
Fuga dalla critica: Borrell e l’arte dell’illusione7 minuti di lettura
Ciò che inganna l’occhio al tempo stesso attrae e incanta, e nel mondo dell’arte questa idea sembra trovare la sua manifestazione più concreta. L’artista trasforma materiali come legno, marmo o pittura in quella che è la sua percezione del mondo, ed è proprio quest’impronta soggettiva la leva dell’attrazione esercitata sull’osservatore. Costui è dunque nelle mani dell’artista, che con le sue opere decide cosa fargli vedere e cosa fargli credere, a volte giocando con i suoi sensi.
Vi è un genere che fa dell’arte dell’inganno il proprio fulcro: il trompe l’œil (inganna l’occhio), con il quale l’artista cerca di ingannare il nostro sguardo per mezzo di un’illusione ottica convincente. Nel XIX secolo un artista catalano fece del trompe l’œil il proprio marchio distintivo: Pere Borrell del Caso.
Borrell: cenni di vita e background
Figlio di un falegname, iniziò gli studi artistici da autodidatta, per proseguire poi la sua formazione presso la Scuola di Belle Arti della Llotja di Barcellona. Tuttavia, rifiutandone il Romanticismo accademico e le sue teorie estetiche, finì col prenderne le distanze. Fu così che nel 1868 aprì un’accademia tutta sua nella stessa città, per poter dar voce a quella libertà artistica che lo portò ad allontanarsi dagli schemi tradizionali.
Esponente del Realismo, i suoi metodi pedagogici si basavano sull’osservazione e sulla riproduzione di oggetti reali, e fu un sostenitore della pittura en plein air, un metodo tipicamente associato agli impressionisti francesi.
La sua produzione artistica include una vasta gamma di generi, ma le opere più caratteristiche sono i trompe l’œil, rappresentazioni nelle quali l’effetto dell’illusione ottica viene estremizzato generando nell’osservatore un senso di confusione: cosa è reale e cosa non lo è?
Trompe l’œil: le origini
La lunga tradizione del trompe l’œil affonda le sue radici in epoca greco-romana. Ne sono un esempio le pitture murali di Pompei, che offrono viste su paesaggi inesistenti o finti elementi architettonici che conferiscono un’idea di tridimensionalità.

La popolarità di questa tecnica crebbe poi in età barocca, quando il trompe l’œil, con il suo illusionismo, si sposava perfettamente con la teatralità tipica dell’epoca.

Nelle prime rappresentazioni di questo genere vi erano solitamente delle figure poste in spazi delimitati da una finestra, scene in cui le figure stesse o gli oggetti collocati al di sopra di un davanzale sembravano invadere lo spazio dell’osservatore.


Col tempo il fenomeno divenne più complesso e si passò alla sostituzione della finestra con una finta cornice, approfondendo così uno dei temi cari alla tradizione occidentale: quello del “quadro nel quadro”.
Altri trompe l’œil famosi
Quando Borrell realizzò Fuga dalla critica, la sua opera più celebre, esistevano già dei precedenti famosi, come ad esempio l’Autoritratto di Murillo, conservato presso la National Gallery di Londra.

Anche in Olanda diversi artisti sperimentarono con temi simili. Ne è un esempio la Sacra famiglia di Rembrandt, dove non solo troviamo una finta cornice, ma anche un finto tendaggio destinato a coprire il quadro.

Borrell: tra critica e successo
Borrell iniziò a dedicarsi a questo genere nel 1874, a seguito della popolarità raggiunta da Fuga dalla critica all’esposizione di belle arti di Barcellona. A partire da quel momento, sperimentò molto con le possibilità offerte dalle illusioni ottiche. In particolare, si dilettò nel creare effetti illusori per mezzo di personaggi collocati di fronte a una finestra o sporti da una finta cornice.
Sebbene il dipinto ottenne il favore del pubblico, fu accolto con riluttanza da un affermato critico e intellettuale dell’epoca, Apeles Mestres, che lo definì “uno scherzo triviale e infantile”.
Poco tempo dopo, l’opera cominciò a essere conosciuta con il titolo attuale, che contiene un rimando a un altro dei temi fondamentali della pittura dell’età moderna e soprattutto contemporanea: il peso della critica con il quale l’artista si trova inevitabilmente a doversi confrontare.
Fuga dalla critica: uno sguardo sull’opera

La figura ritratta è quella di un giovane vestito in abiti umili, con una camicia bianca in contrasto con lo sfondo scuro, e la scollatura spostata, a rendere il senso del movimento. Un gioco di luci e ombre caratterizza la tela: grazie a esso Borrell ha dato vita a una figura che sembra a tutti gli effetti sospesa tra immaginazione e realtà. Inoltre, la testa, le mani e il piede destro sporgono dalla finta cornice, rendendo possibile l’effetto del trompe l’œil, che costituisce l’essenza dell’opera.
Ciò che più colpisce, oltre indubbiamente alla posizione del ragazzo, è il suo sguardo sgomento, pieno di sorpresa. Il volto è animato da una forte espressività, che non lascia indifferente l’osservatore, e anzi lo cattura, invitandolo a porsi delle domande e a osservare l’opera con attenzione, da più angolazioni. Così, al pari del soggetto nel dipinto, lo spettatore si meraviglia, sorpreso e affascinato dall’avanzare di una figura sospesa tra il mondo fittizio e quello reale, che sembra a tutti gli effetti invadere il proprio spazio.

Fuga dalla critica va oltre la logica del trompe l’œil: qui non abbiamo un oggetto o una figura statica che sembra appartenere al nostro spazio, ma un personaggio del quadro che svolge un ruolo attivo in questo gioco delle illusioni e che, vedendosi prigioniero nel suo carcere pittorico, lotta per oltrepassare lo spazio immaginario e fondersi con quello reale.
Significato dell’opera
Molto si è dibattuto sul vero significato di questa tela. Contestualizzando l’opera e il suo artista, è possibile ritenere che Borrell intendesse riferirsi ai critici d’arte conservatori del suo tempo che, legati ai canoni standard, volevano veder riprodotti solo eroi e modelli eticamente positivi, ignorando la vitalità del mondo reale. L’opera sarebbe quindi una risposta ai critici contemporanei che non vedevano di buon occhio quegli artisti che osavano sfidare la tradizione.

