
The Floating Collection: la scommessa “fluttuante” del MAMbo9 minuti di lettura
Dal 28 ottobre fino alla prima settimana di gennaio, il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – ospiterà come prima mostra della stagione The Floating Collection. Si tratta di una collettiva che unisce lavori inediti e opere rimodulate appositamente per questa occasione espositiva, di sei artiste e artisti: Alex Ayed (Strasburgo, 1989), Cevdet Erek (Istanbul 1974), Alexandra Pirici (Bucarest, 1982), David Jablonowski (Bochum, 1982), Rä di Martino (Roma, 1975), Miao Ying (Shanghai, 1985).
Alla ricerca di nuovi sguardi e nuovi immaginari
Il progetto, a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, prende avvio due anni fa, dalla suggestione esercitata dai dibattiti internazionali riguardanti i processi di decolonizzazione dei musei etnografici e antropologici, i possibili nuovi canali di fruizione del patrimonio artistico-culturale, attraverso la sperimentazione di approcci inediti sulle collezioni e sulle modalità di esposizione.
Ecco che l’aggettivo fluttuante, scelto per identificare la cifra stilistica di questa ricerca, raccoglie numerose significazioni e altrettante possibilità lasciate da esplorare.
Elena Di Gioia, delegata del sindaco alla Cultura di Bologna, durante la conferenza stampa del 26 ottobre ha voluto sottolineare il valore di questa scommessa. Fluttuante, perché l’istituzione del MAMbo si propone di navigare dentro molteplici traiettorie nelle opere, negli oggetti, e nel patrimonio culturale conservato a Bologna; prendere posizione contro l’impostazione enciclopedica e la narrazione univoca del museo occidentale per proporre oscillazioni costanti di senso; porre la focalizzazione sulla rilettura del patrimonio attraverso la creazione di nuove opere che sollecitino ulteriori domande.
L’idea che anima il lavoro perpetuato da Balbi e Molteni, non senza difficoltà a causa del periodo pandemico, è quella per cui l’arte contemporanea si presenti come possibile creazione di nuovi linguaggi e renda il museo un laboratorio, un organismo vivente.

L’installazione pensata per il MAMbo da Cevdet Erek reinterpreta il patrimonio medievale bolognese e la tendenza al riciclare elementi architettonici; le colonne riproducono quelle delle chiese della città, una fedelmente, l’altra capovolta con appoggiato il calco in gesso della croce di San Lorenzo a Varignana. Inoltre il modulo sospeso nello spazio -e nel tempo- rappresenta una costante formale che modella la città, i portici, le colonne e la ciminiera stessa della sala espositiva. Per questo motivo l’opera va osservata e interpretata da punti differenti della sala: dialoga infatti con la vecchia ciminiera presente nello spazio d’esposizione e Il funerale di Togliatti di R. Guttuso che si intravede dal piano superiore del museo.
Le artiste e gli artisti sono stati coinvolti quindi come veri e propri ricercatori: invitati a trasferirsi temporaneamente a Bologna, hanno potuto visitare i diversi musei che hanno collaborato con il MAMbo, le collezioni conservate, il patrimonio culturale che anima la città e ne invade anche gli spazi civili.
Le sollecitazioni, il loro sguardo inedito, la capacità di cogliere dettagli e restituire nuove narrazioni: questo è stato il processo che ha portato alla realizzazione della collezione fluttuante. Le sei personalità scelte provengono da luoghi del mondo tra loro lontani, utilizzano un linguaggio artistico significativamente differente, canali mediatici tra i più disparati. Questa eterogeneità rende però le alternative proposte ancora più interessanti.
Gli oggetti: tra collezioni cristallizzate e nuove provocazioni

Alex Ayed ha riportato tre strisce per eliofanografo prelevate dal Museo della Specola riattivandole come opere: lo strumento di misura del raggio solare diventa la possibilità di osservare la luce, la bruciatura, la traccia del sole che resta impressa sospesa nel tempo e acquista una dimensione filosofico- esistenziale.
A destra: A. Ayed, Untitled (Fossils and Shells), 2022
La polifonia di stili proposti dalla collezione fluttuante si apre con una “mostra nella mostra” allestita da Alex Ayed. Il giovane artista francese ha ideato un’esposizione coerente basata sui temi della catalogazione e della misurazione.
La riattivazione di significati passa nel suo lavoro attraverso l’esposizione decontestualizzata di oggetti etnografici come la Tavola del colore degli occhi di R. Martin e B. K. Schultz del 1930. Questo reperto rappresenta l’estremizzazione della voglia di catalogare dell’uomo che sfocia nel razzismo scientifico di primo Novecento. Allo stesso tempo però evidenzia un’ulteriore problematicità: questi oggetti sono da nascondere, occultare, hanno una responsabilità etica se esposti al giorno d’oggi, oppure necessitano di un nuovo spazio neutrale che permetta di rimetterli in discussione e sondarli nella loro complessità?
Il filone del collezionismo riemerge anche in Untitled (Fossils and Shells). La collezione di conchiglie e fossili mai catalogata e celata dai magazzini, vede per la prima volta la luce e la sua ufficializzazione proprio grazie a questo progetto.

