
Gio Ponti e la svolta storica nel Made in Italy4 minuti di lettura
Il suo nome è conosciuto in tutto il mondo e a lui è legata l’essenza della nuova architettura italiana e del design industriale moderno. Gio Ponti è la figura per eccellenza dell’avanguardia architettonica italiana.
Dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1921, iniziò una carriera prospera e di successo. Nello stesso anno inizia a lavorare come designer presso la fabbrica Richard-Ginori e fonda la rinomata rivista Domus, che da allora è un punto di riferimento nell’ambito dell’architettura e del design in Europa.
Ponti fu un creatore di grande versatilità, la sua dedizione alla creazione di una vita più adattabile per l’essere umano occupò tutta la sua attività e produzione. Dalle case, ville, edifici agli elementi che completano ogni angolo della sua architettura, riflettono tutti i lati che compongono la visione rivoluzionaria dell’artista. Villa Planchart ad esempio, è una delle sue costruzioni più complete.
Dal suo punto di vista artistico cercava il godimento visivo senza lasciare nessun oggetto fuori dall’estetica, le sue costruzioni di linee leggere ospitano stanze interamente decorate da lui, dai pavimenti ai mobili e agli oggetti che completano la vita nella casa.

Eclettismo e cultura nelle opere di Ponti
Con il progredire della sua carriera, il suo approccio alla sperimentazione diventa sempre più evidente, tanto da superare l’obsoleta distinzione accademica degli stili. Mettendo da parte artificiosi riferimenti storici e formalisti, Ponti diede vita a una nuova miscela di vecchio e nuovo. Ha saputo attingere al mondo greco, etrusco e romano, così come a un vasto repertorio figurativo di ispirazione “palladiana” e neoclassica, per fonderli e incarnarli nei suoi oggetti di ceramica.
Non solo era straordinariamente prolifico, ma il suo lavoro era insolitamente eclettico, riflettendo i diversi e spesso contrastanti stili e ideologie con cui ha sperimentato nel corso degli anni.
“Il mondo formale in cui viviamo è più ricco dell’antico, perché anche l’antico è incluso in esso; nella nostra cultura l’antichità è un fatto “contemporaneo”; nella cultura non c’è antichità: c’è la presenza simultanea e meravigliosa di tutto ciò che è antico e presente: e la misteriosa attrazione del futuro.”
Gio Ponti

Ponti come essenza del “Made in Italy”
Vale la pena ricordare il contesto storico in cui visse l’architetto e designer Ponti. Il fascismo italiano e la seconda guerra mondiale sono stati lo sfondo in cui ha agito. Ponti divenne una figura di riferimento internazionale e, quindi, un motivo di orgoglio per la patria italiana. Per questo motivo, le sue creazioni erano a quel tempo il miglior riflesso del “Made in Italy”. Era in grado di progettare tutto, dai grandi edifici a un semplice cucchiaio da caffè.
Tra le sue creazioni più eccezionali e iconiche c’è la sedia Superleggera, o la poltrona Gabriela, frutto della collaborazione con aziende come Cassina, che produce la sedia Superleggera ininterrottamente dal 1957. Mentre Molteni & C. vende una ricca collezione di mobili e sedie come la poltrona D.154.2 (1953), la poltrona rotonda D.154.5 (1954), la poltrona D.153.1 (1953).

Il lavoro di Gio Ponti è guidato da un umanesimo profondamente compreso e non considerava l’architettura come uno strumento per riformare o deformare le persone, non aveva alcun interesse a dire alle persone come vivere la loro vita; infatti, una caratteristica di tutto il suo lavoro è la totale assenza di qualsiasi tentativo di esercitare potere sulle persone. Secondo lui, l’architettura e il design dovrebbero essere al servizio dell’umanità, non il contrario.
Nel 1954 fu uno degli ideatori del premio Compasso d’Oro. Questo fu l’inizio di uno dei suoi periodi più fruttuosi, soprattutto nel design di prodotti come mobili e accessori caratterizzati da linee pulite condite da un gusto sofisticato e moderno, mentre nel campo dell’architettura completò il progetto di uno degli edifici simbolo di Milano, il grattacielo Pirelli (1956).
La versatilità di Ponti lo ha portato a lavorare come designer per 120 aziende, ha anche costruito in 13 paesi, ha curato riviste producendo 560 numeri e ha scritto almeno un articolo per ciascuna di esse.

