
Ian Curtis: omaggio al paroliere e cantante dei Joy Division5 minuti di lettura
Ieri è stato il compleanno di Ian Kevin Curtis, quale migliore occasione quindi per rendere omaggio al paroliere dei Joy Division?
Nonostante la prematura scomparsa e una carriera fulminea, la band ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica, tracciando le linee guida per la new wave degli anni successivi. Meglio di chiunque altro, il gruppo ha rappresentato la transizione musicale e culturale, dal punk inglese degli anni d’oro al post-punk.
Nella Manchester post-industriale della working class degli anni ‘70, tre studenti della Salford Grammar School sono alla ricerca di un cantante. L’esibizione dei Sex Pistols nel 1976 alla Lesser Free Trade Hall, alla quale assistono i ragazzi, segna l’inizio dell’avventura. Prende vita l’idea di fondare un gruppo musicale.
La formazione definitiva della band, nata a Saltford nel 1977, vede Peter Hook bassista, Bernard Sumner alla chitarra, Stephen Morris alla batteria e Ian Curtis cantante.

A seguito del debutto discografico con l’EP An Ideal for Living, il gruppo acquista popolarità nella scena underground inglese. La svolta arriva con il produttore visionario Martin Hannett e l’etichetta discografica Factory Records.
Ian Curtis e la malattia
Ian, Curtis che si sposa a soli 19 anni con Deborah Woodruff e diventa subito padre di Natalie, trova lavoro a Macclesfield, sobborgo di Manchester, in qualità di funzionario assistente al recupero delle persone disabili e con disturbi psichici. Si occupa di favorire il loro reinserimento lavorativo e di garantire l’accesso alle tutele statali. È proprio da questa esperienza personale, che Ian Curtis trae ispirazione per il brano She’s Lost Control.
Bernard Sumner a tal proposito ha dichiarato:
“ She’s Lost Control parla di una ragazza che andava al centro e cercava di trovare lavoro. Era epilettica e la malattia stava prendendo sempre più spazio nella sua vita fino a che, un giorno, non si è più presentata al centro. Lui pensava che avesse trovato un lavoro, ma in seguito scoprì che aveva avuto un attacco ed era morta.”
Curtis stesso soffre di epilessia fotosensibile e nel corso degli ultimi anni della sua vita, la malattia raggiunge effetti così invalidanti da spingerlo nel vortice di una grave depressione. Ad aggravare la situazione, il deterioramento del suo legame matrimoniale ed il rapporto con Annik Honoré.
Muore suicida a 23 anni, il 18 maggio del 1980 nella sua casa di Macclesfield, alla vigilia del primo tour americano dei Joy Division.
Le speculazioni sulle motivazioni che portarono Ian al tragico gesto lasciano il tempo che trovano, se si pensa che anche la ristretta cerchia di intimi non seppe coglierne le avvisaglie. Pare che Ian fosse enigmatico, difficile da decifrare e avesse una straordinaria abilità nel dissimulare il suo malessere.
“Avevamo messo su un gruppo rock per poter prolungare la nostra adolescenza e fare a meno di ogni responsabilità: la pensavamo così. Per accorgersi di quanto Ian stava male tra noi ci sarebbe voluto qualcuno con un minimo senso di responsabilità, ma non c’era, vedevamo le cose in un’altra maniera”. – Bernard Sumner
La prematura scomparsa non ha fatto altro che alimentare il culto del suo personaggio. Gli altri componenti del gruppo invece, continuarono il loro percorso musicale dando vita ai New Order.
Ian Curtis: formazione ed influenze
Ian Curtis nasce il 15 luglio 1956 a Stretford, ma trascorre la sua infanzia a Macclesfield, dove frequenta la King’s School. È un ottimo studente appassionato di storia, poesia e letteratura.
Lettore raffinato, Ian ama Dostoevskij, Burroughs, Kafka, Gogol e Proust. Tra gli idoli musicali invece, figurano i Kraftwerk, Iggy Pop, Jim Morrison, Lou Reed, Velvet Underground e David Bowie. E proprio dal pezzo Warszawa del Duca Bianco, tratto da Low del 1977, prende ispirazione il primo nome del gruppo Warsaw, successivamente modificato in Joy Division.
“La divisione gioia” figura nel romanzo La casa delle bambole di Yahiel Finer del 1955 ed indica il reparto dei campi di sterminio, così denominato dai nazisti, nel quale le giovani deportate erano costrette dagli ufficiali alla prostituzione.
Joy Divison: combinazione perfetta tra suono e liriche

Due album in studio Unknown Pleasures (1979) e Closer (1980) e tre anni di attività per lasciare il segno nella storia della musica moderna.
A cosa si deve il successo dei Joy Divison? Probabilmente ad un suono che si amalgama perfettamente all’intensità emotiva dei testi, per chi possiede la sensibilità di coglierla. Ian Curtis infatti ha una straordinaria abilità di scrittura introspettiva e nelle liriche traspare una maturità non comune per la sua giovane età.
Ritmi ossessivi e incalzanti, splendide linee di basso, tamburi martellanti, chitarre sparse e la voce profonda e magnetica di Ian. La produzione del lungimirante quanto sopra le righe Martin Hannett ha certamente contribuito alla creazione di due album capolavoro. Tuttavia, il suono grezzo delle performance live dei Joy Divison è un’altra cosa.
“Dal vivo la nostra musica era piuttosto rumorosa e pesante, invece Martin l’aveva decisamente attenuata, specialmente per quanto riguarda le chitarre. La produzione aveva inflitto questo oscuro mood al disco: noi avevamo pensato a una foto semplice, in bianco e nero, ma Martin l’aveva colorata a suo piacimento”. – Bernard Sumner

