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Filippo Tommaso Marinetti: la velocità e il non sense4 minuti di lettura

Filippo Tommaso Marinetti, poeta, scrittore, drammaturgo e militare italiano, è una figura di riferimento della prima metà del Novecento e certamente controversa: c’è chi lo considera un genio e chi un ciarlatano. Sicuramente il suo nome è legato a una importantissima novità letteraria tutta italiana: il Futurismo.

Il primo merito di Marinetti è la sua visione aperta della realtà che gli ha permesso di capire il cambiamento in atto nella società del suo tempo, redigendo il Manifesto del Futurismo nel 1909.

Filippo Tommaso Marinetti

Conosciamolo da vicino

Filippo Tommaso Marinetti nasce in Egitto nel 1876. Figlio di una famiglia molto ricca, potè viaggiare molto, pubblicare le proprie opere e affittare gallerie e teatri per gli spettacoli futuristi.

Nel 1888 entra nel collegio St. François-Xavier dei gesuiti francesi, dove fonda la sua prima rivista, Papyrus dai gusti non vicini a quelli dei gesuiti che per questo lo minacceranno di espulsione. 

Si trasferisce a Parigi dove si diploma nel 1893 ed entra in contatto con la scena culturale e artistica del tempo, iniziando a scrivere le prime poesie in francese. Torna in Italia e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, laureandosi poi a Genova. Nel 1898, una volta conseguita la laurea, decide di dedicarsi interamente all’arte, sconvolto dalla prematura morte del fratello. Nel 1902 muore anche la madre, e da questo momento Filippo Tommaso Marinetti si dedica alla letteratura: dalla poesia ai romanzi, fino al teatro nella sua estremizzazione con le Serate Futuriste.

Futurismo toto nostro est

La visione aperto del suo periodo storico e la voglia di non rimanere indietro, portarono Marinetti al teorizzazione del Futurismo. 

Il Futurismo, in due parole, è la prima avanguardia storica letteraria italiana. Si basa sul concetto di velocità e di immediatezza. L’uomo futurista è un superuomo che prende da Nietzsche e D’Annunzio superandolo per decomporsi quasi in movimento e suono.

Il Manifesto del Futurismo fu redatto da Marinetti nel 1909 e firmato dai primi sei intellettuali che ne abbracciarono i principi: Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini e lo stesso Marinetti. Fu pubblicato anche in francese sul quotidiano Le Figaro.

Nasce così il Futurismo promotore del cambiamento, allontana il passato e celebra le nuove tecnologie come la macchina, e esalta doti come il coraggio e la noncuranza del pericolo. La maggior parte degli intellettuali che aderirono al Futurismo si dichiararono anche interventisti, appoggiando la propaganda fascista dell’intervento dell’Italia in Guerra.

Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini, Filippo Tommaso Marinetti

Le parole in libertà e gli estremi futuristi

Nel 1911 Marinetti si reca in Libia come giornalista per documentare il conflitto e i sogni coloniali dell’Italia, raccontando tutto nell’opera La battaglia di Tripoli. Scrive anche Le monoplan du Pape, un romanzo in versi che gli fa capire di dover andare oltre rispetto alla classica composizione in versi.

In questo periodo, Marinetti sperimenta a più non posso con le parole e la letteratura. Scrive il romanzo Le monoplan du Pape, che va oltre la distinzione in versi. È in questo periodo che compare la famosissima Zang Tumb Tumb, probabilmente l’opera di Marinetti che divide maggiormente la critica. 

Si tratta di una composizione fatta di parole onomatopeiche, che celebrano la musicalità delle parole e l’espressione delle voci che leggono. La composizione descrive la guerra bulgaro turca, imitandone i suoni e i sentimenti di spaesamento: utilizza metodi di stampa particolari inserendo caratteri tipografici di varie dimensioni, alternando grassetto, corsivo, stampatello e maiuscolo.

Le parole in libertà non vengono apprezzate da Palazzeschi e da altri letterati, che decidono di conseguenza di lasciare il movimento.

Le serate futuriste rappresentano l’estremo futurista del teatro. Si tratta di performance innovative ed eccentriche, che variano dalle declamazioni poetiche alle esecuzioni musicali, spettacoli di cabaret e scherzi al pubblico, più o meno cattivi. Lo scopo era distruggere la fruizione del teatro borghese, coinvolgendo attivamente il pubblico rendendolo partecipe della nuova visione futurista dell’arte e della cultura.

Il Futurismo anticipa la rivoluzione teatrale degli anni ’60, l’azione scenica invade la sala e gli spettatori: fischi, grida, insulti, lanci d’ogni genere, scontri fisici, inseguimenti per le strade, risse e immancabili arresti. Si parla di una performance in cui il pubblico si ritrovò solo in sala e i performer non si presentarono.

Non lo diresti ma ho 26 anni. Sono siciliana e questo lo potresti dire dopo avermi sentita parlare! Vivo a Pavia dal 2016, qui ho fatto lettere e mi sono laureata e ora studio cinema, teatro e arte contemporanea alla magistrale. Ho scelto di scrivere quando ero piccola perché penso che a parlare sono bravi tutti e poi si sa: scripta manent. Sono la terza di quattro figli, ho due bellissimi cani e una piantina di aloe, mi piace leggere soprattutto in treno o nei cortili dell’università e ascoltare musica dalle mie cuffiette con il filo. Le tragedie greche a teatro sono un appuntamento fisso, come i thriller che guardo spesso coprendo gli occhi con le dita. Per le serie tv non c’è storia: bringe watching tutta la vita. Se dicessi che il mio quadro preferito è Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles, sarebbe troppo banale per questo scelgo Sogni di Vittorio Corcos.