
World Wide Noza: incisioni sulla pelle7 minuti di lettura
Il tatuaggio è una delle più antiche forme di espressione artistica, altamente diffusa e culturalmente significativa. Il gesto di incidere sulla propria pelle un segno è indissolubilmente legato all’atto primario di fare arte. Il fascino per questa forma artistica, che nulla ha da invidiare alle altre espressioni artistiche più note o classiche, ha la caratteristica principale di unire una altissima manualità e creatività ad antichissime tradizioni.
Umberto Zanotto, classe 1994, conosciuto come “Noza” o su Instagram come Worldwidenoza, è un famoso tatuatore milanese che ha fatto della sua arte uno stile di vita. Noi di Art Shapes lo abbiamo intervistato in esclusiva.

Dovessi azzardare una definizione per lui sarebbe: “Romantico estemporaneo”. Perché? Conosciamolo meglio.
Nome e cognome?
Umberto Zanotto
Nome d’arte? Perché?
Il mio nome d’arte deriva dal mio cognome. Da Zanotto è diventato Zano. Poi qua a Milano si usa molto mettere l’articolo davanti al nome e quindi sono diventato “Lo Zano”. Siccome mia sorella maggiore veniva chiamata nello stesso modo, sono diventato “Zano piccolo” ed in fine qualcuno ha invertito le sillabe e sono diventato “Noza”.
In seguito poi è stato aggiunto “World wide Noza” per via del mio modo di essere molto esuberante, molto amichevole. Poi nel mio piccolo sono una specie di giramondo. Diciamo che è una cosa un po’ comica e anche seria. Essere mondiale, ma essere mondiale in tanti se.
Come hai cominciato?
Ho frequentato il liceo artistico per 6 anni. Ho cominciato a tatuare verso la fine della quinta liceo. Il periodo delle curiosità e delle sperimentazioni. Preparavo già i disegni per i miei compagni quindi mi sono detto: “Sti cazzi. Mi compro la macchinetta e li eseguo io, perché devo fare il disegno e poi farli eseguire materialmente ad altri?”
Hai tatuaggi? A che età ti sei tatuato?
Si ho numerosi tatuaggi, non li conto nemmeno. Mi sono tatuato per la prima volta a quattordici o quindici anni. Ero giovane e ingenuo. Si tatuava mia sorella e anche io volevo tanto farlo quindi mi sono fatto tatuare una Z.

Raccontaci il tuo stile e cosa rappresenta
Il mio stile è arrivato. Non l’ho cercato. Io disegnavo già graficamente. Tutto quello che vedevo lo scomponevo e riutilizzavo parti di disegni per creare qualcosa di diverso, non scenografico. Poi la realtà dei fatti è stata che i soldi che avevo bastavano giusto per una macchinetta ed è stata quella da linee.
Quindi mi sono dovuto arrangiare. Usavo le linee per dare corpo e dimensione ai miei tatuaggi. Mi sono abituato a quel genere di disegno e ormai ragionavo in quei termini. I miei disegni ricordano delle incisioni, infatti si chiama: “Engraving tattoo style”.
Di cosa si tratta?
Questa tecnica incisoria veniva usata anticamente per incidere delle decorazioni, ma fu poi molto utilizzata per stampare interi disegni su carta che assomigliano a quelle illustrazioni che venivano realizzate a china sui libri antichi di scienza. Ovviamente i tatuaggi in questo stile non vengono realizzati con l’incisione, ma con questo termine si vuole indicare lo stile con cui sono realizzati i soggetti. Questa tecnica infatti prevede l’utilizzo di linee, tratteggi, incroci per realizzare ombre, sfumature e rotondità.
Da cosa trai ispirazione?
Io vivo di quello che vedo in giro. Mi piace vedere posti nuovi e osservare ciò che mi circonda. Io traggo ispirazione dall’ambiente a me circostante. Può essere qualsiasi cosa. Ad esempio, se sto camminando per strada e vedo per terra un fiore che mi piace, lo fotografo e poi a casa ci lavoro su. Mi piace moto il mio processo creativo. Mi piace guardare le linee che si intersecano, che curvano e che danno forma a qualcosa.
Sei soddisfatto del tuo lavoro? Delle tue scelte? O a volte pensi: “cavolo, dovevo fare l’operaio”? Se si perché?
Non penso ci si possa sentire a pieno soddisfatti delle cose. L’autocritica fa parte di noi, anche se non è esagerata comunque c’è perciò il fattore della soddisfazione è relativo. Io penso sempre che avrei potuto fare di più, fare cose divere per arrivare a fare cose più grandi. Però penso anche che non è mai troppo tardi, non sei mai completamente arrivato quindi si ha la possibiltà di fare altro e dare sempre il meglio o comunque ciò che la nostra autocriticità ci permetta.
La tua famiglia ha sostenuto te come artista e ti ha spronato a proseguire su questo percorso?
I miei genitori mi sono sempre stati accanto. In ogni situazione, che io abbia preso decisioni giuste o sbagliate. Provengo da una famiglia di artisti, quindi mi hanno sempre sostenuto. Poi ho sempre pensato che comportandomi bene avrei agevolato anche tutto il resto, così ho sempre agito in questo modo.
Come è cambiato il modo di vedere tatuaggi, secondo te?
Partiamo dal fatto che storicamente i tatuaggi rappresentavano l’appartenenza ad una tribù, più avanti è diventato il simbolo di appartenenza a gruppi urbani più ristretti. Pensiamo ai marinai o i militari. Attualmente è diventato un criterio estetico. Una volta si entrava da tatuatore e gli si chiedevano i disegni. Il tatuatore doveva saper fare un po’ tutto. Dal tribale Maori alla semplice scritta. Adesso la situazione è diversa. Il tatuatore è specializzato in un determinato stile e disegna unicamente seguendo il suo stile. La situazione è cambiata perché una volta i tatuatori non erano tanti come oggi.

