
Freaks Out dà una scossa al cinema italiano. La recensione del film di Gabriele Mainetti5 minuti di lettura
Uscirà il 28 ottobre nelle sale italiane il nuovo film di Gabriele Mainetti, già autore di quel Lo chiamavano Jeeg Robot che ha aperto la finestra del cinema italiano per far uscire l’odore di chiuso e stantio. Con Freaks Out, Mainetti galvanizza la sala, dando una solida scossa a tutto lo snobismo Made in Italy relativo al nostro cinema.
Freaks Out non ha niente di italiano eppure è tutto italiano, dimostrando che qualcosa di diverso dalla commedia degli equivoci e dal drammone delle periferie tanto cari al cinema nostrano si può e si deve fare.
Freaks Out parla una lingua diversa
Nonostante la romanità intrinseca a tutti i protagonisti della storia, Freaks Out parla un linguaggio diverso allo spettatore italiano. Giochi di magia, effetti speciali che si rendono protagonisti non invadenti della scena (pur con qualche momento calante) e grandi performance attoriali contribuiscono a fare di questo nuovo attesissimo film un tesoro da non perdere.
Il circo Mezzapiotta, diretto da Israel (Giorgio Tirabassi) tira a campare in un’Italia devastata dalla guerra. Siamo nel 1943 e Roma è diventata tragicamente quella “città aperta” che Rossellini ha tratteggiato a pochi mesi dal silenzio delle armi e che Mainetti cita con raffinatezza in alcune inquadrature dei rastrellamenti in città.

Assieme al padrone del circo senza tenda ci sono quattro freaks, o fenomeni da baraccone, dotati non solo di un aspetto insolito, ma di poteri unici e speciali: Fulvio, l’uomo lupo interpretato da un ottimo e irriconoscibile Claudio Santamaria, è dotato di una forza straordinaria, Cencio, giovane albino allampanato con il volto di Pietro Castellito, è capace di evocare e piegare al suo volere insetti di ogni tipo (“tranne le api. Le api me stanno sur cazzo“), Mario, il nano interpretato da Giancarlo Martini, attira il metallo come una calamita umana.
Infine c’è Matilde, con un potere che la terrorizza e che non controlla, facendola vivere nel terrore di ferire gli altri intorno a lei. A darle viso e voce Aurora Giovinazzo al suo primo ruolo sul grande schermo.
Lo strano gruppo si dà da fare come può, specie dopo aver perso la loro guida, andato a organizzare la loro partenza per l’America. Ad attirarli il grande e colorato Zirkus Berlin, un magnifico tendone montato dai nazisti dove, in un tripudio di svastiche, regna il nevrotico Franz (Franz Rogowski), una pianista affetto da esadattilia capace di vedere il futuro.
Franz sa della sconfitta della Germania nazista e della capitolazione di Hitler ed è convinto che l’unico modo per ribaltare la storia sia trovare quattro misteriose figure dai poteri speciali, dei freaks diversi dagli altri.
Attori, regia e sceneggiatura: la ricetta di Freaks Out sconvolge il cinema italiano
Freaks Out mette insieme una serie di ingredienti che fanno di un film un grande film: un ottimo cast usato al meglio delle proprie capacità, con ruoli ambiziosi e profondi. Assolutamente degno di nota il lavoro di Franz Rogowski, che si cala nei panni di Franz, un nazista terribile che alterna una figura tragicomica a quella di mostro senz’anima, dal Grande Dittatore di Chaplin ad Amon Göth, l’aguzzino di Auschwitz (non a caso Amon è proprio il nome del fratello di Franz).

La regia si muove sicura in un’ambiente che salta dal reale alla finzione, dalla tragedia storica alla magia del fantasy con soluzioni indovinate che si uniscono alla fotografia potente di Michele D’Attanasio. In Freaks Out il circo è spettacolo puro (che rende omaggio alle affascinanti quanto terribili coreografie naziste) e la guerra è caos, perdita di punti di riferimento, rumore, fumo e paura. I personaggi sono delineati in punta di pennello, senza l’uso improprio di flashback o interruzioni di narrazione. Bastano poche parole, pochi gesti per raccontare la sensibilità e il vissuto di Fulvio, Cencio, Mario e Matilde.
A muovere i fili della storia ci pensa poi la sceneggiatura, curata dallo stesso Gabriele Mainetti insieme a Nicola Guaglianone. Nonostante qualche caduta nel cliché dei film di supereroi (il personaggio più debole che si rivela il più potente, lo sbilanciamento di poteri tra la protagonista e il resto del gruppo) storia e sceneggiatura si muovono in modo armonico e leggero, come le lucciole danzanti di Cencio.
Non è 2021 senza Easter Egg: ecco quelli di Freaks Out

I film degli ultimi anni si caratterizzano per giocare (chi meglio chi peggio) con l’omaggio e la citazione, con il riferimento pop che riempie Internet di articoli, discussioni e video su YouTube. Freaks Out non fa eccezione, giocando con tutta la cinematografia dedicata agli anni della Seconda Guerra Mondiale, al nazismo e all’Olocausto.
Mainetti non è però il regista di un filmetto Warner qualsiasi: le sue citazioni sono raffinate, difficili da scovare e sempre in linea con lo scorrere del film. Bastano un nome, un’inquadratura di pochi secondi, un oggetto e ritroviamo Roma città aperta, Il grande dittatore, Bastardi senza gloria, Shindler’s List e tantissimi altri.

