
Have you ever heard Drill music?12 minuti di lettura
Drill: genere musicale, sottogenere della musica trap, nata nel South Side di Chicago intorno al 2010. Questo genere musicale è caratterizzato da: testi violenti e nichilistici, un uso frequente di auto-tune sulla voce e un beat con sonorità trap.
Somethings about Drill:
Il termine drill, infatti, proviene dallo slang di Chicago e indica un’arma da fuoco automatica. In Italia questo genere musicale sta scalando le classifiche seguendo l’esempio di Francia e Gran Bretagna, dove si è affermata. La musica Drill è giunta da noi con gli stessi suoni e le tematiche che la caratterizzano all’estero. Testi malinconici e crudi, che raccontano la vita nelle città di periferia. Spesso viene raccontata da ragazzi sempre più giovani, costretti a vivere situazioni di disagio. Ragazzi che hanno avuto esperienze nel mondo della malavita, dipendenze da sostanze e situazioni familiari delicate a causa di un sistema malato, che non tutela i giovani e non previene ciò che inevitabilmente accade nei quartieri meno agiati di tutte le città.

Un duo emergente:
Oggi, cari lettori di Art Shapes, ho incontrato per voi due giovani musicisti che hanno fatto di questo genere musicale il loro stile di vita. Due giovani con il sogno di scalare le classifiche, raccontando la loro vita attraverso il beat. Desiderosi di successo, ma restando sempre fedeli alle loro radici.
Nome, Cognome ed età?
- Federico Naccari, 23 anni.
- Michael Pinto, 24 anni.
Nome d’arte e perché?
- NH EFFE. Perché N+H perché foneticamente suona come mi hanno sempre chiamato, il mio diminutivo: Nacca. Ed EFFE perché è l’iniziale del mio nome.
- Millon Bwoy. Perché io ho sempre fatto lotta e una volta, da ragazzino, vinsi il Torneo Milone. Fu la mia prima vittoria e la cosa che mi rimase impressa fu appunto la figura di Milone. Infatti, costui fu un antico lottatore greco. Mi affascinai e scoprii molte cose che ci accomunavano. Entrambi abbiamo i genitori calabresi. Entrambi facciamo lotta e la cosa che mi colpì più di tutte fu che Milone è stato ucciso da un branco di lupi mentre era a caccia, ed il lupo è il mio animale preferito. Solo che Milone non sarebbe stato un nome abbastanza Trap così lo abbiamo reso più anglofono. Bwoy è stato aggiunto dopo. Ricordo che durante un concerto lo aggiunsi io e da quel momento sono rimasto Millon Bwoy per sempre.
Quando avete deciso di dedicarvi alla musica? Cosa vi ha spinto a voler condividere con gli altri le vostre esperienze di vita attraverso la vostra arte?
- Nella mia vita la musica è sempre stata presente, soprattutto grazie all’influenza di mio fratello maggiore, il quale ha sempre ascoltato molta musica. Però sono sempre stato ascoltatore. A livello artistico ho cominciato a scrivere i primi testi a tredici anni. Quando ho cominciato a capire le prime emozioni che intendevo trasmettere, poi è stato un continuo scoprirsi. Finché non ho deciso di intraprendere un percorso musicale a diciotto o diciannove anni. Ho fatto una vera e propria gavetta. Ricordo i primi live, con solo gli amici come pubblico fino ad arrivare a fare concerti davanti a cinque mila persone. Ciò che mi ha spinto a voler condividere con gli altri la mia arte è stato sicuramente un lato del mio carattere. Sono una persona molto egocentrica, ma allo stesso modo sono anche insicuro. Questi due lati del mio carattere si bilanciano e mi permettono di entrare in sintonia con il mio pubblico. Emozionare, riuscire a far capire alle persone che spesso molti problemi ci accomunano tutti. Mi fa sentire bene, quando qualcuno si ritrova nella mia musica. È il mio modo di esprimermi.
- Ho deciso di scrivere le prime tracce per divertimento intorno ai tredici anni, vedevo la musica come una valvola di sfogo. Poi ho cominciato a far sentire i miei pezzi ad alcuni amici e loro mi incitavano a continuare su questo percorso perché gli piaceva quello che avevo fatto. Poi ho sempre avuto un tono di voce particolare. Inizialmente la musica era una cosa solo mia, spesso non facevo nemmeno uscire alcune tracce, perché era il mio modo di sfogare le emozioni represse. Non lo facevo con l’obbiettivo di qualcosa di più grande. Mi faceva sentire bene. Poi invece mi sono lasciato convincere a condividere questi pezzi perché le altre persone si sarebbero potute riconoscere nelle mie parole e avrei potuto aiutare gli altri a farli sentire meno soli.
Perché proprio questo genere musicale?
