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Cinema

Federico Fellini, ossimori di un magico realismo4 minuti di lettura

Fellini ed il fantarealismo

Genuine emozioni che descrivono tratti dell’animo umano. È questo che caratterizza l’opera cinematografica di Federico Fellini, maestro di un cinema che non ha paura dell’usura del tempo, ma che crea — per definizione — un realismo magico, all’interno del quale situazioni e contesti concreti vengono decorati di elementi straordinari, fino a rendere difficile allo spettatore l’identificazione di un confine definito tra fantasia e realtà.

Ciò che linguisticamente si presenta come un ossimoro, non è altro che la prova dell’esistenza di una dimensione in cui è possibile prendere le distanze da una definizione, lasciando sempre aperti scorci a dei fugaci accenni di magia che devono essere il condimento alla nostra quotidianità. 

“Giulietta degli spiriti”, Federico Fellini, 1965

“I concetti di volume, colore, prospettiva, sono un modo d’intendersi con la realtà, una serie di simboli per definirla, una mappa, ed era proprio questo rapporto intellettuale che veniva a mancare (…) Anche quella volta la realtà degli oggetti, dei colori, della luce, non aveva più alcun senso conosciuto. (…) Le cose diventano innocenti perché togli di mezzo te stesso; una verginale esperienza, come il primo uomo può avere visto vallate, praterie, il mare. Un mondo immacolato che palpita di luce e di colori viventi col ritmo del tuo respiro; tu diventi tutte le cose, non sei più separato da loro, sei tu quella nube vertiginosamente alta nel mezzo del cielo, e anche l’azzurro del cielo sei tu, e il rosso dei gerani sul davanzale della finestra, e le foglie, e la trama fibrillante del tessuto di una tenda.”

(cit. “Federico” di Tullio Kezich)

Oniriche atmosfere felliniane

Fellini ha definito il cinema “il modo più diretto per entrare in competizione con Dio”, e non si fa fatica a cogliere la sua intenzione nelle diverse opere da lui prodotte. Il cinema di Fellini è poesia visiva, è comunicazione di un’ideale, è educazione all’amore per la vita. Le pellicole dell’autore sono quello che di più vicino ad un sogno potremmo trovare nella vita che viviamo ad occhi aperti: attimi sospesi e tempi indefiniti, all’interno dei quali i personaggi si muovono spinti da umani istinti di passione.

Le allegre composizioni sonore di Nino Rota, colonna portante delle opere di Fellini, rifiniscono le atmosfere oniriche del regista accompagnando alle immagini delle melodie di valzer circensi, capaci di nascondere dietro quella che a primo impatto sembra gioia un’aspra malinconia, carattere anch’esso fondamentale nelle opere di Fellini. 

Sul set con Fellini, fotografia di Tiziana Callari ©

Una facoltà visionaria consapevole

Nonostante il desiderio di Fellini di rappresentare mondi dalle ambientazioni oniriche, il regista non si lascia mai andare ad una totale perdita della razionalità. Lui stesso si definì alla ricerca di una facoltà visionaria consapevole, condizione secondo lui idealmente ottimale per poter mantenere l’infantile capacità di immaginare che funge da carburante alla creatività anche durante un’età adulta in cui l’essere responsabili diventa una necessità. 

La dolce vita

Tale razionalità sarà la dote che, durante una seconda e più matura fase della sua carriera, porterà l’autore alla produzione de “La dolce vita” (1960). Una denuncia alla città di Roma, ormai casa ospitante di Fellini da anni, nella quale il regista sperimentò livelli di inquietudine che sarebbe stato un peccato non rappresentare tramite il mezzo cinematografico. Così nasce il racconto di una Roma vissuta durante il boom del “miracolo economico italiano”, una pellicola che fu definita “una drammatica allegoria sul deserto che sta dietro la facciata di un carnevale perpetuo”.

È qui che conosciamo l’altra medaglia dell’estetica onirica felliniana, al manifestarsi di una preannunciata svolta nella narrazione: il sogno come luogo di inquietudine. “La dolce vita” è un perfetto esempio delle sottintese prese di posizioni politiche tipiche del cinema felliniano, attraverso il quale l’autore, raccontando di differenti situazioni e personaggi, ha spesso espresso i suoi favoritismi rispetto a precise ideologie. 

“La dolce vita”, Federico Fellini, 1960

Un’equilibrio tra fantasia e responsabilità

L’onestà intellettuale di Fellini sta in equilibrio tra un’incredibile capacità di trasportarci in dei mondi di infantile fantasia ed il coraggio di fare della sua produzione cinematografica un’opera educativa attiva, regalandoci meravigliose immagini ricche di significato. 

Laureata in Direzione Artistica, prosegue il suo percorso formativo frequentando un Master in Curatela di Arte Contemporanea all’Università Delle Arti di Zurigo. Lavora principalmente nel mondo dell’arte e dell’editoria, scrivendo di temi quali fotografia, design, architettura, moda e cinema, le tematiche che di più la appassionano.