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Cinema

È stata la mano di Dio, il nuovo film di Sorrentino è su Netflix. La recensione4 minuti di lettura

Napul’è mille culure, Napul’è mille paure…” con le parole di Pino Daniele si chiude È stata la mano di Dio, tra i film più coinvolgenti e intimi di Paolo Sorrentino. Un viaggio nella Napoli degli anni Ottanta, dall’arrivo sul prato del San Paolo di Diego Armando Maradona fino alla vittoria dello scudetto nel 1987. Una Napoli che parla del giovane Fabio, alter ego del regista e che attraverso i suoi colori e le sue paure trasmette le emozioni di un 16enne alle prese con una vita sfilacciata, dai contorni un giorno incerti e il giorno dopo troppo netti.

La pellicola è candidata agli Oscar 2022 come Miglior film straniero ed è disponibile su Netflix dal 15 dicembre 2021. Un consiglio? Non perdetelo per nulla al mondo.

Napoli parla e respira al ritmo dei protagonisti

Chi conosce i film di Paolo Sorrentino sa che una delle sue più grandi capacità è far parlare le immagini. Momenti privi di sonoro che si rivelano la chiave di volta per la comprensione del film, degli stati d’animo dei suoi protagonisti e del messaggio del regista. Se nella Grande Bellezza a parlare per Gep Gambardella era una Roma molle e decadente, a parlare per l’inquieto Fabio Schisa è Napoli, una Napoli che cambia e si trasforma. Dalle villette del Vomero ai vicoli bui del centro storico fino alla calma del mare, che porta il protagonista a vedere la città da lontano.

Fabio (Filippo Scotti) è un 16enne riccio e allampanato, che cresce in una famiglia felliniana, tra i genitori che si amano e si pugnalano, zie maligne in pelliccia, nonni fatalisti e zie tanto belle quanto inquiete. Un microcosmo di benessere, dal quale Fabio non sa cosa sognare per il futuro. Suo fratello (Marlon Joubert) vuole fare il cinema, ma viene scartato per la sua faccia convenzionale da “cameriere di Anacapri”. Così il cinema passa sopra il cuore di Fabio, che aspetta da troppo di vedere C’era una volta in America con suo padre Saverio, interpretato dall’immancabile Toni Servillo, in una performance divertente e delicata.

Fare il regista sembra una cosa sporca da confessare, così Fabio lo tiene per sé, svelandolo solo alle donne che più ama: sua madre Maria (una dolcissima Teresa Saponangelo) e alla zia Patrizia (Luisa Ranieri), suo primo incontro con il corpo femminile e prima finestra della sua vita sul dolore. Il dolore. Quando Fabio prova il dolore ha solamente 16 anni e la vita sembra spegnersi, i colori farsi tetri. Tutto diventa pesante nella seconda metà del film, anche grazie alla fotografia espressiva al massimo ma mai ridondante di Daria D’Antonio.

La mano di Dio e la regia di Sorrentino

È stata la mano di Dio si riferisce ovviamente al gol forse più famoso della storia del calcio, quello che Maradona fece contro l’Inghilterra nei Mondiali del 1986 e che il nonno di Fabio commenta come “la rivincita dell’Argentina per il fallito golpe alle Malvinas“.

La mano di Dio è anche quella che salva Fabio dal suo destino e lo conduce a conoscere l’irruento regista Antonio Capuano, che indirizza il giovane regista in erba verso il vero significato del cinema: raccontare qualcosa. Che sia una storia reale, un’amore o un dolore il cinema deve nascere dalla necessità di dire qualcosa.

Con questo film Sorrentino ha raccontato una delle storie migliori: la sua. Non c’è retorica, non c’è banalità. C’è la lotta contro sé stessi e il proprio dolore, c’è la perseveranza di Maradona contrapposta a quella di Fabio, come nota suo fratello Marchino. È stata la mano di Dio è un film catartico, in cui vediamo il protagonista affrontare una crescita alla quale partecipiamo con tale empatia da sentirla nostra.

Paolo Sorrentino toglie il velo della narrazione onirica (ovviamente mai del tutto, non sarebbe Sorrentino!) e della metafora felliniana per darsi nudo al pubblico, raccontando una storia intima e senza sotterfugi che non può che restarci sottopelle.

Laureata in Arti, Patrimoni e Mercati nel 2019, scrive di arte, cinema e lifestyle da diversi anni per diverse testate online, tra cui Milano Weekend, Artslife e Trend Online. Nel 2021 fonda Art Shapes per dare voce a chiunque voglia esplorare tutte le forme dell'arte