
Il ritorno di Francesco Guccini con le sue Canzoni da intorto3 minuti di lettura
È passato un decennio da quando Francesco Guccini presentò il suo disco dal titolo profetico, L’ultima Thule. In quei giorni di fine novembre il cantautore modenese disse: “Probabilmente sarà l’ultima volta che scrivo canzoni“. Molti interpretarono le sue parole come un addio definitivo alle scene. E invece l’autore di Dio è morto ritorna con un nuovo lavoro, il venticinquesimo della sua lunga carriera, Canzoni da intorto.
Un disco di cover “perché – sottolinea l’artista – non ho mai detto che avrei smesso con la musica, solo che non avrei più scritto canzoni. Non me ne vengono più, non posso sforzarmi di suonare la chitarra per partorire un pezzo“. Guccini ha presentato il suo ultimo lavoro in una bocciofila di Milano, un posto fuori dal tempo, un ambiente che sa di rumore di bocce, briscole imprecate e bicchierini di digestivi post prandiali. Ma anche di lisci, convivialità gastronomica e musicale, con le chitarre che accompagnano vecchi pezzi in dialetto.
Un progetto pensato anni fa
Uno spirito d’altri tempi che riecheggia in questo Canzoni da intorto: “Queste sono canzoni che cantavo in compagnia degli amici – spiega il cantautore – nei locali di Bologna, nelle occasioni di incontro. Era da tanto che volevo fare un album del genere ma Renzo Fantini (produttore bolognese scomparso nel 2010 ndr) nicchiava, così non se n’è fatto più nulla. All’epoca mi sarebbe piaciuto cantare brani come Luci a San Siro o Com’è profondo il mare. Poi ho pensato a questa serie di brani che cantavo con gli amici. Quando l’ho detto ai discografici sono sbiancati, ma poi è andata in porto”.
Altro segno dell’autenticità di questo lavoro è l’assenza su tutte le piattaforme di streaming. L’album, infatti, sarà venduto solo in copia fisica. “Onestamente non so cosa sia lo streaming” ha confessato l’artista modenese. Un pensiero rinforzato dai discografici della BMG: “Molto spesso la musica in streaming ci fa perdere il valore di un album. Con questa operazione abbiamo voluto nobilitare il lavoro di un grande artista, così da poter ascoltarlo dall’inizio alla fine“.
Riscoprire brani poco noti al grande pubblico

Un canzoniere che Guccini rispolvera con interpretazioni cariche di pathos (“Ho fatto una faticaccia a cantare, poi allenandomi pian piano ci sono riuscito”), si va dalla struggente Ma Mi di Fiorenzo Carpi e Giorgio Strehler a El me gatt del mai troppo ricordato Ivan Della Mea, passando per i riferimenti alla Resistenza con Morti di Reggio Emilia di Fausto Amodei e Sei minuti all’alba di Enzo Jannacci. E omaggi alle canzoni di altri dialetti con la piemontese Barun litrum e la polesana Tera e aqua.
Una domanda sorge spontanea, perché Canzoni da intorto? Guccini lo spiega così nei crediti del disco: “Intorto è un modo gergale che significa imbonire, circuire per convincere qualcuno a prestarsi a proprio vantaggio“, rincarando la dose durante la presentazione: “È per far bella figura davanti a una ragazza o un ragazzo dicendo ‘la conosci Barun Litrum?’ e così vai a raccontargliela. Un modo per sembrare fighetti“.