- Sono cresciuto con questo genere musicale. Sicuramente tratta tematiche più inerenti al mio vissuto. Il rap è un genere che non richiede capacità canore particolarmente sviluppate. Se avessi avuto le possibilità economiche avrei sicuramente fatto un corso di canto o comunque una scuola, ma non avendone avuto l’opportunità, sono riuscito comunque a trasmettere al mio pubblico ciò che desideravo e ciò che desidero, attraverso la mia musica.
- Ho scelto questo genere musicale perché è il primo interessante per i contenuti trattati. È la prima categoria in cui mi sento a mio agio, in cui sento di potermi esprimere più liberamente. Mi è affine.
Avete mai avuto problemi con la legge? Dipendenze?
- Io personalmente sono incensurato. Non ho mai avuto grossi problemi con la legge. Per quanto riguarda le dipendenze non ho mai avuto dipendenze da sostanze illegali. Per l’ambiente in cui sono cresciuto e per le persone che ho incontrato, mi reputo fortunato poiché non sono mai caduto in quelle trappole.
- Ho avuto problemi con la legge per sostante stupefacenti. Dipendenze serie no, ma ho passato un breve periodo in cui pensavo che la droga fosse la soluzione. Ero dipendente dallo sballo, non usufruivo di una sostanza specifica. Mi piaceva vedere le cose da un punto di vista alterato e vivere una realtà diversa. Volevo staccare dalla vita reale, rischiando innumerevoli volte la vita.
Quali sono stati i vostri primi passi nel mondo della musica?
- I miei primi passi nel mondo della musica li ho fatti con mio fratello Millon. Abbiamo intrapreso un’amicizia anche al di fuori del mondo musicale e ormai cantiamo insieme da molti anni. Avevo appunto tredici anni e abbiamo girato il nostro primo video.
- Conoscevo una persona appassionata come me di musica e di lotta. Spesso passavamo molto tempo insieme e questa persona mi ha spinto a condividere la mia arte con gli altri. Quindi un giorno sono andato in uno studio di registrazione trovato tramite un annuncio pubblicitario su facebook. All’epoca quello studio era piuttosto famoso perché ci andava un ragazzo che aveva vinto il “Tecniche perfette” e ho inciso la mia prima traccia. Millon non è il mio primo nome da artista. Il mio primo nome era Hate e la canzone che ho registrato si chiamava “A voi che odio”. Il produttore dello studio rimase colpito da me perché ero poco più che un bambino. Poi qualche tempo dopo incisi “Il tempo ci divora”. Una canzone che scrissi per lasciare una mia ex fidanzata, e proprio il produttore mi disse che “È gratificante quando la canzone di un’altra persona ti emoziona così tanto da farti provare le emozioni che tu stesso metti dentro ai tuoi pezzi”.
Quali artisti hanno influenzato la vostra scelta musicale?
- Partiamo dall’Italia, sicuramente la mia visione della musica è stata influenzata dai “Club Dogo” e Guè Pequeno. Sono stati i primi dischi che ho ascoltato così tanto da consumarli. Nel resto del mondo non posso non citare il duo francese PNL, gli americani Travis Scott, Chief Keef, ma anche la musica Rap e Trap Latina spacca. Ascolto anche diversi generi musicali. Non solo prevalentemente Rap.
- Gli artisti che hanno influenzato la mia scelta musicale sono: Gigi D’Alessio, Nino D’Angelo e Mario Merola. I cantanti neomelodici raccontano di situazioni di povertà e di vita popolare. Raccontano storie con trasporto ed emozione. Quindi i contenuti che trattano non sono poi così distanzi dalla musica Rap e Trap. Non parlo di canzoni d’amore, ma parlo di canzoni che trattano temi sociali. Grazie a questo ho capito che si può parlare di determinati argomenti. Questo genere musicale viene molto giudicato e subisce critiche per pregiudizi ed è una cosa che trovo abbia in comune con la Trap e la Drill. Anche questi due generi vengono giudicati per pregiudizi sociali. Come cantanti più moderni, sicuramente: “ClubDogo”, Marracash e tutta la prima scena hip pop italiana. Mi piaceva vedere persone in Italia che si avvicinavano a quello che facevano al di fuori dell’Italia. La cosa che piace della musica rap è che puoi dire e fare quello che vuoi.
Ricordate il vostro primo concerto?
- Il primo live si è svolto in un centro sociale nel centro di Genova, con il mio amico Millon. Ero molto emozionato però sapevo che sotto il palco, ad ascoltare, ci sarebbero stati i miei amici. Sempre pronti a sostenermi.
- Il mio primo concerto è stato brutto ma bellissimo. Si è svolto a Marassi, a Genova. Ero molto emozionato e ricordo che mentre cantavo la seconda canzone, i miei amici sotto il palco urlavano così forte le parole del testo, che io non ho più sentito il beat e ho dovuto rifare la canzone da capo. È stato strano ma divertente, anche perché ad ascoltarmi c’erano solo i miei amici.

Cos’è la musica per voi?
- Vita.
- Life.
Quanto è difficile emergere in questo mondo?
