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Arte

Dialogo tra i secoli: Raffaello e de Chirico5 minuti di lettura

Un percorso suggestivo allestito al museo d’arte contemporanea di Rovereto, MART, indaga i rapporti tra le grandi figure novecentesche di Picasso, Dalì e de Chirico e il magistero rinascimentale di Raffaello Sanzio. La collezione esposta mette in luce l’eredità del maestro urbinate accolta e interpretata da questi tre grandi personaggi, molto differenti tra loro, ma allo stesso modo affascinati da un mondo di linee classiche e di impareggiabili talenti. Proprio de Chirico affermò:

«Sono quattro secoli che Raffaello non è più, e se noi, oggi, guardiamo intorno l’arte che ci circonda, nulla troviamo che superi l’arte sua.»

La nascita della Metafisica

de chirico piazza d'italia
G. de Chirico, Piazza d’Italia, 1950

De Chirico dichiarò che l’incontro con la pittura rinascimentale di Raffaello costituì il punto di avvio per l’elaborazione della corrente metafisica. Studia e cita la lezione cinquecentesca in modo sistematico fin dall’inizio della sua produzione, a partire dalle prime tele che raffigurano le vuote e inquietanti piazze d’Italia. Il silenzio assordante emerge da un tempo sospeso e uno spazio immobile, ma si libera poi attraverso le linee prospettiche della maniera rinascimentale. La prospettiva centrale utilizzata da de Chirico fa confluire direzione e sguardo in un unico punto di fuga posto al centro della tela, proprio come la perfetta elaborazione di Raffaello.

Il parallelo risulta chiaro se si confrontano Lo sposalizio della Vergine e Piazza d’Italia riprodotta nel 1950. In entrambe le opere, la struttura architettonica sullo sfondo circolare rappresenta il cuore compositivo: nel quadro di Raffaello l’apertura rettangolare fa da porta per l’infinito, mentre il complesso di de Chirico, più stilizzato, non presenta aperture frontali, ma ne ricalca il colonnato e l’organizzazione su due piani.

raffaello sposalizio
Raffaello Sanzio, Lo sposalizio della Vergine, 1504
Dettaglio

Lo sposalizio della Vergine inoltre viene utilizzato come matrice anche nella realizzazione di Ettore e Andromaca. Le figure dei due amanti con teste di manichino riprendono le movenze dei corpi classici di Raffaello, a partire dalla divaricazione delle gambe, con un piede che avanza rispetto all’altra; si passa poi al busto leggermente inclinato della donna, fino al capo reclinato in avanti. Anche i colori utilizzati da de Chirico richiamano quelli delle vesti della Vergine e del suo sposo; il rosso e il giallo contrastano con il blu e il verde acqua.

Il modello “Fornarina”

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Raffaello Sanzio, La fornarina, 1520

Anche nel campo della ritrattistica de Chirico fa propria la lezione della maniera rinascimentale. Gli stilemi caratterizzanti il famosissimo ritratto dell’amante di Raffaello, La fornarina, ricompaiono nei dipinti realizzati dal pittore novecentesco. Nel ritratto di Isabella Far del 1935, intitolato L’autunno, si riconoscono immediatamente i debiti con la celebre opera dell’Urbinate.

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G. de Chirico, L’autunno, 1935

Un braccio viene abbandonato sulle gambe mentre l’altro poggia delicatamente sul petto, ricreando sapientemente il movimento delle linee del dipinto del 1520. Entrambe le donne guardano il pittore in modo trasversale per l’impercettibile rotazione del busto e del volto. Il capo, in entrambe le versioni, è coperto, rispettivamente da un turbante in seta dorata a righe verdi e azzurre, e da un cappello scuro. I capelli sono raccolti, sia nella chioma bionda che in quella bruna, incorniciando i volti angelicati. Le perle che nella Fornarina decorano il turbante prezioso, Isabella invece le porta come orecchini e collana, mentre la grande differenza sta nel seno nudo disegnato da Raffaello, invece coperto da un abito a fiori nel ritratto di de Chirico.

Un esempio eterno

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Raffaello Sanzio, La scuola di Atene, 1509-11

La lezione raffaellita accompagna de Chirico durante tutto il suo percorso pittorico, sia durante il ritorno alla raffigurazione classica degli anni Venti, sia verso la fine della parabola artistica. I due esempi che concretizzano questo incessante dialogo e perpetua ammirazione, sono Oreste ed Elettra del 1923, e Il pittore di cavalli realizzato invece nel 1974. Nel primo caso il modello utilizzato è la grandiosa opera La scuola di Atene realizzata da Raffaello per le Stanze Vaticane: Platone e Aristotele sono i maggiori protagonisti della raffigurazione. De Chirico dipinge allo stesso modo Oreste ed Elettra, sotto un arco dietro al quale si apre un cielo azzurro con nuvole candide. Il figlio di Agamennone riproduce i movimenti che caratterizzano i due filosofi: il dito puntato in alto di Platone diventa la mano che copre il suo volto disperato, mentre l’altro braccio è teso in avanti.

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G. de Chirico, Il pittore di cavalli, 1974

Il pittore di cavalli prende spunto dalla composizione San Luca che dipinge la Vergine e ne disegna in qualche modo una parodia dissacrante. Il santo infatti evolve in una figura con testa di manichino, mentre la Vergine viene paragonata alla testa di un cavallo. Entrambi i pittori assumono la stessa posizione nel ritrarre il proprio soggetto: seduti, il braccio in aria verso la tela, le gambe sfasate con il piede sinistro portato in avanti. Il drappo giallo di San Luca è raffigurato nel secondo quadro indossato dal cavallo stesso.

Diplomata in conservatorio, laureata in lettere, amo le pagine consumate, le gallerie d'arte e le poltroncine dei teatri. Posso però garantire di essere anche una persona simpatica.