
Dineo Seshee Bopape: una luce storica e spirituale in mostra all’Hangar Bicocca4 minuti di lettura
Il 6 ottobre ha inaugurato all’Hangar Bicocca Born in the first light of the morning [moswara’ marapo], la prima mostra personale in un’istituzione italiana dell’artista Dineo Seshee Bopape.
L’esposizione, curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli, presenta opere ambientali, disegni a parete, video e tracce sonore.
La sua pratica artistica
Tutto lo Shed dell’Hangar Bicocca parla di tematiche molto care all’artista sudafricana. La memoria ed il vuoto vengono esplorati attraverso l’elemento della storia, analizzando in particolar modo gli eventi politici, sociali e culturali della diaspora africana.

Bopape lavora partendo dalla sua terra per allargarsi a geografie più lontane, legate al colonialismo e alla contaminazione tra popoli di diversi continenti.
La sua pratica artistica è caratterizzata da un’esplorazione di media e linguaggi vari.
Dalle installazioni ambientali spesso composte da materiali simbolici come terra e acqua, ai lavori scultorei dove emerge una forte matericità con elementi quali carbone, cenere e argilla. Spesso presente è anche il linguaggio digitale e tecnologico, con sperimentazioni sonore e video.
Il percorso espositivo e le opere
Nelle opere di Bopape emerge una precisa presa di posizione, che solo si accosta a quella dei suoi antenati che hanno vissuto cambiamenti sociali nel sud Africa e nell’intero mondo.
Il percorso espositivo si apre e si chiude con due disegni a parete, realizzati con acqua e terra. Sono tracce che ricordano le linee sinuose lasciate sulla sabbia dalle onde del mare.

Tra le altre opere, Ierato laka le a phela le a phela le a phela / my love is alive, is alive, is alive è un’occasione per riflettere sulla relazione inter-generazionale con la tratta atlantica degli schiavi.
Uno spazio circolare delimitato da schermi curvi accoglie lo spettatore.
Sono proiettate immagini di riprese marine: l’artista tocca ritmicamente con le mani la superficie dell’oceano come fosse uno strumento musicale, e vi posa frutti, fiori o latte.
Di sottofondo una melodia dalle connotazioni spirituali da lei intonata.
“Il processo è ispirato agli spiriti oceanici delle Isole Salomone, che mi hanno trasmesso visioni dell’immagine della schiena di Peter lacerata dalle fruste (uno schiavo afroamericano del diciottesimo secolo noto per la sua fuga e conosciuto erroneamente con il nome di Gordon)”

Centrali sono due grandi strutture a cupola che richiamano tipiche abitazioni sudafricane, And- In. The Light Of This e Mothabeng. Realizzate con terra, argilla e fieno compressi, le due installazioni site specific combinano gli odori di terra e piante con quello di erbe e minerali, un invito al ricongiungimento con la natura e la sua potenza spirituale e guaritrice.

Mothabeng, 2022
In Mothabeng il visitatore può sperimentare un luogo intimo e meditativo. Seduto all’interno della struttura, ascolta una registrazione audio di suoni ambientali e vibrazioni del terreno – normalmente non percepibili dall’orecchio umano -, realizzata in una cava di marmo sulle Alpi Apuane.

La luce, a cui l’artista fa riferimento nel titolo della mostra, diviene uno stato di rinascita e di mutamento. Si trova a ricorprire il ruolo di guida in questo percorso espositivo ma anche simbolicamente nella vita terrena.

