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Cinema

Don’t Worry Darling, recensione del film di Olivia Wilde presentato a Venezia2 minuti di lettura

Il 22 settembre uscirà nelle sale italiane Don’t Worry Darling, film che vede per la seconda volta Olivia Wilde alla regia, dopo La Rivincita delle Sfigate (Booksmart, 2019). Il 5 settembre è stato presentato fuori concorso alla 79a Biennale Cinema di Venezia, dividendo la critica.

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La locandina del film

Trama

Alice (Florence Pugh) e Jack ( Harry Styles) sono felicemente sposati e vivono nella comunità di Victory, città utopica situata in mezzo al deserto della California, che ospita un’azienda sperimentale. Frank (Chris Pine) l’amministratore delegato dell’azienda, è un uomo d’azienda visionario, ma anche un ottimista e life coach motivazionale. Mentre i mariti trascorrono le loro giornate all’interno del quartier generale del Victory Project, lavorando allo sviluppo di materiali innovativi, le loro mogli, inclusa Shelley (Gemma Chan), la compagna di Frank, si godono il lusso della loro comunità senza porre troppe domande. Dopo un evento che scuote la comunità, sarà Alice a mettere in dubbio l’autenticità dell’apparentemente perfetta Victory.

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Olivia Wilde e Chris Pine sul set. Marchio registrato Warner Bros©

La comunità di Victory ricorda nella sua conformazione quella di Stepford, del film La Donna Perfetta ( The Stepford Wives, 2004), con protagoniste Nicole Kidman e Glenn Close, tratto a sua volta dal libro La fabbrica delle mogli (1972) di Ira Levin.

Critiche e controversie

Del film per ora si è sentito più parlare delle vicende che orbitano intorno a esso, più che dello stesso. L’allontanamento di Shia LeBeouf dal set, il presunto sputo di Harry Styles verso Chris Pine durante la prima aperta al pubblico alla Biennale Cinema, infine le voci sulla rivalità tra Olivia Wilde e Florence Pugh.

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Florence Pugh in una scena del film. Marchio registrato Warner Bros©

Tutte queste vicende sembrano aver traslato nella realtà ciò di cui narra il film: una situazione patinata apparentemente perfetta dietro cui si cela qualcosa di losco. La critica lo descrive come caratterizzato da una forte estetica ma con un messaggio blando e una sceneggiatura debole. Che tutte queste vicende al di fuori della pellicola rappresentino una potente operazione di marketing? Non ci rimane che aspettare il 22 settembre per scoprirlo.

Laureata in Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l’accademia di Belle Arti di Brera, la scrittura rappresenta per me un modo attraverso cui connettere realtà apparentemente distanti. Mi considero una boutade, una battuta di spirito, osservazione arguta, in cui la spontaneità e l’immediatezza si uniscono in una punta di paradosso.