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David Crosby
Musica

“Music is magic”, l’arte di David Crosby come salvezza e purificazione3 minuti di lettura

Quest’inizio del 2023 ha salutato un altro grande nome del rock. Nove giorni dopo Jeff Beck se n’è andato anche David Crosby. Un nome che sa di leggenda, di scene musicali mitiche, raduni oceanici fatti di pace, amore e canzoni. Non è da tutti entrare nella Hall of Fame due volte (1991 e 1997) come membro fondatore di due tra le creature più belle della storia del rock a stelle e strisce, The Byrds e Crosby, Stills and Nash. E proprio dal palco di New York durante la cerimonia di premiazione del 1991 esordì dicendo: “Music is magic“.

La magia della musica. Sembra banale, ma spesso il suo potere ha qualcosa di irrazionale che che fa compiere scelte diverse da quelle che sembrano già tracciate. Il piccolo David, infatti, sembrava indirizzato verso il cinema grazie al papà Floyd, famoso direttore della fotografia. Frequenta una scuola d’arte drammatica, ma cambia idea. Quella magia leggera eppure così forte lo porta a New York a frequentare il Greenwich Village, i concerti free jazz, i reading di poesie, creare le prime band.

The Byrds

Una di queste sarà insieme ad altri due ragazzi, Roger McGuinn e Gene Clark. Si faranno chiamare The Byrds. Era il 1964. Dopo una serie di registrazioni arriva loro una demo di Bob Dylan. La canzone è Mr. Tamburine Man. La registrano, la pubblicano. Arriva al primo posto in classifica. Comporranno altre piccole gemme, continueranno a scalare le charts americane e inglesi. Ma Gene Clark se ne va nel 1966, David Crosby prende in mano le redini della band. Scrive molti brani, alcuni bellissimi. Ma dura poco. Nel 1967 frizioni interne lo portano via dal gruppo.

Lo stesso anno incontra Stephen Stills e Graham Nash. Formano un trio che farà la storia. Saranno gli animatori di una delle scene più produttive di fine ’60 inizio ’70, quella del Laurel Canyon, la zona delle colline di Hollywood. Tanti piccoli bungalow abitati da colleghi, amici: Neil Young (col quale daranno vita a quel capolavoro di nome Deja Vu), Joni Mitchell, Jackson Browne, The Love, Carole King, James Taylor. Vicini di casa, compagni di sbronze e droghe, autori meravigliosi.

Stills, Crosby, Nash, Joni Mitchell e Young

Nel 1971 David Crosby pubblica il suo primo disco solista: If I Could Only Remember My Name. La critica lo stronca, vende poco. David continua la sua avventura con gli altri due sodali, scriveranno grandi pezzi e album, ma ancora per poco. Si rifugia sempre più nelle droghe e nell’alcool. Nel 1982 verrà arrestato per possesso di armi. Sconterà qualche mese in prigione, poi la rinascita. Supera un difficile trapianto di fegato per poi ritornare artisticamente con Oh Yes I Can nel 1989. Un grido di riscatto, di ritorno alla magia della musica.

Chi ha detto che l’estro creativo è fulgido solo in gioventù? Forse qualcuno che non ha mai ascoltato l’ultima parte di carriera di David Crosby. Negli anni 10 dei 2000, infatti, il musicista americano pubblica cinque album in sette anni. Delle vere gemme, la testimonianza che il talento si arricchisce anche delle esperienze passate. Tristi, difficili, quasi ferali, ma che hanno da dire tanto. E proprio due anni fa, prima che lasciasse questa terra, ci ha lasciato il suo ultimo capitolo, For Free. Un canto per l’arte come salvifica e purificatrice rispetto alle istanze commerciali della stessa.

Una purificazione dal mondo esterno che ha benedetto le orecchie e lo spirito di molti con le sue armonie, attraversando i decenni. D’altro canto “se n’è andato un genio dell’armonia” come hanno detto gli amici di sempre Stills e Nash. Tutti noi, da ieri, siamo un po’ orfani.