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Cinema

Bordertown: città di confine. Recensione del film ispirato a una crudele storia vera4 minuti di lettura

Ciudad Juárez, Messico: una delle realtà più pericolose al mondo. Luogo al confine con gli Stati Uniti d’America, dove il potere si trova nelle mani di narcotrafficanti. Il film di Gregory Nava del 2006 vede protagonista una giornalista americana, Lauren (Jennifer Lopez) il cui capo le affida l’incarico di scrivere un articolo su una serie di femminicidi.

Da un po’ di tempo in Messico, in accordo con gli Stati Uniti e per ridurre l’immigrazione, vengono costruite le Maquilladores, fabbriche di montaggio e tessuti, destinate in prevalenza alla manodopera femminile. Pur guadagnando cinque dollari al giorno, numerose donne iniziano la mattina per finire la sera tardi, riaccompagnate a casa da pulministi maschi.

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Maya Zapata nei panni della protagonista Eva

Una sera, una lavoratrice messicana, Eva, si trattiene per comprare un regalo per il compleanno della sorella. Dopodiché, prende il pullman con altre ragazze; quando queste scendono una ad una, lei si accorge di rimanere sola. A quel punto, l’autista, con la scusa di fermarsi a fare benzina, la porta in un posto isolato. Qui lo aspetta un suo complice, intento a stuprare la ragazza e ucciderla senza lasciare tracce.

Eva, però, sopravvive e chiede aiuto al giornale della città con l’obiettivo di fare giustizia, stando attenti alle autorità locali. Quest’ultime, invece di aiutare, ostacolano l’onestà, del tutto disinteressate a prestare soccorso agli umili.

La scoperta: le donne e la fossa comune

La giornalista Lauren invece tenta di aiutare la ragazza e incastrare chi ha tentato di ucciderla, rivivendo una giornata “tipo” di una donna messicana. Si mette i panni da lavoro, va nelle maquilladores e, una volta finito il turno, sale sul pulmino. Lo stesso autista attua la medesima scusa di fare benzina per violentarla.

Fortunatamente, riesce a salvarsi, ma allo stesso tempo scopre una cosa sconcertante: una tomba comune dove le ragazze vengono gettate dopo essere state violentate e uccise. Oltre a quelle sepolte nell’infinito deserto di Juárez.

In seguito, insieme al suo collaboratore, il giornalista Alfonso (Antonio Banderas), cercheranno di avere giustizia. Non cosa facile, poiché la polizia locale fa parte di un sistema che insabbia anche i crimini più feroci.

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Antonio Banderas e Jennifer Lopez in una scena

Ciudad Juarez: città di femminicidio.

Un film di difficile impiego, soprattutto per il regista Gregory Nava e l’intero cast. Perché in Bordertown si racconta la verità che tutt’oggi affligge le donne messicane e che da tempo si cerca di nascondere o negare, perfino davanti all’evidenza.

Considerate un oggetto alla merce di uomini crudeli, che le sfruttano per lavorare e intascare più denaro possibile, e come pezzi di carne a propria disposizione quando si vuole soddisfare una pulsione sessuale. Le donne che lavorano nelle maquilladores, vengono accompagnate al lavoro da autisti e riaccompagnate a casa la sera tardi, non appena finisco il loro turno lavorativo.

Le più sfortunate che vivono lontane e devono fare il viaggio da sole, nella maggiore delle ipotesi non tornano mai dalla propria famiglia.

Tutti i giorni sono costrette a svegliarsi con la paura di incontrare quello da cui tutti noi siamo messi in guardia fin dall’infanzia: il lupo. Un lupo travestito da “uomo” , la cui brutalità non conosce limiti e che, consapevole di essere affiancato dalla polizia, sa di poter muoversi come vuole.

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Operaie nelle Maquilladores

Il silenzio è sopravvivenza

Le donne non osano denunciare, perché significherebbe sacrificare la propria vita. Juárez è, infatti, la città dove rimanere zitti e subire ti permette di avere una chance per sopravvivere.

Le istituzioni, che sono il nemico principale, si accontentano di vivere in un terzo mondo dove le regole fungono ancora al contrario, e non si ha nessuna intenzione di farle evolvere. Il regista, nonostante le difficoltà, riesce a realizzare un bel film, evitando scene crude, ma dando comunque l’idea di quello che accade in Messico.

Gregory Nava spiega indirettamente il motivo per cui Ciudad Juárez è chiamata anche: la città che uccide le donne.

Laureata in Comunicazione e Media. Scrive ovunque, perché non riesce a farne a meno. Si sogna sceneggiatrice e i suoi film preferiti sono quelli con Christian Bale