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Musica

Fiori rosa, fiori di pesco di Battisti: una mano la si stringe, oppure non la si sfiora nemmeno3 minuti di lettura

Una storia che finisce ma un amore che non si esaurisce. La presa di coscienza di un errore. Il ritorno. Questo è ciò che Lucio Battisti racconta in Fiori rosa, fiori di pesco, uno dei suoi brani più intensi, che vanta anche la firma di un autore straordinario come Mogol.

Alla registrazione del brano, contenuto nell’album Emozioni del 1970, partecipano anche musicisti dal calibro di Flavio Premoli, Franco Mussida e Franz di Cioccio, rispettivamente tastierista, chitarrista e batterista della PFM. Per tutti questi motivi e per la tenerezza con cui l’autore canta il dolore di un amore rimpianto, Fiori rosa, fiori di pesco valse a Lucio Battisti la seconda vittoria consecutiva al Festivalbar ’70 (l’anno precedente aveva infatti trionfato con Acqua azzurra, acqua chiara).

Fiori rosa, fiori di pesco: il significato della canzone

L’album Emozioni

Il brano, a una lettura sintetica, racconta in modo dolce e delicato la fine di un amore: l’io desidera ancora la donna che ama e che ha lasciato, ma scopre che il suo posto è stato ormai occupato da un altro uomo. Il testo, però, che è un piccolo scrigno di parole, si presta ad ulteriori riflessioni.

L’io autoriale possedeva l’amore e l’ha perso, voltandosi verso il luccichio di altri occhi.

Credevo che l’azzurro di due occhi per me
Fosse sempre cielo

Ma questi occhi sempre cielo evidentemente non sono. Ha fatto un errore, se ne rende conto, e il rimorso lo uccide. Quale orgoglio in questi casi può vincere sull’amore? Il protagonista corre a casa di lei, la rivuole, rivuole ogni cosa del loro amore. È trascorso un anno dall’ultima volta.

[…] ho un anno di più
Stessa strada, stessa porta

Scusa se son venuto qui questa sera
Da solo non riuscivo a dormire perché
Di notte ho ancor bisogno di te

Fammi entrare per favore, solo
Credevo di volare e non volo

L’io protagonista non sa che esiste un altro uomo nella vita di lei. Almeno, non ancora. Adesso è così fuori di sé, così intimamente convinto di rivolerla, che non pensa ad altro che a riconquistarla.

Irrompere improvvisamente nella vita di qualcuno dal quale ci si è coscientemente allontanati è un atto di follia. La vita dell’altro ha ripreso il suo naturale corso e magari ha fatto spazio ad altre persone, come nel caso di questa canzone. Ma è anche vero che fare dei calcoli errati è umano, almeno quanto è vero che non si può vivere di rimorsi. E allora perché privarsi del tentativo di rimediare?

Tornare si trasforma però in un atto egoistico e prevaricante nel momento in cui non si ha calibrato il peso delle proprie azioni. Chiunque bussi alla porta di una persona a cui si ha fatto del male è consapevole di scombussolarla. È consapevole di riportare a galla dolore e di generare dubbi, domande e angosce. Per questo motivo alla base dei suoi gesti deve esserci una assoluta e cieca sicurezza.

Almeno l’io cantato da Battisti arriva a casa di lei e, per un motivo diverso (la presenza, cioè, di un altro uomo), si rende conto che non avrebbe nessun senso stravolgerle la vita. C’è però chi non possiede la stessa gentilezza.

Se è sconvolgimento quello che si sta per causare ed è per forza così – si deve avere ben chiara in mente la meta.  La si deve desiderare con ogni fibra del proprio corpo. Ma se non si è certi di voler stringere le mani dell’altro, sfiorarle è un atto vile ed egoistico. È prendersi gioco dei sentimenti altrui. È soddisfare un temporaneo capriccio personale. E tutto il bene che si professa di provare per l’altro, non diventa altro che una meschina bugia.

E di quell’amore finisce per non preservarsi più nemmeno il ricordo.

Sono laureata in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. Collaboro con alcune testate giornalistiche online e cartacee, dove scrivo soprattutto di diritti, salute mentale e valorizzazione di cultura e istruzione, che ritengo fondamenta essenziali per la costituzione di una società salda e dotata di capacità critica.