da Andrea Farri accompagna la rotta, anima i volti e scandisce i battiti a volte accelerati, a volte sospesi, festanti o affaticati.

Tuttavia ciò che più di tutto si deve all’impronta registica di Garrone è la volontà di lasciare ai suoi protagonisti – e a noi – uno spiraglio di magia, di incantata sospensione come alternativa alla sofferenza. La fiaba cerca di farsi spazio nella trama oscura, come quando si può dimenticare per un attimo la morte e fluttuare nel cielo, in un abito verde smeraldo.
O come quando in sogno e piegato dalle condizioni del carcere, Seydou cerca la madre, fin da subito contraria a quella partenza impossibile, per rassicurarla e per tornare, anche solo per un fugace momento, a respirare la sua stessa aria.

