
Ha e Tha, il sole e la luna nella produzione di Anish Kapoor3 minuti di lettura
Ciò che segna uno scarto estetico-culturale tra la sensibilità orientale e quella occidentale è l’opposta concezione dei contrari, o dei complementari: se per l’Occidente esiste la separazione, tra corpo e mente, bene e male; dal mondo orientale emerge invece l’unione e la fusione di quegli elementi che per la nostra intuizione ontologica non potrebbero fare altro che fronteggiarsi. È necessario comprendere la ricerca di armonia tra le parti di coppie polari, l’uno e il tutto, l’uomo e il divino, il sole e la luna (ha e tha), per poter contestualizzare l’enorme contributo della produzione degli artisti che finiscono sotto l’etichetta di “orientali”, come Anish Kapoor.

Lo scultore indiano, di formazione inglese, si inserisce nel fenomeno della New British sculpture, esploso negli anni Ottanta e in pochi anni la sua arte diventa un fenomeno internazionale. La sua produzione sorprende per le dimensioni delle opere –si parla di 35 metri di altezza per il monumentale Leviathan ospitato a Parigi nel 2011– per i materiali utilizzati, ad esempio il Vantablack che ha ricoperto dopo dieci anni dall’installazione il Cloud Gate a Chicago, e per l’apparente incompatibilità che si riscontra tra monumenti come Turning the world upside down e ideazioni come Shooting into the corner.
Anish Kapoor: in equilibro tra due mondi

Nella poetica di Kapoor confluiscono senza attriti due componenti: una fortemente spirituale si concretizza nelle opere a specchio, legata alle idee di leggerezza e smaterializzazione, tanto che a proposito degli Sky mirror l’autore parla di non-materia; l’altra si delinea come organico-carnale con forte allusione erogena, e si svela attraverso l’uso del colore rosso e la violenza della materia.
Le due matrici sembrano appartenere a due genii differenti, tanta è la lontananza che le separa. Linee morbide ancestrali occupano tutto lo spazio che le circonda per cogliere la luce, il cielo, lo skyline, riflettere l’infinito metafisico; l’ inquietante vernice rossa gocciola inesorabile e si appropria a poco a poco del pavimento, il deterioramento della carne e delle interiora domina le sale del Museo d’arte contemporanea di Roma.

Eppure, proprio come l’ha e il tha prima citati, nell’ottica dell’unione delle estremità, esiste un filo che permette alle due anime di Kapoor di fondersi, abbracciarsi. Innanzitutto le megasculture presentano sempre forme dalle fattezze organiche, comprendono al loro interno concavo e convesso, e hanno come fine ultimo la riproduzione di frammenti circostanti inevitabilmente distorti, come se la realtà subisse la distorsione ottica al pari di una violenza. Il Leviatano inoltre presenta al suo interno un percorso, nella “pancia” del mostro biblico, tra spazi informi dove domina la sfumatura del rosso. A Londra uno Sky mirror si tinge di rosso. E ancora in Mirror, Laser red to oriental blue le componenti del sole e della luna compongono un’unica sigla nella logica degli opposti.