Hai tatuato persone famose? Se si, puoi fare qualche nome e dirci cosa si sono fatti tatuare?
Ho tatuato molte persone che si possono ritenere famose, per amicizia. Sono persone che conosco da tempo, da prima che cominciassi a tatuare. Poi ovviamente se tatui una persona famosa, il tuo nome in determinati ambienti comincia a girare e così con il passaparola ho tatuato anche persone che ho conosciuto in seguito. Uno dei pezzi per cui vengo tutt’ora contattato è la mano di Sfera Ebbasta.
Il disegno è la testa di un re piangente con in testa una corona, che ai tempi rappresentava il Trap King. Ricordo ancora quando Sfera venne nel mio studio, stavamo facendo dei piccoli disegni per riempire gli spazi vuoti che aveva sulle braccia e mi disse di volersi tatuare la mano. Gli mostrai alcuni disegni e lui scelse proprio il re per rappresentare il fatto che comunque lui è il Re della musica Trap.
La pandemia globale ha influenzato il tuo lavoro?
La pandemia ha influenzato tantissimo il mio lavoro perché sono passato dal lavorare ogni giorno, al lavorare a singhiozzo. In questo ultimo anno ho tatuato circa tre mesi su dodici, volendo fare una stima. La gente non ha smesso di tatuarsi. Io vengo contattato regolarmente, anche quando lo studio è chiuso.
Il problema è stato un altro. Inoltre il fatto che considerino il luogo in cui lavoriamo come un posto a rischio, mentre per strada la gente fa quello che vuole ha peggiorato la situazione. Penso che l’argomento sia trito e ritrito. Vale per noi come per i ristoranti o tutti i locali che sono stati obbligati a rispettare delle regole, giuste, ma che nessun cittadino poi ha effettivamente rispettato.
Oltre il lato economico, ha influenzato la tua arte?
Sotto quel punto di vista no, ma sotto altri si. Il fatto di non poter tatuare, di non poter eseguire fisicamente un’azione che mi piace e mi rilassa, mi ha un po’ decentrato. Non si disimpara a tatuare, però non poterlo fare per lunghi periodi mi ha influenzato a livello emotivo. Per quanto riguarda il lato estroso, ho avuto più tempo per concentrarmi su nuovi disegni e nuove bozze. Ho avuto più tempo per studiare e preparare nuovi lavori.-
In conclusione:
Il nostro Paese, lentamente sta accettando il fatto che la gente decida di portare sempre con sé sulla pelle un’opera d’arte eppure:
“Un tatuaggio non è semplicemente un disegno. Vedi, un tatuatore è come un confessore. Lui scrive la storia di un uomo sul suo corpo.”
Nicolai Lilin – Educazione siberiana
Dando così vita ad un’ opera d’arte unica ed estremamente personale.

