
Blonde sbarca su Netflix: un film su Marilyn, contro Marilyn4 minuti di lettura
Blonde è arrivato su Netflix il 28 settembre. È un biopic diretto da Andrew Dominik con protagonista Ana de Armas (Knives Out – Cena con delitto) nei panni di Marilyn Monroe, una delle figure più iconiche e controverse della storia di Hollywood.
La trama poco fedele alla realtà di Blonde
Blonde segue il canovaccio dell’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, pubblicato nel 1999. Come il suo modello, così anche il film è liberamente ispirato alle vicende reali della vita di Marilyn Monroe. Molto liberamente. Lo si capisce già dopo i primi dieci minuti. Come nostro solito, limiteremo gli spoiler.

Andrew Dominik, il regista, ha scelto di incentrare la narrazione sugli aspetti più tragici della vita di Marilyn Monroe, sfociando spesso e volentieri nella pura esagerazione. In tre ore di film, quasi nulla viene mostrato della carriera dell’attrice, delle lezioni di recitazione che prese per tutta la vita e dei suoi successi. L’intero focus è sui suoi traumi e sul rapporto con le figure di potere della Hollywood degli anni Cinquanta. Intelligenti pauca.
Blonde: un decoupage andato nel verso sbagliato
Blonde è uscito dopo quattordici anni di produzione, tra false partenze, cambi di rotta e protratti periodi di stallo. Innumerevoli professionisti si sono messi all’opera per la sua realizzazione. Insomma, tanto tempo e tante risorse. Le aspettative erano alte e le prospettive più che buone. Il prodotto finale, tuttavia, altro non è che un drammatico travisamento dei fatti, al limite dell’offensivo.

Il problema fondamentale di Blonde risiede nel punto di vista dal quale la storia viene narrata. Basta leggere quest’intervista che il regista ha rilasciato a Deadline. Andrew Dominik aveva in mente da tempo di fare un film che mostrasse quanto il trauma sia in grado di plasmare la vita adulta di un bambino che l’abbia subìto. E, inizialmente, aveva pensato di farlo raccontando la storia di un serial killer. Qualche tempo dopo, si è imbattuto nel libro della Oates e ha capito di aver trovato ciò che gli serviva per dare vita alla sua storia.
In questa luce, è difficile non leggere Blonde come una forzatura esasperata, intensa ed eccessivamente pesante. Una sorta di decoupage andato nel verso sbagliato, un tentativo posticcio e fondamentalmente mal pensato di trattare un tema specifico sfruttando la vita di un personaggio celebre che avrebbe ottenuto l’attenzione del pubblico.
Nessuna redenzione
Certo, non tutti i mali vengono per nuocere. Ben rappresentato il tema della natura duplice della fama, onore e onere, che dà e toglie tanto. L’isolamento che si può provare anche nel bel mezzo di una folla adorante. Cosa si prova a essere dati in pasto a un pubblico informe che, alla prima occhiata, ha già deciso chi sei e cosa aspettarsi da te, prima ancora che tu abbia parlato.

Nota dolente: non c’è alcuna redenzione per la protagonista. Al posto di riscattare l’immagine troppo a lungo incompresa di Marilyn Monroe, Blonde rifiuta di schierarsi dalla sua parte, e la rende una mera vittima di sé stessa. Non in grado di difendersi o farsi valere.
Dopo più di cinquant’anni dalla sua scomparsa, Hollywood continua ad usare e abusare dell’immagine di Marilyn Monroe, imbrattandone il ricordo. Ma noi conosciamo la storia vera.
Prima e dopo Marilyn, Norma Jeane è stata una donna straordinaria che non ha avuto una vita facile. E, nonostante tutto, ha inseguito i suoi sogni e ha saputo mettere a frutto il suo talento e bellezza.

Il trauma subìto da bambina non ha certamente aiutato, ma il vero carnefice, responsabile della sua disfatta, è stato il sistema d’intrattenimento hollywoodiano, che ancora oggi continua a mietere vittime. Seppur basato su un romanzo scritto da una donna e che parla di una donna, Blonde è una storia che incarna tanto tristemente quanto profondamente il privilegio maschile. Guardatelo con cautela.