Sullo sfondo: A. Ayed, Untitled (Sail XXXII), 2022
La sospensione espositiva di The Floating Collection
Il lavoro realizzato da Cevdet Erek (prima immagine) lancia al contempo una critica e la proposta di una nuova via per la ricerca. La sua installazione site-specific intende rivedere i canoni tradizionali della sovrastruttura museale, per aprire un dialogo che coinvolga tutte le articolazioni del museo e la storia architettonica e rituale della città.

Performance, versione duetto. Assume estrema importanza anche la dimensione acustica proposta durante l’azione continua.
Tra le Colonne della Curiosità, nonché al centro dello spazio espositivo della sala delle ciminiere, ha luogo la performance riaggiornata Re-collection di Alexandra Pirici. L’azione continua è linguaggio del corpo che si unisce alla recitazione. Parola e gesto danno vita ad una nuova narrazione che reinterpreta le collezioni bolognesi e fornisce un’inedita possibilità di fruizione e di conoscenza del passato.
“Floating” tra diversi canali mediatici: la sperimentazione nelle animazioni e nella musica
Miao Ying porta al MAMbo due video animati che coniugano le impressioni suscitate dalla città di Bologna al suo retroterra culturale di provenienza. Il focus del lavoro solleva una domanda sul contemporaneo: cosa riconosciamo come valore nella società post-moderna?
Il trattamento dei dati degli utenti e la messa in atto di sistemi di sorveglianza sono temi che ricorrono nell’opera di Ying, vissuta in una Cina segnata dal controllo dei contenuti provenienti da siti stranieri. La riflessione si articola in un confronto con il passato medievale della città di Bologna, in particolare prendendo in considerazione la sfera religiosa.

Software di simulazione di Machine Learning, durata infinita
Le animazioni sono create attraverso un algoritmo di intelligenza artificiale che scrive una storia estraendo da diversi testi selezionati dall’artista brani, personaggi, situazioni. Ne risulta una trama sempre meno dotata di senso ma che restituisce l’idea di un sistema auto-performante che progressivamente si slega da chi lo ha progettato per prenderne il controllo.
La narrazione, ambientata in un Medioevo immaginario in cui le indulgenze vengono riscosse in Bitcoin e associato al controllo del comportamento sociale, vede come protagonista uno scarafaggio innamorato. Quello scarafaggio rappresenta la condizione dell’uomo contemporaneo: dati utili, ma facilmente sostituibili.

Coprodotto da MAMbo, Azienda Speciale Palaexpo, Fondazione Merz, Triennale di Milano, Snaporazverein
Il film di Rä di Martino, invece, si concentra sulla dimensione acustica. Il nucleo del lavoro sta nella realizzazione della colonna sonora, prodotta da Mauro Remiddi. Musica originale dal vivo e musica elettronica si fondono con campionature provenienti dalle registrazioni di alcuni strumenti del Museo Internazionale della Musica di Bologna. Le storie di questi suoni procedono parallelamente alle immagini di un uomo intrappolato in una casa-museo, che cerca di ritrovare la libertà.
Le evocazioni dei materiali
Le opere proposte da David Jablonowski si articolano in fasi temporalmente diverse della sua produzione. In Prediction Tower, Taobao Village del 2015 l’artista si protendeva a prevedere il futuro della tecnologia, intessendo il proprio personale inno alla ricerca digitale, mantenendolo però saldamente legato a forti riferimenti al passato.
La riflessione di Jablonowski anche nella nuova produzione si muove tra progresso tecnologico e obsolescenza, materiali innovativi che rimandano alla produzione industriale e oggetti di un passato antico (come un forcone da fieno). La cultura che consideriamo più avanzata, quella sostenuta dalla rete, dai dati, rimane ancorata a quella popolare. I materiali antichi e più poveri sono ancora in grado di evocare scenari e di convivere visivamente con identità e concetti lontani dal proprio tempo.

Ad ampliare ulteriormente gli immaginari possibili aperti da questa ricerca, un volume accompagna la permanenza di The Floating Collection. Si tratta di un libro che raccoglie i riferimenti che hanno influenzato gli artisti con le varie collezioni visitate che descrivono una mappa della città costruita attraverso i loro occhi.
Oltre a ciò, si trova l’apporto di tre scrittrici, poetesse, che hanno prodotto testi molto diversi che ancora propongono nuove prospettive sulla città. Attraverso i racconti di Vaiva Grainyté, Wissal Houbabi e Lisa Robertson, la letteratura contemporanea si lega alle arti visive. La parola entra come nuova potenzialità nel panorama delle sperimentazioni del MAMbo.