- Tantissimo. È difficile emergere. Riuscire ad essere ricordati è difficilissimo perché devi essere sempre innovativo. La concorrenza è tanta. Un po’ perché ora è di moda fare Trap e un po’ perché essendo un genere che non richiede doti particolari, tutti possono farlo. Alcuni sono forti, mentre altri un po’ meno. Emergere in un mercato in cui l’offerta è così tanta è difficile. Bisogna sempre cercare idee innovativa per far sì che le persone possano riconoscersi nella tua arte.
- Per emergere in questo ambiente devi avere i soldi. Il genere, dato che si è evoluto così tanto non è più soltanto una questione di bei testi, ma anche una questione di marketing. Devi saperti vendere e devi avere le possibilità di investire.
Attualmente lavorate con un’etichetta discografica? Se la risposta è no, spiegate quanto sia impegnativo il processo di produzione: trovare qualcuno che produca, distribuzione del materiale al pubblico, come vi fate pubblicità.
- No. Assolutamente no. Il sogno di ogni artista è riuscire a farcela da soli. Senza aiuto esterno. Emergere da indipendenti. Però è difficile. Il processo di produzione è complesso. Bisogna poter contare su un team affidabile e forte. Noi contiamo su una rete estesa di contatti che abbiamo consolidato nel corso di questi anni. Abbiamo affrontato alti e bassi, ma abbiamo raggiunto già alcuni traguardi, sempre da indipendenti. Un consiglio che mi sento di dare a chi vorrebbe intraprendere questa carriera è che non necessariamente bisogna avere una squadra su cui contare. Si può iniziare con basi registrare trovate su internet e caricare i video su Youtube. Per quanto riguarda la distribuzione del materiale, ci si può appoggiare a delle agenzie. Prevalentemente noi distribuiamo tramite Spotify. Per quanto riguarda la pubblicità, bisogna avere inventiva. Ad esempio quando è uscito il mio singolo, avevo fatto stampare alcuni adesivi con il QR Code, da spargere per la città. Sicuramente i Social hanno una grande influenza, soprattutto per chi non ha grandi budget pubblicitari. Sicuramente la più grande forma di propaganda resta l’esibirsi live davanti ad un pubblico di persone. Purtroppo data la situazione degli ultimi anni è stato impegnativo riuscire a sponsorizzarsi senza poter svolgere il proprio lavoro.
- No. Non lavoriamo con etichetta discografica. In questo ambiente servono le conoscenze, ma se non hai il talento non hai speranza di farcela. Non serve a nulla avere milioni di like sotto ad un post o migliaia visualizzazioni un video perché acquistati, perché sul lungo periodo il talento è quello che ti permette di emergere. Servono i soldi, ma bisogna anche saperci fare in questo mondo.
So che recentemente siete usciti con una nuova traccia intitolata: “Yessir”. Vi andrebbe di raccontarla ai nostri lettori?
- Si. Il video è stato pubblicato l’8 di giugno. Quest’anno è nato un feat con un ragazzo della periferia di Milano: Lyrabigk. Abbiamo fatto questa produzione molto bella, che parla di noi e della nostra parte più scontrosa, aggressiva. Raccontiamo le nostre esperienze. Ogni canzone racconta uno stralcio di vita vissuta. Ad esempio in questo pezzo parlo di un mio carissimo amico, un ragazzo che per me è un fratello, che purtroppo è stato espatriato e che spero di poter rivedere un giorno. È un pezzo molto forte sia a livello esplicito che a livello artistico. Il video, grazie a Luca Guanci ed ai ragazzi di Pogliano è venuto una bomba.
- Io quando scrivo le canzoni racconto quello che sto vivendo in quel momento. Questo pezzo lo dedico a tutte le persone che mi hanno sostenuto nonostante tutto perché amo quello che faccio e non potrei immaginare la mia vita senza tutto questo.

Se poteste dire qualcosa al vostro io di cinque anni fa, cosa gli direste?
- Se potessi dire qualcosa al me di cinque anni fa mi direi: valuta meglio le persone.
- Se potessi dire qualcosa al me di qualche anno fa gli direi di investire di più sulla sua musica.
Grazie per il vostro tempo, è stato un piacere per me conoscervi.
- Anche per noi, grazie per questa opportunità.
Il mondo della musica è spietato, ma il giudizio delle persone lo è ancora di più. Questo genere musicale non viene a pieno compreso, anzi spesso i testi così crudi spingono le persone ad esprimere opinioni senza nemmeno conoscere la storia che c’è dietro a queste parole. Sempre più giovani si avvicinano a questa corrente perché sempre più ragazzi vivono situazioni disagianti. Dopotutto anche la musica elettronica, la musica pop ed il rock prima di tutti, hanno ricevuto giudizi intransigenti dalle masse, ma hanno sempre trovato un vasto pubblico tra i giovani.
La musica può rendere gli uomini liberi.
Bob Marley

